HO AVUTO MOLTO PIÙ DI QUELLO CHE SPERAVO»
«DA RAGAZZINA, IL MIO OBIETTIVO ERA RECITARE IN UNA COMPAGNIA TEATRALE STABILE IN CALIFORNIA:
Jessica Chastain è l’eccezione che conferma la regola. Conferma, anzi, un po’ tutte le regole della narrativa sul mondo dello spettacolo. Quelle secondo le quali il successo inevitabilmente ti cambia, quelle per cui il balzo dalla carestia di opportunità dei primi tempi a un eccesso di opzioni in quelli successivi rende le scelte più difficili e spesso conduce al disastro professionale, quelle per cui l’idolatria, veleno inesorabile, fa a pezzetti il senso di realtà e trasforma brave ragazze di talento in dive eccentriche e capricciose. Cose che capitano a molte, non a Jessica Chastain. Passata quasi all’improvviso dallo status di bella attrice sconosciuta a star di prima grandezza con due nomination all’Oscar (per i film The Help e Zero Dark Thirty), Jessica resta la compagna di classe che tutti sognano di avere: ottimista e audace, forte ma collaborativa, donna di molta sostanza e poca apparenza. Non che la sua apparenza sia poca cosa. La criniera rossa, la pelle trasparente, il corpo armonioso, il primo piano espressivo che tanto piace a registi, fotografi, stilisti sono la sua carta di identità. Ma c’è altro: un lessico raro tra le attrici, un modo di utilizzare la propria immagine equilibrato e un arsenale di ambizioni ben ragionate. Su Instagram calibra glamour, sense of humor e tecniche per promuovere se stessa ma non solo. Dal suo account lancia film di amici e amiche che le piacciono: di recente ha fatto il tifo per Wonder Woman e per Atomica Bionda, film d’azione con protagoniste donne, «casi» che rilanciano i discorsi sulla presenza femminile al cinema che tanto stanno a cuore alla signora Chastain, nata a Sacramento (California) quarant’anni fa e dallo scorso 10 giugno sposata con il manager italiano Gian Luca Passi de Preposulo. Matrimonio in una villa veneta, pochi ospiti ma buoni (tra le amiche della sposa anche Emily Blunt e Anne Hathaway), cerimonia e festa indimenticabili per chi vi ha partecipato ma quasi invisibili per tutti gli altri, giusto un paio di foto rubate apparse qua e là, flash di coppia bella e felice. Ho parlato con Jessica al suo ritorno dal viaggio di nozze («Siamo stati in Africa, un sogno»). È immediatamente tornata al lavoro, il che non stupisce. Una persona che la conosce da tempo la definisce «una macchina da guerra, con una personalità fuori dal comune». Solo negli ultimi mesi, ha girato film attesissimi: The Death and Life of John F. Donovan del regista enfant prodige Xavier Dolan e Molly’s Game, opera prima da regista del re degli sceneggiatori Aaron Sorkin, che andrà al Festival di Toronto. Inoltre, sta per fare un trionfale ingresso nel mondo Marvel: sarà la cattivissima imperatrice Lilandra in X-Men: Dark Phoenix. Intanto, il 7 settembre uscirà Miss Sloane Giochi di potere di John Madden. Jessica vi interpreta una lobbista di Washington. Antipatica e spietata, vuole solo vincere. Non sappiamo nulla del suo privato: Elizabeth Sloane esiste solo in funzione del lavoro e della complessa battaglia politica che si scatena su una legge sulle armi. È una antieroina solitaria e sgradevole, troppo indaffarata per avere una vita interiore ma che costringerà gli spettatori a stare dalla sua parte: Sloane è come molti personaggi maschili che abbiamo visto per decenni al cinema, in questo genere di thriller. Però è una donna. Una donna vera? Esiste veramente una Miss Sloane? «No. Però è verosimile. Tenga conto che solo il 10 per cento dei lobbisti di Washington sono donne. Sono persone estremamente competitive e competenti che combattono per il loro spazio in un mondo maschile. Prima di girare il film, ne ho incontrata una dozzina e non erano come me le aspettavo». In che senso? «Immaginavo donne in divisa o quasi, sempre vestite allo stesso modo, che considerano trucco e parrucchiere una perdita di tempo, e cercano di annullarsi un po’ tra la folla maschile che le circonda. Invece, rossetti vistosi e un abbigliamento aggressivo sono la regola. Mi hanno spiegato che hanno bisogno di farsi notare, altrimenti la superiorità numerica degli uomini le fa sparire. I vestiti e il trucco sono la loro armatura da battaglia». Oltre a frequentare Washington per prepararsi al film, lei ha partecipato alla Women’s March, nel gennaio scorso. Il femminismo è sempre stato importante per lei, o ha cominciato a interessarsene di recente? «Un certo interesse l’ho sempre avuto, ma non sono mai stata particolarmente attiva. Al college e quando ho iniziato a fare l’attrice vedevo donne ovunque, donne come me, impegnate nello studio e nel lavoro. Poi, quando mi sono trovata in ambienti di maggior successo e potere, mi sono accorta che le donne,