LA FAVORITA
SFIDA (CON EQUIVOCO) AL NINFEO: IL BRAVO NEMICO BATTE
Breviario minimo sull’ultimo Premio Strega a uso di lettori distratti e conversazioni estive. Ha vinto Paolo Cognetti, trentanovenne milanese appassionato di montagna e letteratura americana, con un bel romanzo di formazione ben scritto e tradizionale, intitolato Le otto montagne e pubblicato da Einaudi. Cognetti sembra irlandese, è gentile e riservato. La serata della premiazione indossava il fiocco nero degli anarchici e aveva un rametto di abete rosso infilato nel taschino. Nel discorso di ringraziamento ha ricordato il suo vecchio editore minimum fax. Proprio un bravo ragazzo e un bravo scrittore.
Al secondo posto è arrivata Teresa Ciabatti con un romanzo di formazione (sì, anche lei) spiazzante e originale intitolato La più amata, pubblicato da Mondadori. Ciabatti è una scrittrice scomoda che si atteggia a pazzoide ma è un’autrice molto interessante. Due giorni dopo la sconfitta – era partita come favorita – ha pubblicato sul Corriere un bellissimo pezzo, quasi un’appendice al romanzo, dove raccontava alla Ciabatti (ha un blog intitolato Persona cattiva) il percorso del suo libro e le vicissitudini del Premio. Un pezzo da non perdere se vi commuove come commuove me la capacità che hanno le donne di trasformare tutto – anche la sconfitta – in qualcosa che abbia un senso. Lo stesso giorno Cognetti era intervistato da Repubblica: qualcuno gli aveva riferito del pezzo in uscita di Ciabatti che lo definiva «il Nemico», e ci era rimasto male. Ma gli avevano riferito una sciocchezza: anche se Ciabatti lo chiamava il Nemico non lo attaccava, anzi. Equivoci tra scrittori che durano l’espace d’un matin.
Una giusta competizione tra due bei libri molto diversi: più inquietante e inedito Ciabatti, più tondo e inclusivo Cognetti. La critica più feroce a Ciabatti se l’è scritta lei stessa, come fanno spesso le donne: «Scrittrice senza passato e senza futuro». Per questa sensazione, giusta o sbagliata che sia, non ha vinto anche se all’inizio era favorita e il suo libro notevole. Si dice che gli organizzatori del Premio Strega tifassero la napoletana Wanda Marasco, autrice per Neri Pozza del poetico La compagnia delle anime finte, mentre il favorito degli alternativi era Matteo Nucci, quarantaseienne romano con orecchino alla Corto Maltese, studioso del mondo antico, autore di È giusto obbedire alla notte per Ponte alle Grazie, romanzo fluviale pieno d’atmosfera su personaggi in cerca di una seconda possibilità. Tutti volevano bene ad Alberto Rollo, storico editor Feltrinelli passato alla scrittura con Manni e la sua Educazione milanese, arrivato quinto. Al bellissimo e decadente Ninfeo di Villa Giulia, dove si tiene la premiazione, faceva molto caldo. Si bevevano cocktail a base di liquore Strega e si mangiavano gelati al gusto di liquore Strega così cattivi da essere interessanti. Tra le centinaia di invitati e imbucati, parecchi si ubriacavano per sopportare il calore e la serata a tratti surreale. A un certo punto è passata anche la sindaca Virginia Raggi, pallida, in nero. Dicono che al Premio Strega si senta la mancanza dello spoglio dei voti in diretta, in compenso c’è sempre l’eroica diretta di RaiTre, condotta quest’anno dalla preparatissima Eva Giovannini, ma io sono di parte. Di sicuro si è sentita la mancanza del presidente Tullio De Mauro, il grande linguista mancato sei mesi fa, e del suo sguardo ironico, affettuoso, protettivo.