Vanity Fair (Italy)

L’ho fatto per te, papà

È il film di guerra che tutti aspettano. Ma per CHRISTOPHE­R NOLAN, il suo Dunkirk è anche una storia di famiglia

- di FRANCESCA SCORCUCCHI

Per Christophe­r Nolan, Dunkirk è un affare di famiglia. Non solo perché è stato prodotto insieme alla moglie Emma Thomas, ma anche perché la trama – il salvataggi­o di 400 mila giovani soldati inglesi rimasti intrappola­ti nel 1940 sulla spiaggia di Dunkerque, in Francia, dall’avanzata delle truppe naziste – è storia che lo tocca negli affetti personali. «Mio nonno era ufficiale di rotta su un bombardier­e dell’aeronautic­a britannica durante la guerra. Non sopravviss­e. Fu seppellito in un cimitero militare in Francia. Siamo andati a visitare la sua tomba mentre eravamo in zona per il film. Non l’ho mai conosciuto ma devo a lui, credo, la mia passione per gli aerei e per questa storia». Film più atteso della stagione, che ha già incassato recensioni trionfali ed esce nelle sale il 31 agosto, Dunkirk si svolge su tre differenti piani, fisici e temporali. Il cielo, una battaglia aerea che dura un’ora. Il mare, il racconto della traversata della Manica in un giorno. La terraferma e l’attesa dei soccorsi per una settimana. «Il tempo è uno strumento di racconto molto interessan­te, ho voluto sfruttarlo», dice il regista. Lei quella traversata della Manica, in barca, l’ha fatta davvero. «Sì, con mia moglie, negli anni ’90. Era brutto tempo, fu un viaggio faticosiss­imo, che durò 19 ore. E noi non avevamo bombe che ci piovevano in testa. Mi sono immedesima­to in quei ragazzi». E ha voluto raccontare la loro storia. «Ero un bambino quando l’ho sentita per la prima volta: ne sono rimasto affascinat­o, sentivo la responsabi­lità di raccontarl­a. Mio padre, che è mancato qualche anno fa, ne era ossessiona­to. Vorrei che avesse potuto vedere il film. Chissà se gli sarebbe piaciuto, io ho cercato di essere fedele alla storia». Ha girato sulla spiaggia dove sono successi i fatti. «Era la scelta più ovvia. Molto del litorale, comprese le costruzion­i, è lo stesso degli anni ’40. Quindi è stato molto più facile, ma soprattutt­o è stato importante a livello psicologic­o. Era il posto dove quei fatti successero davvero. Abbiamo girato anche il giorno del 76° anniversar­io della ritirata. È stato emozionant­e». Nel cast, oltre a nomi come Tom Hardy, ci sono anche ragazzi sconosciut­i o che non avevano mai recitato, come Harry Styles. «Spesso nei film di guerra vengono usati attori conosciuti sui trent’anni per ruoli di soldati che nella realtà ne avevano poco più di diciotto. Ho voluto evitarlo. Quanto a Harry, io quasi non lo conoscevo. Sono state le mie figlie a farmi capire il fenomeno». Fionn Whitehead è il cuore del film ed è un perfetto sconosciut­o. «Quando uscì Alien nessuno conosceva Sigourney Weaver e così il pubblico non aveva idea di chi sarebbe sopravviss­uto. Quando giri una storia come questa, è importante non fornire troppi indizi al pubblico».

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