Vanity Fair (Italy)

IO, CHE ODIO LE PUNTURE

Sui social ROBERTO BURIONI è lo scienziato-icona dei vaccinisti. E il bersaglio di risse virtuali e minacce di morte. Ma che cosa sappiamo, davvero, di lui? Mentre nelle scuole arriva l’obbligo vaccinale, siamo andati a fargli qualche domanda

- di FRANCESCO OGGIANO

Per capire Roberto Burioni bisogna partire quattro settimane prima: «Sono nato prematuro, a 8 mesi, privato di quegli anticorpi che di norma i bambini ricevono dalla madre nelle ultime settimane di gravidanza. Appena affacciato sul mondo, ho dovuto lottare più degli altri». Il professore di Microbiolo­gia e Virologia del San Raffaele, 54 anni, diventato un riferiment­o in Rete per la sua attività divulgativ­a sui vaccini (e i suoi scontri online con i no-vax), da bambino aveva meno protezioni e più bisogno di vaccini dei suoi coetanei. «Ho preso tutte le malattie per le quali, all’epoca, non c’era il vaccino: parotite, morbillo, rosolia e varicella a 18 anni. Per il resto, ho avuto somministr­ati tutti i vaccini esistenti. E durante più di un’iniezione sono svenuto». Addirittur­a? «Avevo paura dell’ago e ce l’ho tuttora. Devo girare la testa dall’altra parte. Vengo preso in giro persino dai miei collaborat­ori». I suoi che lavoro facevano? «Mia madre stava in casa con me e mia sorella, oggi insegnante di Fisica teorica. Mio padre era un medico condotto di Fermignano, paese a 10 chilometri da Urbino in cui sono cresciuto». Che cosa ha imparato da lui? «Il rispetto dei pazienti. Una volta mi ha raccontato il dolore più grande della sua carriera: nel 1959 vide morire sotto i suoi occhi un bambino di 6 anni, contagiato dalla difterite. “La morte di quel bambino non la potrò mai dimenticar­e”, diceva. “Ricorda che alla fine di tutto, nel nostro lavoro, c’è sempre e solo una persona che soffre”». Ha sempre voluto seguire le sue orme? «No, volevo fare il musicista. Suonavo il piano, ma capii in tempo di non avere abbastanza talento. Optai per Medicina, a Roma». Perché poi ha scelto la virologia? «Me ne sono innamorato durante il periodo di studi in California. Mi affascinav­a la battaglia tra i virus e il nostro sistema immunitari­o». A proposito di battaglie, si dice che Renzi voglia coinvolger­la in quella politica, e la stia corteggian­do per candidarla col Pd alle prossime elezioni. «Finora ho ricevuto apprezzame­nti, ma mai proposte concrete. Sono un uomo di scienza e non vorrei lasciare il mio lavoro per un altro che forse non saprei fare. Certo, fino all’anno scorso non sapevo neanche di poter diventare un divulgator­e, perciò non escludo più nulla. Solo che non vorrei fare la figura del “somaro”». Su Facebook definisce spesso «somari» i commentato­ri disinforma­ti… «Mi piace il termine. Lo può sentire in un’aria della Cenerentol­a di Rossini, il mio compositor­e preferito». Quando si è iscritto su Facebook? «Nel 2012, per ritrovare vecchi amici e vedere com’erano invecchiat­e le mie ex». Ha iniziato subito a scrivere di vaccini? «Macché, avevo 150 amici e condividev­o poco. Due anni fa un’amica di famiglia mi chiede di entrare in un gruppo Facebook di madri italiane: “Così ci spieghi le vaccinazio­ni”. Accetto, ma una volta dentro mi accorgo che sono le mamme a voler “spiegare” i vaccini e la loro presunta pericolosi­tà a me. A me, che li studio da 30 anni!». Che cosa fa, quindi? «Inizio a scrivere per conto mio. Col tempo i miei post vengono apprezzati. Oggi la pagina ha quasi 300 mila fan». Quanto tempo le dedica? «Scrivo almeno un post a settimana, di domenica. Una decina di volte al mese controllo i commenti e con l’aiuto di un paio di amici cancello quelli stupidi. Centinaia». E gli insulti? «Tantissimi. Mi hanno dato, tra l’altro, del massone e dell’alieno rettiliano provenient­e dalla stella Alpha Draconis. Ho riso per giorni. Quando invece hanno augurato la morte a mia figlia di 6 anni, no, su quello non riesco a ridere». Che padre è? «Apprensivo. Ho avuto Caterina Maria tardi e come tutti i padri anziani ho paura di tutto. Il pediatra vuole parlare solo con mia moglie, dice che io sono troppo ansioso. Non l’ho portata all’asilo nido per paura che prendesse il morbillo dai compagni, visto che non poteva ancora essere vaccinata». Ovviamente poi le avrà fatto tutti i vaccini… «Prima di ogni iniezione le chiedo di farmi fare bella figura davanti al dottore, ma niente da fare: davanti all’ago strilla come un’aquila. Anche lei, ha preso da suo padre».

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