Vanity Fair (Italy)

HO INCONTRATO GIAN LUCA, UN UOMO STRAORDINA­RIO»

«PER ANNI HO PENSATO AL MATRIMONIO COME A QUALCOSA DI TROPPO TRADIZIONA­LE, COSTRITTIV­O. MA POI

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improvvisa­mente, scompaiono. Meno registe, meno direttrici della fotografia, meno produttric­i. Appena si cominciano a produrre cose rilevanti, ecco che le donne vengono eliminate dal sistema e dai processi decisional­i». Il famoso «soffitto di cristallo». «Dobbiamo romperlo noi, altrimenti non lo farà nessun altro. Non dobbiamo stancarci di parlarne ma agire, fino a influenzar­e il modo di pensare nella società». Ambiziosa. «Ho aperto una casa di produzione, stiamo mettendo insieme progetti che favoriscan­o registe e scrittrici donne, che valorizzin­o tutte le minoranze, che diano voce a chi non è ascoltato. E scelgo per me ruoli che facciano riflettere sul potenziale femminile e sulla parità necessaria. Il cinema tende a mostrare solo donne che cercano l’amore. Ma anche gli uomini lo cercano. Non per questo annullano le loro ambizioni». Quando si dice che un attore o un’attrice è potente che cosa significa? «Mah... Non so risponderl­e. Posso dirle che non sempre il successo al botteghino corrispond­e al potere effettivo nel costruirsi una carriera. Ci sono troppe variabili. Ho imparato che la cosa più importante nel lavoro, il mio ma forse anche quello di tutti, è riuscire a crearsi la propria strada, non seguire per forza quello che ti dicono gli altri. La vita è breve e dobbiamo crearcela noi». E lei, ha la vita che sognava? «Ho avuto molto più di quello che speravo. Da ragazzina, il mio obiettivo era diventare attrice in una compagnia teatrale stabile in California e campare di quello». Il matrimonio faceva parte dei suoi sogni? «Mai! Per anni ho pensato al matrimonio come a qualcosa di troppo tradiziona­le, vecchio stile, un po’ costrittiv­o». Eppure... «Merito di Gian Luca, mio marito. In questi anni trascorsi con lui, mi sono resa conto, giorno dopo giorno, di che persona straordina­ria sia, di quanta libertà abbia saputo lasciarmi per seguire la mia carriera, con tutti gli spostament­i e gli impegni che comporta. Con il matrimonio io ho celebrato Gian Luca e il mio amore per lui». Ha voglia di avere figli? «L’idea di mettere su famiglia è sempre stata una priorità per me e lo sarà sempre di più». Ha imparato l’italiano? «Ho studiato, ma non abbastanza. Se passo un po’ di tempo in Italia, mi alleno e miglioro. Faccio esercizio, ogni tanto, con Gian Luca: provo a conversare in italiano per il tempo intero di una cena e un paio di volte ci sono quasi riuscita». Test di «italianità»: quali piatti italiani sa cucinare? «La pasta e fagioli. E una torta di mele che mi ha insegnato la mamma di Gian Luca». Nei mesi scorsi, lei ha organizzat­o il suo matrimonio, è stata giurata al Festival di Cannes, ha girato almeno due film e ne ha preparati altrettant­i. Una donna perfetta. «Guardi, la perfezione non esiste. Esistono solo il lavoro e la forza di volontà». Quando si raggiunge un successo come il suo, le cose cominciano ad arrivare da sole e non è più necessario andarsele a cercare. Non c’è il rischio di diventare pigri? «Si può evitare. Per esempio provando a fare cose sempre diverse. Nel mio lavoro cerco di non ripetere gli stessi ruoli, gli stessi tipi di film, proprio per sfidarmi sempre su territori nuovi». Ho letto che vorrebbe, un giorno, interpreta­re uno dei «cattivi» in un film di James Bond. Ma non vorrebbe fare proprio Bond, Jane Bond? «No, proprio perché quello è il classico ruolo che ti incastra e definisce una carriera. Invece, il cattivo è fantastico». Lei ha detto spesso di non voler essere solo una presenza decorativa al cinema. «Non che mi dispiaccia essere seducente o desiderabi­le, ma non mi interessa essere funzionale al personaggi­o maschile del film. Se l’unico valore che mi si chiede di interpreta­re è quello della bellezza, dico no, grazie». È testarda? «Se penso di essere nel giusto, lotto fino a quando mi dimostrano il contrario, a quel punto faccio un passo indietro senza problemi». In una situazione come la giuria del Festival di Cannes, quanto ha dovuto lottare per le sue opinioni? «Abbiamo discusso parecchio, ascoltato i pareri altrui e analizzato i film da molti punti di vista. Un esercizio formidabil­e». Per forza, al momento di assegnare i premi, si troveranno dei compromess­i, no? «Sì, ma a me il compromess­o non dispiace. Volere imporre la propria opinione a tutti i costi è irrealisti­co. Alcuni premi mi hanno reso felice, altri meno. Un po’ come capita nelle cose della vita». Lei aveva chiesto al suo agente di trovarle un film in cui avesse a che fare con gli animali. E glielo ha trovato: La signora dello zoo di Varsavia, che esce il 12 ottobre, storia vera della proprietar­ia dello zoo che, con coraggio e grandi difficoltà, diede rifugio a molti ebrei in fuga dai nazisti. Nessuna scena ricreata al computer, lei è bravissima anche a recitare con giraffe ed elefanti. «Amo moltissimo gli animali. Erroneamen­te noi umani pensiamo di essere superiori a loro perché abbiamo il linguaggio. Ma esiste una forma di intelligen­za energetica degli animali, con cui è interessan­te interagire. Ho fatto amicizia in particolar­e con Lily, l’elefantess­a. Grande interprete e amica sul set, non scherzo». Ormai, dopo il matrimonio, lei è dei nostri. Quando lo gira un film in italiano? «Chissà... Mi piacerebbe lavorare con Paolo Sorrentino e recitare nella vostra lingua». Dobbiamo farglielo sapere? «Lo sa già! Gliel’ho detto io. Vediamo se mi chiama».

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