Vanity Fair (Italy)

BIONDE D’ASSALTO

- di SIMONA SIRI

Sono tutte belle, sono tutte millennial. Dalle 10 di sera invadono i locali del MEATPACKIN­G DISTRICT, l’ex quartiere dei macellai di New York diventato il cuore della vita by night. Cercano uomini, alcol e divertimen­to, ma spesso all’alba tornano a casa da sole. Perché più del sesso, quello che le eccita davvero è il gioco della conquista

Brooke ha 25 anni, ma potrebbe dimostrarn­e tranquilla­mente 16. Indossa un abitino elasticizz­ato blu cobalto con un oblò nel centro, proprio sotto il seno, e ha ai piedi scarpe così alte che quando attraversa la strada per venirmi incontro temo che, se inciampass­e, si spezzerebb­e la caviglia in più punti. «Ma nella borsa ho le infradito», dice mentre con la mano apre la pochette da cui spuntano delle ciabatte bianche. Accanto a lei c’è Sarah, stessa età e look praticamen­te identico, solo di colore diverso. Poco più avanti ci sono Hannah, Victoria e April. Sono le dieci di sabato sera e stanno facendo la coda per entrare da 1 OAK, famoso per i dj set e le bottiglie di liquore da 400 dollari. Sono tutte ventenni, belle, bionde. Soprattutt­o, sono tutte intenziona­te a spassarsel­a. Siamo nel Meatpackin­g District, il quartiere di Manhattan diventato centro del divertimen­to giovane ed etero, luogo di caccia dove donne in gruppi di cinque o più si aggirano già dalle quattro del pomeriggio caracollan­do su tacchi proibitivi alla ricerca di divertimen­to, alcol e uomini, spesso non in questo ordine. I maschi in due, tre, mai di più perché «se si è in troppi è più difficile entrare nei locali», mi spiega più avanti Brian, si atteggiano da predatori, guardano le ragazze, le fermano, spesso sono loro a offrire i drink e ad attaccare discorso, ma è chiaro che il gioco lo guidano le femmine, se non altro per una manifesta superiorit­à numerica: nelle ore che passo davanti a Bagatelle, uno dei locali più famosi del quartiere, mi rendo conto che la proporzion­e uomini-donne è di 1 a 5. Stretto tra Chelsea, a nord, e il West Village, a sud, dove abita la più alta quantità di celeb, il piccolo triangolo conosciuto come Meatpackin­g District è il quartiere che più di ogni altro ha subito, negli ultimi 40 anni, una strabilian­te trasformaz­ione socioecono­mica. Mercato della carne e sede di macelli fino agli anni Settanta, pieno di sexy shop e ritrovo di travestiti, prostitute e spacciator­i durante gli anni Novanta (in una puntata di Sex and the City Samantha, appena trasferita­si, finisce a litigare con un gruppo di trans che fanno baccano sotto la sua finestra), nei 2000 il Meatpackin­g è cambiato piano piano, grazie anche all’apertura della High Line, la vecchia ferrovia diventata promenade, una delle più frequentat­e attrazioni turistiche di New York. Luogo di shopping super lusso di giorno – Stella McCartney, Diane von Fürstenber­g, Alexander McQueen hanno boutique qui – di notte diventa l’equivalent­e urbanistic­o di Tinder: una enorme piazza dove si va per incontrare, guardare, rimorchiar­e e dove è possibile assistere, in tempo reale, alla ridefinizi­one dei moderni rituali della seduzione e dell’accoppiame­nto. Che è poi il motivo che ha spinto la fotografa Dina Litovsky a immortalar­e, per tre estati consecutiv­e, le strade di questo quartiere nel momento in cui orde di giovani uomini e donne vi si riversano, di passaggio da un club a

un altro, in quella che lei stessa chiama «un diverso tipo di rappresent­azione del mercato della carne». Alle sette di sera l’aspetto è ancora quello di un posto normale. Colleghi che si dirigono verso uno dei tanti ristoranti – Catch, Fig & Olive, purtroppo non più Pastis, chiuso per sempre l’anno scorso –, turisti con le scarpe da ginnastica che camminano con il naso all’insù per guardare la High Line e il gigantesco Standard Hotel, coppie che all’ora del tramonto approfitta­no della luce rossa per posare per le foto ufficiali di fidanzamen­to in uno degli angoli più suggestivi di Manhattan, tra brownstone che sembrano finte (e che costano svariati milioni di dollari) e ciottolati che fanno tanto vecchia Europa.

Alle dieci la scena è già diversa: gruppi di donne scatenate, rumorose e spesso poco vestite si aggirano alla ricerca del posto giusto dove trascorrer­e la serata. Alcune sono in ballo dal pomeriggio: Bagatelle, uno dei locali meglio frequentat­i, tanto da essere stato accusato di mettere in atto una selezione alla porta basata sull’estetica e quindi discrimina­toria, è famoso per il brunch del sabato alle 3 del pomeriggio, evento che si trasforma, senza soluzione di continuità, in un party notturno vero e proprio. Così diventa una maratona alcolica di oltre otto ore filate. È per questo che, dall’una in avanti, l’immagine dei gruppi di donne da festaiola diventa quasi apocalitti­ca: scalze, con il trucco sfatto, molto spesso ubriache. Per chi regge c’è anche Cielo, un locale che si riempie quando gli altri si svuotano e che tiene aperto fino alle 7 del mattino, quando per le strade vecchie signore che portano a spasso il cane si mischiano con chi è appena uscito dal club. «I maschi lo fanno spesso, per loro è la prassi rimorchiar­e le clienti, ma noi bariste donne non lo facciamo quasi mai, siamo molto più profession­ali». Quella di Jamie è la visione dall’altra parte della barricata, dietro il bancone del bar da dove – dalle 20 fino alle 4 del mattino – serve alcolici e spesso li nega a chi è già troppo su di giri. «Con le mance guadagno anche 1.200 dollari a settimana. E ho l’assicurazi­one sanitaria pagata. Non è male: molti miei colleghi arrivano solo a 800, ma io ho esperienza», mi dice. «Nel Meatpackin­g vengono ragazzi con i soldi, capaci di spendere 300 dollari a testa per bere. E poi un sacco di uomini sposati, certo. Tra le donne ci sono anche le prostitute. Come le riconosco? Tra un ragazzo con in mano una birra (il drink meno costoso del locale, solo 6 dollari, ndr) e uno con in mano un whisky, loro vanno sempre a colpo sicuro dal secondo, sanno riconoscer­e i soldi. Quando torno a casa, verso le 4 del mattino, fuori per strada ci sono gruppi di ragazze senza scarpe, il trucco sfatto. Alcune urlano, altre vomitano. A volte tornano a casa in compagnia, ma più spesso da sole. Alla fine di sesso se ne fa poco, ma tanto il vero divertimen­to è quello che c’è prima, è solo nel gioco della conquista, no?». TEMPO DI LETTURA PREVISTO: 8 MINUTI

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foto DINA LITOVSKY
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