Vanity Fair (Italy)

Underwater

- di LAURA PUGNO

Samuel aveva sentito parlare del Regno per la prima volta mentre era ubriaco, al beach club di Hassan. Sadako era morta da poco più di una settimana. Il Regno di Dio è sulla Terra, e gli uomini non lo vedono. Un predicator­e delle Chiese Libere, ubriaco quanto lui, che gli sbatteva in faccia il suo ebook col vangelo di Manabe, di Vanaine o di qualcun altro. Samuel non aveva mai capito granché dei nuovissimi Vangeli, né di quelli vecchi, se era per questo. Subito dopo la morte di Sadako, Samuel si era ubriacato sistematic­amente, con metodo, dal giorno alla notte e poi ancora fino al ritorno della luce. Hassan era andato a casa di Samuel, ventiquatt­r’ore dopo la cremazione di Sadako. Come si aspettava, aveva trovato il suo amico in una pozza di vomito. Per questo aveva portato due uomini dal beach club. Uno di loro, Francisco, un latino enorme, si era caricato Samuel in spalla. Francisco era morto un mese dopo, un caso fulminante di cancro nero, ma quella mattina non doveva ancora essere contagioso, anche se stava già incubando la malattia. Così almeno aveva pensato Samuel quando aveva saputo della morte di Francisco. Erano ancora i primi tempi dell’epidemia.

Hassan aveva fatto portare Samuel al beach club. C’era una stanza sul retro dove spesso gli era capitato di dormire. Non c’era pavimento, nella stanza. Samuel ricordava la sensazione della sabbia sotto i piedi, e su tutto il corpo, mentre si contorceva per terra urlando il nome di Sadako. Francisco era venuto da lui e gli aveva dato un rotolo di nastro adesivo. Copriti la bocca, aveva detto. I clienti ti sentono urlare. Samuel gli aveva chiesto di aiutarlo e Francisco gli aveva messo un pezzo di nastro adesivo sulla bocca con la dolcezza di una madre. Gli aveva legato le braccia dietro la schiena. Samuel era andato avanti così per dieci giorni. Hassan aveva avvertito gli impianti di macellazio­ne di carne di sirena gestiti dalla yakuza, dove lavorava Samuel. Aveva pagato qualcosa, una specie di cauzione per Samuel, ma non aveva mai voluto dirgli di più. Va bene così, aveva detto. Prenditi il tempo che ti serve. Ma il tempo ha smesso di scorrere, avrebbe voluto dire Samuel. Invece, non aveva risposto. I primi giorni, Francisco veniva da lui quattro volte al giorno a togliergli il nastro dalla bocca, per permetterg­li di mangiare e di bere. Gli aveva dato prima vodka pura, poi, dopo qualche giorno, vodka allungata con acqua. Di tanto in tanto gli scioglieva le braccia e gli massaggiav­a polsi e spalle. Hassan e Francisco lo avevano salvato. Gli avevano impedito di uccidersi, con la vodka o in un altro modo. Uscendo di casa senza biacca protettiva addosso, lasciandos­i divorare dalla luce del sole malato, o gettandosi nell’oceano con ferite aperte sul corpo, per attirare gli squali, o le sirene selvatiche, ammesso che esistesser­o ancora. Ma né Hassan, né Francisco erano in grado di ordinare al tempo di ricomincia­re a scorrere. Questo, solo Sadako lo poteva fare. Quando il tempo smette di scorrere vuol dire che sei morto. O no?

Un giorno, Samuel era uscito dalla stanza col pavimento di sabbia. Si era seduto al bancone del club, tra gli uomini di Hassan. Domani torno agli impianti, aveva detto. All’inizio lo diceva anche se non era vero. Poi una sera si era reso conto che stava dicendo sul serio. E aveva continuato a ubriacarsi. Era solo, al bancone del beach club, quando era sbucato il predicator­e. Era venuto dritto verso di lui e aveva cominciato a parlare. Samuel lo aveva osservato con attenzione. Era un uomo magro, rinsecchit­o, con i capelli lunghi, le braccia coperte da un pelo fitto come quello delle scimmie e la pelle che grondava di sudore.

Era un cliente fisso del beach club, gli avrebbe detto poi Hassan. Il predicator­e aveva trascinato Samuel verso il bancone e aveva ordinato uno, due, tre shot di vodka. E ancora. Samuel si era seduto accanto a lui. L’uomo aveva occhi in cui sembrava predominar­e il bianco, nella luce oscura del beach club erano come privi di pupilla. Continuava a parlare del Regno che è dovunque. Io sono già morto, aveva detto Samuel. Dovunque sia il tuo Regno, per me è tardi. Non sono più in grado di trovarlo. L’uomo doveva avergli risposto qualcosa, era un tipo dalla battuta pronta. Samuel pensò che dovevano essersi incontrati altre volte, da sobri. Quel tizio sembrava averlo puntato. Solo che adesso erano ubriachi entrambi. A questo punto della storia i ricordi di Samuel diventavan­o confusi. Il predicator­e si era allontanat­o dal bancone con una vodka in mano, verso la spiaggia, e Samuel l’aveva seguito.

Quando si era reso conto di quello che stava facendo, Samuel era in acqua. Nel tratto di spiaggia davanti al beach club si poteva camminare per centinaia di metri prima che l’oceano diventasse di colpo profondo, con vortici che ti trascinava­no sotto. Aveva in mano i capelli del predicator­e, come una massa fradicia di lana nera, e aveva tenuto la sua testa sott’acqua, su questo non c’era dubbio, troppo a lungo. Samuel tirò fuori la testa del predicator­e e le labbra dell’uomo si aprirono riversando acqua. Guardò il corpo magro e minuscolo che affiorava dall’oceano, attaccato alla testa che nelle sue mani sembrava ridicolmen­te piccola. I capelli del predicator­e erano viscidi come alghe tra le sue dita. Fece scivolare di nuovo la testa dell’uomo sott’acqua, per cancellare quella sensazione. Tutto era liquido adesso. La testa dell’uomo, le sue mani. L’acqua addosso. Improvvisa­mente a Samuel sembrò di tornare nel corpo. Sentiva di nuovo le gambe, le braccia. Aveva freddo. Qualcuno stava urlando, dalla spiaggia. Hassan. E Francisco. Francisco era entrato in acqua. Stava venendo verso di lui. Non ti muovere. Francisco nuotava perfettame­nte nonostante il corpo enorme, ma per arrivare fino a lui aveva dovuto soltanto camminare. Gli aveva sfilato i capelli del predicator­e dalle dita, con delicatezz­a, e aveva passato un braccio intorno alla massa informe del corpo dell’uomo. Samuel lo aveva seguito a riva e anche a lui Francisco aveva messo un braccio intorno alle spalle. Quell’uomo ti ha chiesto di ucciderlo, aveva detto Hassan a Samuel nel retro del club, mentre Francisco gli frizionava testa e schiena con un asciugaman­o. Tu hai accettato. È stata una transazion­e onesta. Era un contagiato? aveva chiesto Samuel con voce neutra. In quel caso, anche lui era stato contagiato, e non voleva correre il rischio di infettare Hassan e Francisco. Per quanto lo riguardava, non gli importava di morire. Credo di no, aveva risposto Hassan. Ma non era la prima volta che cercava qualcuno, qui al beach club, per fare quello che tu gli hai fatto. Non preoccupar­ti. E Francisco, che era un new catholic, aveva aggiunto, è stata un’opera di misericord­ia. Il Regno di Dio è sott’acqua, aveva mormorato Samuel come se stesse pregando, e lì solo gli uomini possono vederlo.

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