L’UOMO CHE SI TUFFA DA 27 METRI
Alessandro De Rose
Da quando si stacca dal trampolino o da una roccia a quando entra in acqua – 27 metri sotto – passano tre secondi: in quell’attimo esegue salti mortali o avvitamenti a 90 chilometri all’ora. Alessandro De Rose, 25 anni appena compiuti, è l’unico italiano a gareggiare nei circuiti dei tuffi da grandi altezze. A farlo sono 22 in tutto il mondo, lui rappresenta gli azzurri sia nel Red Bull Cliff Diving World Series, sia ai Mondiali di nuoto di Budapest. Su quel trampolino ci è arrivato per una serie di eventi casuali, spesso sfortunati. A cinque anni l’esordio nella sua Cosenza: «Ero cicciottello e con problemi alla schiena: consigliarono a mio padre di farmi fare piscina. L’allenatore mi fece provare anche il trampolino. Che cosa avrà scelto un bambino tra tuffarsi e fare le vasche avanti e indietro?». A quindici il padre muore, portandosi via anche gli allenamenti, perché non ci sono più i soldi per la piscina. «Mia madre usciva di casa la mattina alle 6 e tornava la sera tardi». I soldi ancora non bastano, arriva un lavoro nello show del parco acquatico di Torvajanica: «Quando ho scoperto che per i tuffi da 20 metri la paga era più alta mi sono offerto: la prima volta ero terrorizzato, poi è stato amore». Sulla schiena ha un tatuaggio con due pistole, in mezzo c’è scritto «vendetta». L’ha avuta? «Una rivalsa più che altro. A sedici anni ero in collera con tutti: con la società che mi aveva scaricato, con la vita che mi aveva fatto un brutto sgambetto. Ho scelto quella parola, non so se la riuserei. E credo anche che se le cose non fossero andate così, oggi non sarei qui». Che cosa si prova a buttarsi nel vuoto senza protezioni? «Un turbine di emozioni, compresa la paura. La testa vuole proteggerti, ma devi essere più forte. Sai che ce la puoi fare, che hai il controllo totale del tuo corpo, dal mignolo del piede al collo. È il modo di scaricare la rabbia migliore che conosca, è l’esperienza più simile al volo che un uomo possa provare». E durante l’impatto con l’acqua? «La botta non arriva subito: per qualche secondo ci sono solo pace e silenzio, è il momento più bello. Ti godi quello che hai fatto. Poi arrivano i colpi: stomaco, spalle, gola, dipende. È come fare a botte con uno più forte di te». Si lancia sempre da posti strepitosi: Polignano a Mare, l’Opera House di Copenhagen. A Budapest da dove saltate? «Hanno allestito una piscina di fronte al Parlamento, uno spettacolo. A guardarla dall’alto fa paura, dà l’impressione che mancherai l’acqua». ilaria chiavacci