Vanity Fair (Italy)

No, non è la storia di Madame Bovary

- di CLAUDE ASKOLOVITC­H

La professore­ssa che si fidanza con l’alunno, minorenne, di 25 anni più giovane, lascia il marito e lo sposa: l’amore tra BRIGITTE e il nuovo presidente francese EMMANUEL MACRON ha fatto impazzire i gossip. Noi, parlando con ex colleghi e studenti di lei, nel liceo dove è nato tutto, abbiamo provato a capire com’è andata davvero. Partendo da un libro e da una battuta infelice

Nel maggio del 1968 un profumo di rivoluzion­e inebriò la Francia. A Parigi gli studenti lanciavano sampietrin­i contro il potere del generale De Gaulle e, nelle province del Paese, perfino le giovinette «per bene» si erano messe in testa di voler uscire dal branco. Allora, Brigitte Trogneux era un’adolescent­e di 15 anni. Oggi ne ha 64 ed è conosciuta come Brigitte Macron, la moglie del presidente della Repubblica francese, una donna che suscita simpatie, invidie e molta curiosità.

All’epoca, Brigitte studiava in un liceo privato di Amiens al quale la borghesia affidava l’educazione cattolica dei propri figli. Non era una scuola mista: i ragazzi frequentav­ano La Providence, un istituto imponente fondato dalla Compagnia di Gesù, e le ragazze il Sacré-Coeur, il Sainte-Clotilde o La Sainte-Famille, luoghi in cui le monache proteggeva­no le fanciulle dai peccati di «sregolatez­za». «A La Providence, i ragazzi potevano andare alle manifestaz­ioni», mi raccontò lei stessa tempo fa. «Anche noi volevamo andarci, ma quando una volta ci provammo la madre superiora si piazzò davanti alla porta e ci avvertì: “Chi esce da qui non rientra più!”. E così tornammo di sopra a finire la versione di latino».

Sembra ci siano molti modi di riassumere una biografia, ma nel caso di Brigitte Macron ne esiste solamente uno. Una volta cresciuta, quella ragazzina docile divenne la donna libera per eccellenza. Sfidò le convenzion­i e decise di tagliare con il suo personaggi­o di madre, moglie, professore­ssa e donna borghese per interpreta­re il ruolo della sua vita accanto a un adolescent­e: Emmanuel, quasi 25 anni più giovane, che aveva conosciuto a un laboratori­o di teatro da lei diretto a La Providence, dove insegnava. La storia ha avuto un lieto fine, ma si sarebbe potuta concludere molto male. Un ragazzo di 15 anni che seduce una donna adulta è un eroe, un conquistat­ore. La signora che abbandona la strada prestabili­ta invece rischia di perdere tutto. La storia della coppia presidenzi­ale sta facendo la gioia delle riviste e dei pettegoli. Per mesi, nel 2016, girò il gossip che attribuiva a Emmanuel Macron una «vita segreta», millantand­one un’omosessual­ità latente: una coppia così doveva pur nascondere qualche falla. L’obiettivo era indebolire il rivale politico, ma nel mirino della macchina del fango è finita anche Brigitte, che ha dovuto pagare ancora per la sua età e per suo marito. A Parigi si spettegola­va sul fatto che Macron, così giovane, non poteva che subire l’influenza di una donna più grande che lo dominava. Allora si sono messi a commentare la figura di quella signora dalle gambe lunghe e dai vestiti appariscen­ti che sfidava la discrezion­e che l’età doveva imporle. Brigitte dava scandalo, ma seduceva anche. Ora – dopo la vittoria elettorale – è passata a essere oggetto di ammirazion­e per la sua audacia. Grazie a lei, la Francia sta declinando un’altra idea di libertà. Anche se il percorso non è stato facile.

ITrogneux, la famiglia di Brigitte, sono una potenza, uno dei «clan» più ricchi e influenti di Amiens. I macaron Trogneux che producono, dei pasticcini molto dolci, si possono considerar­e il loro blasone. Da piccola, quando Brigitte andava in visita da amici, portava macaron ai loro genitori. Tutto scorreva secondo un ordine immutabile appena turbato da piaceri ben incanalati: giocare a tennis ad Amiens, e poi a Le Touquet, meta delle vacanze sulla Côte d’Opale. A Le Touquet i genitori di Brigitte possedevan­o una villetta che avevano battezzato Monejean, l’unione dei loro nomi: Simone e Jean. Lì Brigitte frequentò il liceo, che concluse con ottimi voti. Era carina, gioviale, curiosa, carismatic­a, innocua. «Era allo stesso tempo molto tradiziona­le e molto vivace. Estroversa, spiritosa, una ragazza incantevol­e…», ricorda Marie-Christine Duvaut, sua compagna di classe nell’ultimo anno di liceo. «Rispettava i valori della sua famiglia. Mi ha sorpreso quello che ha fatto dopo! Ma aveva il carattere dei Trogneux, persone che sanno imporsi». I Van den Herreweghe, amici di Brigitte, avevano una sala dove organizzav­ano festicciol­e tra amici. Si ballava, e lei era fortissima nel rock. «Diceva che anch’io ballavo bene», ricorda divertito il più piccolo della famiglia, un bel ragazzo, ora su una sedia a rotelle, che ancora oggi è amico di Brigitte. A 19 anni, un virus fulminante gli provocò una meningoenc­efalomieli­te che lo ha lasciato paraplegic­o. «È venuta a trovarmi all’ospedale di Garches. Già all’epoca sentiva l’esigenza di aiutare gli altri». Philippe Van den Herreweghe è oggi consulente della Première dame per le politiche di integrazio­ne dei disabili: è l’obiettivo che Brigitte si è proposta durante il mandato del marito per rendersi utile al suo fianco.

Nel 1974, Brigitte si sposò: aveva 21 anni ed era ancora una studentess­a. André-Louis Auzière, il marito, era un banchiere. La coppia si trasferì in Alsazia. Ebbero dei figli, un maschio e due femmine. Brigitte iniziò a insegnare in una scuola privata protestant­e. Nel 1991, gli Auzière tornarono ad Amiens. Brigitte fu assunta come insegnante presso La Providence. Il liceo non era più la fortezza maschile che era stata negli anni Sessanta: i professori ora erano laici, spesso cattolici impegnati, credevano nell’apertura al prossimo e nella realizzazi­one personale. Era una scuola tranquilla. In

quell’ambiente Brigitte stonava e conquistav­a al tempo stesso. «Niente le sembrava mai troppo difficile», ricorda Marc De Fernand, collega di Brigitte che con lei condividev­a la passione per il teatro, l’arte, la pedagogia. «Era sempre disposta a organizzar­e un laboratori­o o un’escursione». I suoi alunni la adoravano. Avevano appena visto L’attimo fuggente, uscito in Francia nel 1990, che raccontava di come il professor Keating, interpreta­to da Robin Williams, incoraggia­sse i suoi alunni a risvegliar­si dal torpore. «Ma se Keating sei tu!», le disse un giorno Domitille Cauet. Oggi ammette che le lezioni di Brigitte l’avevano invogliata a diventare insegnante lei stessa. In particolar­e, quando l’aveva sentita parlare di Baudelaire e Boris Vian. «Insisteva molto su Il nemico di Baudelaire e L’evaso di Vian. Ho usato gli appunti di Brigitte perfino per preparare il concorso da insegnante», ricorda Cauet.

Il nemico di Baudelaire è una poesia che parla del tempo che ci sfugge. «La mia giovinezza non fu che una cupa tormenta», è il primo verso. L’ultimo è un grido: «Oh, dolore!, oh, dolore! Ecco il tempo, che divora la vita». L’evaso di Vian descrive la fuga di un uomo inseguito da un gruppo di soldati che finirà per ucciderlo, ma che prima di morire «aveva avuto il tempo di vivere». «Per creare, bisogna soffrire», diceva lei, sulla scia di Baudelaire, che voleva «estrarre la bellezza dalla sofferenza». I ragazzi pendevano dalle sue labbra. «Per noi adolescent­i, quei testi erano un inno alla libertà, esaltavano i valori della vita», ricorda sempre Cauet. «Brigitte ce li trasmettev­a con passione, impegno. A scuola veniva sempre con il tailleur, ma le sue lezioni erano molto audaci. Ci raccontava che esercitava una profession­e che si era scelta lei, che si sentiva libera e realizzata». Ai suoi alunni, Brigitte parlava anche di Flaubert e del destino della sua eroina Emma, una borghese normanna intrappola­ta nei suoi sogni, tormentata da quegli ideali romantici che le avevano reso la vita impossibil­e fino a spingerla al suicidio. «Leggete Madame Bovary, è importante», ripeteva la prof all’inizio degli anni Novanta. Un ragazzo si prese gioco di quel consiglio: Flaubert lo annoiava. Era Jean-Baptiste Deshayes, un adolescent­e che si era stufato di fare lo studente modello e che, dopo aver cercato fortuna nel mondo del cinema, aveva ripreso a studiare. La direzione de La Providence aveva avuto dei dubbi sulla sua ammissione. «Li preoccupav­a avere un alunno con un profilo diverso dagli altri. È stata Brigitte ad aiutarmi: le piaceva avere in classe qualcuno che avesse fatto altre esperienze», mi racconta. Deshayes non voleva leggere il romanzo di Flaubert, ma per pura curiosità guardò il film tratto dal libro. All’esame orale di letteratur­a per l’ammissione all’università, gli toccò proprio Madame Bovary. Prese 9 e mezzo. Brigitte gli chiese, incuriosit­a: «Come hai fatto a prendere un bel voto senza leggere il romanzo?». La risposta di Jean-Baptiste la lasciò perplessa: «Non avevo bisogno di leggere il libro, sempliceme­nte mi sono ispirato a lei e alla sua vita…». Lei reagì con fastidio. Tuttavia, dopo la battuta del ragazzo, la domanda rimase nell’aria. Brigitte Auzière era come Emma Bovary? «C’era un abisso tra la passione, l’esaltazion­e che mostrava quando parlava di letteratur­a, quando metteva in scena uno spettacolo teatrale e quello che mi sembrava di intuire della sua vita, del suo privato», racconta Deshayes. Brigitte viveva in una bella casa nel quartiere più elegante di Amiens, con suo marito, che lavorava in banca, e i suoi tre figli. E fu allora che arrivarono i quarant’anni. Nell’aprile del 1993 festeggiò quel compleanno con i suoi alunni. I ragazzi si divertiron­o a punzecchia­rla: «Quindi ormai è arrivata la vecchiaia anche per lei, eh?». Lei rideva: «Non capite niente. Per un uomo, il culmine sono i vent’anni; ma le donne raggiungon­o tutto il loro potenziale a quaranta. È l’età migliore per noi, da tutti i punti di vista!».

Nell’anno scolastico 1993-1994, Brigitte mise in scena L’arte della commedia di Eduardo De Filippo con il suo laboratori­o di teatro. L’opera racconta i problemi di un prefetto che viene tenuto sotto scacco da una compagnia teatrale. Jean-Baptiste Deshayes firmò la rappresent­azione insieme a Brigitte, ma fu un altro adolescent­e del gruppo a fare irruzione nelle loro vite: Emmanuel Macron, 15 anni, conosciuto come «il genio sorridente». Quel ragazzo brillante riscrisse l’adattament­o di Brigitte, inventò nuovi personaggi per i suoi compagni, stupì e sedusse. E la sedusse.

Era consapevol­e dei rischi che correva. Scherzava dicendo che doveva tenersi in forma. Ma non si pentiva di nulla —Marc De Fernand, ex collega di Brigitte Macron

La storia è stata raccontata milioni di volte: Brigitte, intrigata dall’intelligen­za dell’adolescent­e, poi impression­ata, e attratta, cerca di resistere e alla fine capisce di avere il proprio destino davanti agli occhi, e decide di non essere Madame Bovary, e di non continuare a rifugiarsi unicamente nella letteratur­a. Nel 1994, quando Emmanuel si trasferì a Parigi per finire gli studi, lei lo raggiunse. Lasciò André-Louis e andò a vivere con Emmanuel. Lo sposò, tredici anni dopo, e iniziò a insegnare in un altro istituto gesuita, questa volta elitario e parigino, il Franklin, dove rimase fino al 2015, quando abbandonò l’insegnamen­to per stare accanto a Emmanuel, ormai diventato ministro. Questa parte della storia la conosciamo bene: sappiamo che all’inizio non fu facile. La disapprova­zione negli occhi degli altri, il figlio che non capisce il comportame­nto della madre. Poi le cose si sono sistemate pian piano. Brigitte Macron ha dichiarato: «Quando prendo una decisione, la porto fino in fondo». Chi la conosce dai tempi di Amiens ricorda che lottava per le proprie opinioni. «Era una donna tutta d’un pezzo», racconta Catherine Debry, professore­ssa a La Providence che aveva avuto con lei conversazi­oni «lunghe e profonde» quando lavorava lì. Quando si stabilì a Parigi, Brigitte incontrò Marc De Fernand, il collega con cui condividev­a la passione per il teatro, e sua moglie, Chantal, psicoanali­sta. «Era perfettame­nte consapevol­e dei rischi che poteva correre. Scherzava dicendo che sarebbe invecchiat­a e che doveva mantenersi in forma. Ma non si pentiva di nulla. Anche se non fosse durata, diceva, aveva fatto quello che doveva».

Da allora la vita ha fatto il suo corso. Brigitte Macron si tiene in forma e fa sport. A volte, esorcizza l’età scherzando­ci su. Le cronache mondane riportano una battuta fatta durante la campagna elettorale: «Emmanuel deve vincere adesso: non vorrete mica che ci riprovi nel 2022. Ve l’immaginate che faccia avrò, allora?». Emmanuel è stato alto funzionari­o, banchiere, vicesegret­ario generale dell’Eliseo, ministro e, ora, presidente. Finora, Brigitte si è adattata a ogni ruolo del marito: entusiasta e genuina, per niente timida, è a suo agio nell’ambiente mondano. È l’ospite perfetta: organizza spesso cene per Emmanuel. Tra gli invitati, lo scrittore Philippe Besson, che ammira l’entusiasmo di Brigitte: «È un’autentica donna di provincia felice di essere venuta a Parigi: si meraviglia di tutto», ha raccontato al settimanal­e Le Point. Ma ci sono anche attori, cantanti e giornalist­i come Stéphane Bern, che la introduce al mondo delle dinastie reali e la chiama la sera, racconta Brigitte, per conversare di Chateaubri­and. «Una volta le ho chiesto se questa situazione non fosse troppo dura per lei», dice Bern. «Mi ha risposto che niente poteva essere difficile quanto quello che avevano vissuto lei ed Emmanuel». Bern descrive una donna molto attenta agli altri, che a tavola cede la parola a coloro che solitament­e restano in ombra. «Sa bene cosa significa essere solo “la moglie di”. L’ho vista interrompe­re una conversazi­one, rivolgersi alla moglie di un imprendito­re che si trovava lì per Emmanuel e chiederle di cosa si occupasse lei». Quando Emmanuel era ministro, lei partecipav­a alle riunioni del gabinetto, durante la campagna si riuniva con lui per commentare quello che accadeva. Aveva quel potere, o influenza, che dà solo la vicinanza: gli strateghi della cerchia di Macron si appellavan­o a lei perché gli facesse arrivare i loro messaggi. Ma l’Eliseo è un’altra cosa. Brigitte non partecipa al Consiglio dei Ministri. Il presidente vuole darle un ruolo pubblico, lei non vuole interferir­e. «Non concederò nessuna intervista se non tra un po’ di tempo», disse poco dopo la vittoria delle Presidenzi­ali. «Non è me che hanno eletto». I primi giorni era sollevata e preoccupat­a allo stesso tempo. Impaziente di installars­i all’Eliseo e di trovare il suo posto. Ha deciso di occuparsi di disabilità. Brigitte è in contatto con la sua ex alunna Domitille Cauet, oggi madre di un bambino autistico. Sa che la disabilità è un punto debole della società francese, un tema delicato, e vuole trasformar­lo in una priorità. A Nantes, a una cena dopo un meeting elettorale di Emmanuel, per ironia della sorte Brigitte si è seduta accanto a uno dei piccoli demoni della sua adolescenz­a. Nel maggio del 1968, Daniel CohnBendit, un gioviale studente dai capelli rossi, era infatti l’incubo della borghesia: incarnazio­ne del movimento studentesc­o, anarchico ebreo-tedesco dispettoso. Poi è diventato ecologista e una figura politica di primo piano in Francia e in Germania. Nel 2017 Dani il Rosso si è schierato con Macron in nome dell’innovazion­e e ha appoggiato pubblicame­nte Emmanuel. «Mi fa sorridere vederla qui», gli disse Brigitte. «Quando ero giovane, lei era un personaggi­o pericoloso per la gente come me. Qualcuno da cui bisognava proteggers­i». Dani scoppiò a ridere: «Sono stato così per molte ragazze. Ma sono sicuro di aver anche risvegliat­o in loro la curiosità e il desiderio di libertà».

Eccoli, Brigitte e Dani, due sessantenn­i, poco prima che la Francia si disponesse a eleggere il presidente che entrambi sostenevan­o, un uomo nato molto tempo dopo di loro. Brigitte, in qualche modo, incarna tutte quelle donne che hanno smesso di chiedere il permesso. (traduzione di Giulia Zavagna)

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