La Silicon Valley viaggia con l’Lsd
Nella capitale tecnologica del mondo sempre più persone assumono, ogni tre giorni, dosi ridotte di droghe psichedeliche. Per lavorare di più, senza pensare alla legge e ai rischi che corrono. Tra il mito di Steve Jobs, che ne lodava i benefici, e quello d
Trovare finanziamenti vuol dire raccontare una storia. Le microdosi, in questo, ti aiutano a meraviglia —Nathan, venture capitalist
Nathan è un venture capitalist di 27 anni. Gestisce capitali in settori ad alto rischio e ad alti guadagni possibili. Ogni tre giorni Nathan (il nome è di fantasia) ingerisce 15 microgrammi di dietilamide dell’acido lisergico, più nota come Lsd, l’«acido». Per la droga psichedelica per eccellenza si tratta di una «microdose», di solito per fare effetto ci vogliono almeno 100 microgrammi. Assumerla gli procura infatti solo un leggerissimo sballo, ma lo fa sentire molto più produttivo. «In ufficio nessuno sa che la uso», racconta. «Lo considero un piccolo regalo che mi faccio, la mia vitamina segreta, un po’ come gli spinaci per Braccio di Ferro». Nathan ha cominciato nel 2014, quando lavorava per una startup della Silicon Valley. Tra i suoi compiti c’era quello di proporre progetti a potenziali investitori. «Trovare finanziamenti vuol dire soprattutto raccontare una storia risultando convincenti. Le microdosi, in questo, ti aiutano a meraviglia».
Le droghe psichedeliche sono da tempo considerate tra le più pericolose, soprattutto per i loro effetti sulla psiche. Nel 1967 l’Lsd venne dichiarata illegale negli Stati Uniti e successivamente nel resto del mondo. L’allora governatore della California, Ronald Reagan, dichiarava che «chiunque sperimenti o faccia uso di Lsd è semplicemente stupido». Le cose però in alcuni ambienti stanno cambiando. Come in tanti altri settori, dai trasporti alla consegna del cibo fino alle frequentazioni sentimentali, a dettare il mutamento potrebbe essere proprio la Silicon Valley. Gli effetti dell’Lsd sono stati scoperti in laboratorio. Il 16 aprile 1943 lo scienziato tedesco Albert Hofmann, che stava studiando nuovi possibili farmaci, ingerì per sbaglio una piccola quantità della sostanza che lui stesso aveva sintetizzato qualche anno prima senza testarla. Gliene era caduta una goccia sulla mano. Tre giorni dopo, il 19 aprile, ne assunse volontariamente 250 microgrammi, troppa, facendosi un cosiddetto «brutto viaggio», ma alla mattina si svegliò con una «sensazione di benessere e di vita rigenerata». L’esplosione del suo uso allora legale, nel mondo e in particolare proprio in California negli anni ’50 e ’60, si sovrappose subito non solo con la cultura hippie ma anche con la nascita della comunità tecnologica di San Francisco. «C’era un gruppo di ingegneri convinto che fra Lsd e creatività ci fosse un rapporto di causa-effetto», ricorda John Markoff, che nel suo libro del 2005 What the Dormouse Said («Cosa disse il ghiro», una citazione da Alice nel paese delle meraviglie: «Ricorda cosa disse il ghiro: nutri il cervello») ricostruisce lo sviluppo dell’industria del personal computer attraverso la controcultura degli anni ’60. Così, già nel 1966, il centro di ricerca International foundation for advanced study di Menlo Park iniziò a studiare, su un campione di 350 persone, in che modo le droghe psichedeliche influenzavano il lavoro. Tim Ferriss, imprenditore high tech e scrittore, sostiene in un’intervista alla Cnn: «I miliardari che conosco, quasi senza eccezioni, fanno regolarmente uso di allucinogeni». Pochi ne parlano con la sua stessa sincerità. Faceva eccezione Steve Jobs: «Prendere Lsd è stata un’esperienza profonda, fra le più importanti della mia vita». Nella sua biografia scritta da Walter Isaacson nel 2011, si racconta che l’amministratore delegato della Apple scherzasse sul fatto che la Microsoft sarebbe stata un’azienda più originale se solo il suo fondatore Bill Gates avesse provato le droghe psichedeliche. Dato che la Silicon Valley è un posto pieno di gente il cui più grande desiderio è quello di diventare Steve Jobs, parecchie persone stanno cominciando a parlare del loro uso di Lsd o a raccontare di averla provata per la prima volta. In certi ambienti è addirittura difficile trovare qualcuno che non l’abbia mai fatto. L’Lsd agisce per interazione con la serotonina, la sostanza chimica che regola l’umore, i sogni e gli stati di coscienza. La droga dirotta il recettore serotoninergico 2A, spiega lo scienziato Robin Carhart-Harris dell’Imperial college di Londra, che ne sta studiando gli effetti, attraverso la Tac, nelle varie aree cerebrali. Il recettore 2A opera soprattutto nella «zona della coscienza»: una delle prime sensazioni provocate dalle sostanze psichedeliche è quello di «dissolvere la percezione di sé». Ecco perché si parla spesso di un’esperienza mistica o spirituale. L’Lsd mette in contatto poi parti prima separate. Il risultato è che il cervello sembra «molto più aperto».
In una cultura fortemente competitiva come quella della Silicon Valley, in cui il «campo di gara» è quello della maggiore creatività possibile, questa capacità di aprire la mente fa particolarmente gola. L’amministratore di una piccola startup racconta che, durante una gita aziendale, tutti i suoi colleghi hanno assunto funghi allucinogeni. È stato possibile «eliminare le barriere che di solito esistono in un ufficio» e «parlarsi con il cuore in mano», dice, consolidando «lo spirito dell’azienda». Lui non li ha presi per restare lucido e controllare che tutti gli altri stessero bene. Alex (altro nome di fantasia) è un analista di dati di 27 anni che prende un acido quattro o cinque volte all’anno. «Per avere una prospettiva più ampia sulla sua vita. È il modo per ritagliarmi una pausa in un ambiente dove tutti sono sempre concentrati solo sul lavoro». Il passatempo tipico di molti lavoratori millennial, oltre a frequentare festival musicali dove il consumo di droghe è
I consumatori sono esperti di tecnologia, che amano scienza e alimentazione, spesso impacciati socialmente —James Fadiman, psicologo
abituale, è affittare una casa in campagna con un gruppo di amici, prendere Lsd o dei funghi allucinogeni e andare a fare un’escursione. «Farei molta più attenzione a raccontare ai colleghi che la sera prima mi sono fatto di cocaina, rispetto al dire che nel fine settimana ho preso un acido», dice Mike (anche lui sotto pseudonimo), un ricercatore venticinquenne alla University of California di San Francisco. Assume regolarmente Lsd. Per lui è «una cosa utile, sana, come lo yoga o il cibo integrale». La ricerca d’illuminazione spirituale è alimentata dal desiderio di diventare più produttivi. L’interesse per le microdosi è iniziato attorno al 2011, quando James Fadiman, uno psicologo che aveva preso parte agli esperimenti di Menlo Park degli anni ’60, ha pubblicato un libro e lanciato un sito Internet sulle sostanze psichedeliche. «Sono particolarmente popolari tra gli individui esperti di tecnologia, fisicamente sani e interessati a scienza, alimentazione e chimica del loro cervello», spiega Fadiman. Possono anche ridurre l’impaccio nelle situazioni sociali: «Conosco molte persone così, che normalmente non sono le più disinvolte al mondo».
Sul numero di consumatori di microdosi non ci sono ancora dati statistici. Sul sito Reddit c’è un gruppo che conta oggi 16 mila utenti, in netto aumento rispetto ai duemila dell’anno scorso. La maggior parte segue le indicazioni di Fadiman, ovvero assumere fino a dieci microgrammi di Lsd ogni tre giorni. «Le mie capacità matematiche migliorano leggermente, giuro. Magari è solo perché mi sento più sicuro. Comunque sia, sono più consapevole, più creativo, e mi vengono delle idee incredibili», scrive uno. «Si attenua il deficit di attenzione, sono più concentrato», gli fa eco un altro. Secondo Rick Doblin, fondatore del gruppo di ricerca Multidisciplinary association for psychedelic studies, il fenomeno è l’esito naturale di più tendenze. Innanzitutto, molti di quelli che prendevano acidi negli anni ’60 sono ancora fra noi: «Ora che si avvicinano alla fine della vita, alcuni raccontano che l’Lsd per loro è stata preziosa e come non sono finiti tutti in una comune a crescere la soia e a farsi viaggi psichedelici». Anche il crescente uso di marijuana a scopi terapeutici e il fatto che in molti Stati questa sia oggi legale stanno modificando l’opinione comune sulle droghe. «C’è molta meno foga nel sostenere che sono qualcosa di spaventoso», osserva Doblin. Da uno studio condotto l’anno scorso dagli scienziati della Johns Hopkins University su 51 malati terminali di cancro, emerge che una singola dose abbondante di psilocibina – l’ingrediente attivo dei funghi allucinogeni – ha ridotto i livelli di depressione nella maggior parte dei soggetti. A rendere più facile il consumo, in alcune parti del mondo, c’è anche la disponibilità di alternative legali all’Lsd. Erica Avey, che lavora per Clue, un’app con sede a Berlino per monitorare il ciclo mestruale, in aprile ha cominciato a prendere piccole dosi di 1P-Lsd, una droga analoga che in Germania non è ancora proibita. La assume per riequilibrare gli sbalzi di umore, ma la ritiene utile anche nel lavoro: «Mi rende più lucida, più consapevole dei miei bisogni e di ciò che serve al mio corpo». Quasi tutti i consumatori di microdosi, pur prendendole con regolarità, non si sentono dipendenti. «Con il caffè, hai bisogno di berne una tazza per essere normale», dice Erica. «Mai e poi mai avrei bisogno dell’acido per sentirmi a posto». Gli effetti dipendono dal contesto in cui ci si trova e dal lavoro che si fa e non sono automaticamente migliorativi. Un vagone della metropolitana sovraffollato o una riunione irritante possono risultare ancor meno sopportabili. Alcuni vedono lo stesso «le microdosi» come una panacea per quasi tutti i mali, dalla depressione ai dolori mestruali, fino all’emicrania e all’impotenza.
Il problema che nessuno pensa possano risolvere è l’ansia. Trattandosi di una droga che amplifica le percezioni, è più che probabile che la faccia aumentare. Fino a quando non ci saranno studi precisi, sarà difficile, soprattutto, stabilire se quantità così ridotte di una sostanza psichedelica non producano un semplice effetto placebo o se possano invece provocare conseguenze deleterie come la dipendenza. L’Lsd fa ancora e comprensibilmente paura ed è improbabile che possa migrare dalla Silicon Valley a zone più conservatrici in tempi brevi. Ma in un Paese dove la droga è ovunque, assumere microdosi di una sostanza illecita può non sembrare così stravagante, specie tra i lavoratori della classe media. Gli americani disposti a incrementare la propria produttività con un aiuto medico sono già tanti. Nel 2011 i bambini a cui sono stati prescritti farmaci per curare i disturbi dell’attenzione erano tre milioni e mezzo, rispetto ai due milioni e mezzo del 2003. Queste medicine vengono ampiamente usate per migliorare le prestazioni lavorative. Il 12 per cento della popolazione fa uso di antidepressivi. E non è l’unico modo in cui si cerca di eliminare il dolore, mentale o di altro tipo: l’epidemia di oppiacei in corso è stata causata anche da un massiccio abuso di prescrizioni di antidolorofici. In confronto, l’Lsd potrebbe non sembrare così pericolosa. Se un’overdose letale è quasi impossibile (si dovrebbe prendere l’equivalente di oltre 700 dosi), restano però i danni psicologici e psichiatrici del suo uso e abuso che hanno portato a renderla illegale ovunque.