MEDUSE DA RICICLARE
Da 2 a 10 al metro: sulle coste del Mediterraneo si registra l’invasione degli animali gelatinosi. Il biologo FABIEN LOMBARD suggerisce: peschiamole. E trasformiamole in spuntino proteico, o crema di bellezza
Il 2017 è un anno ad alto rischio meduse», secondo Fabien Lombard, il biologo marino francese, capo del laboratorio UPMC d’Oceanografia di Villefranche-sur-Mer, considerato un esperto mondiale in materia. «Nella nostra ultima missione di perlustrazione alla fine dell’anno scorso, abbiamo registrato nel Mediterraneo da 1 a 10 tonnellate di meduse per chilometro quadrato, che potrebbero trasformarsi in 300 nei primi 500 metri di costa questa estate: da due a dieci meduse al metro», dice l’oceanologo, che ha passato una vita a studiare questo animale planctonico che punge i bagnanti. «Le meduse non hanno frontiere nel Mediterraneo, si muovono in una corrente, a 30 km dalle coste, che parte da Gibilterra, costeggia la Tunisia, rimonta in due canali: uno che va verso la Corsica e la Sardegna e l’altro lungo la costa italiana. I due banchi si riuniscono nel golfo di Genova per dirigersi lungo le coste francesi, fino al golfo del Leone, per raggiungere poi Barcellona, le Baleari e ridiscendere verso la Sardegna», dice Lombard, aggiungendo che sono esattamente le stesse, che ritroviamo in questo itinerario. Dunque i bagnanti non hanno scampo, questa estate? «Non è detto, perché le meduse, in realtà, non amano la costa. Sono costrette a frequentarla perché ci vengono spinte da venti, correnti e tempeste. Nell’estate del 2012, con la mia équipe, avevamo messo a punto un “meteo meduse”, che offriva ai vacanzieri francesi previsioni precise sulla loro densità a riva, un modello matematico legato al movimento dei venti. È durato solo un anno. I sindaci e gli operatori turistici dei litorali ci hanno boicottato. Le meduse non attirano vacanzieri e non portano soldi». Il suo laboratorio non sta studiando metodi per liberarci da questo flagello? Perché non pescarle in maniera intensiva, al largo, in inverno, prima che arrivino sulle coste, in estate? «Le meduse popolano i mari da 600 milioni di anni, prima dei dinosauri e di molte altre forme di vita. Fino al 1993 seguivano cicli di riproduzione di sei anni. A un ciclo di crescita della popolazione, seguiva un ciclo semi sterile, in cui il numero di animali, che vivono in media due anni, si riduceva drasticamente. Ma la sparizione dei loro predatori, a causa della pesca intensiva, e l’aumento di temperatura dell’acqua hanno alterato questo ciclo. Non chieda a un biologo marino di trovare soluzioni che vanno verso metodi di distruzione intensiva. Le meduse mangiano phytoplankton, anche quello che si sviluppa in maniera anomala, come succede in Italia nell’Adriatico. Se si uccidessero tutte, il mare soffocherebbe e le conseguenze sarebbero devastanti». Che soluzione propone allora? «Stiamo mettendo a punto, nel mio laboratorio, metodi di pesca ragionata, come in Cina e in Giappone, dove vengono mangiate da secoli. Ma prima, dobbiamo far capire alla gente che le meduse sono una sorgente importante di proteine nobili, completamente prive di grassi. Potrebbero diventare cibo prezioso per nutrirci, al posto di pesce d’allevamento, alimentato con farine di pesce. Inoltre la medusa è puro collagene, sorgente di bellezza per la pelle umana, già usato per medicazioni di grandi ustionati. L’industria farmaceutica e quella cosmetica potrebbero cominciare a usare questo ingrediente prezioso, così abbondante in natura».