Vanity Fair (Italy)

Corro a Venezia

Un «gatto randagio» che spaccia: così sarà MATILDA DE ANGELIS nel suo film in gara al Festival. Una vera prova del nove per la giovane attrice lanciata da Veloce come il vento. Che in testa ha già un’ispirazion­e per il red carpet che l’attende

- di LAVINIA FARNESE foto FABIO LOVINO

Quando si va Veloce come il vento, nei capelli resta impigliato di tutto: la polvere dell’accelerata improvvisa, l’aria che si fa tesa mentre il contachilo­metri sale, il vuoto dopo l’ultima frenata. Matilda De Angelis a quasi 22 anni già sa che cosa significan­o il rally e la sua scia. Perché ne aveva meno di 20, con la patente appena presa, quando il destino – nel suo caso un amico che ha fatto vedere la sua foto alla responsabi­le casting del film di Matteo Rovere – l’ha portata al fianco di Stefano Accorsi sui circuiti più ardui. Con quell’esordio vincerà diversi premi e diventerà l’attrice rivelazion­e della stagione cinematogr­afica passata. Oggi che è in concorso alla Mostra di Venezia con Una famiglia di Sebastiano Riso, opera che con le corse in auto non c’entra più nulla, si attorcigli­a i ricci con un dito e dice: «Nessuno può saperlo, quello che ho provato davvero in questo tempo». Ce lo spieghi. «Un senso di colpa lacerante. Quello di non capire perché – tra tante, tantissime che l’avrebbero desiderato più di me – sono stata presa proprio io. Io che non avevo studiato per recitare. Io che non ero preparata». Esiste il talento. Non ci crede? «Cerco ancora tutti i santi giorni di meritarmi ciò che mi è capitato: quando ti definiscon­o “promettent­e”, hai gli sguardi puntati addosso, e non puoi permettert­i esitazioni». La prima volta sul set com’è stata? «Nel segno di mia madre Tania: se non avesse insistito, sarei rimasta ferma sul mio “no” categorico. Mi sono voluta fidare di una donna che ha sempre fatto tutto solo nel mio interesse e per amore mio. Di una donna che ha gli occhi simili ai miei, e da giovane sognava di diventare proprio un’attrice e magari ci sarebbe anche riuscita, se solo i suoi genitori gliel’avessero permesso». La seconda? «Mi sono sentita subito a mio agio. Forse perché la pratica sul campo insegna più di qualsiasi teoria o simulazion­e». L’aiuta qualcuno in questo processo di «acquisizio­ne di merito»? «I registi. Mi sono detta: se continuano a chiamarmi e supero i provini, significa che qualcosa valgo, no?». Dovrebbe funzionare così. «E mi dispiace per chi lo sogna da quando è bambina e si è presentata a tutte le audizioni in orario con la parte pronta, ma in fin dei conti l’insuccesso di qualcun altro non dipende dal mio successo». Ha mai «inchiodato», nella vita? «Quando, sempre dopo il film, ho smesso di cantare (lo farà ancora, ma in Tv, nei panni di Ambra nella terza stagione di Tutto può succedere, ndr). Lo facevo in un gruppo, i Rumba da Bodas. È la musica a spegnermi ogni tristezza. È la mia passione. Ma non riuscivo più a reggere i ritmi. E mi sono pure venuti i noduli alle corde vocali». Il sorpasso? «Adesso. Sto in quinta. Dentro un fascio luminoso. E non scalo la marcia». Accosterà, di tanto in tanto. «Quando me ne torno a casa, a Bologna, dai miei. Le radici danno la dimensione terrena della vita». L’inversione a U? «Mai. Non mi volto indietro». Nei prossimi mesi, con la protagonis­ta di Una famiglia e quella del film Youtopia, la vedremo interpreta­re ragazze borderline. «Mai avuto il mito della trasgressi­one». E di cristallo. «Qui mi assomiglia­no. Sembro tosta, indipenden­te. Ma dentro ho i miei piccoli fantasmi e basta un niente perché m’infranga in mille pezzi». In Youtopia di Berardo Carboni si prostituis­ce online, mette all’asta la sua verginità. «Sono partita che non sapevo neanche improvvisa­rlo vestita, uno spogliarel­lo. Non è stato facile abituarmi alla nudità, eccitarmi con una webcam accesa. Ho dovuto “impegnarmi per disinibirm­i”, che già è un controsens­o. Ma siamo pieni di blocchi. Interferis­cono». Come se ne è liberata? «Grazie a un laboratori­o con una coach americana, Doris Hicks. Metodo Strasberg. Cinque minuti dopo essere nudi, non ci si vergogna più di esserlo». In Una famiglia viene dalla strada: spaccia, e conosce un uomo orribile. «Stella è un gatto randagio. Puoi ritrovarla a dormire sui tetti o in un cassonetto. Incontra lui, che le ricorda un padre mai avuto, e le propone di partorire figli e venderli a quelle famiglie esasperate dalle adozioni

«HO UN SENSO DI COLPA: NON CAPISCO PERCHÉ, TRA TANTE CHE LO DESIDERAVA­NO ED ERANO PIÙ PREPARATE, SONO STATA PRESA PROPRIO IO»

impossibil­i. Ma la protagonis­ta vera è Micaela Ramazzotti». Le piace? «Con me è stata materna. Devo averle trasmesso tenerezza». Che sentimento è la tenerezza? «Qualcosa di completame­nte bianco e chiaro. Arriva subito, in maniera lampante. Dalle persone pure, genuine, senza secondi fini. Non puoi sforzarti di averla se non ce l’hai». Lei dunque ce l’ha. «Nasco e cresco molto onesta. Non faccio finta di essere quello che non sono. E non sono affamata come chi per questo mestiere sacrifica anche se stesso». Questa estate stava girando con Domenico Diele Una vita spericolat­a di Marco Ponti quando lui ha travolto e ucciso con la sua auto una donna. Lo hanno arrestato per omicidio stradale. Sul set che è successo? «Quando l’abbiamo saputo non capivamo. Eravamo frastornat­i. Uno spaesament­o totale. Avevo sempre la sua faccia davanti, perché lui fino a ieri era lì con me, e pareva impossibil­e. Poi realizzi che quello che è accaduto in quel buio – l’incidente, il dolore – è stato grave, irreparabi­le. Ma che tu in questa storia qualcosa di buono puoi fare: andare avanti al meglio, dedicando ogni scena alla vita, a un senso più profondo. Questa sensazione è rimasta, ciak dopo ciak. E chi vedrà il film se ne accorgerà». La sua carriera prevede pure i red carpet. «Tocca imparare a farli bene. Se sei timida, il tuo sorriso non renderà. Se ti senti un cesso, incasserai il collo tra le spalle, e lo sarai anche lì. E di conseguenz­a in tutte le foto che usciranno». Il prossimo è al Lido. «Mi devo immaginare splendida in quel vestito. Sfidare i flash con un: “Eccomi, sono qua, vestita e truccata come una Dea a Carnevale”. Ma con aria tranquilla ed eleganza. Alla Natalie Portman». La scorsa edizione proprio la Portman si presentò incinta. Lei vuole figli? «Da sempre sogno di essere una madre giovane. Ma tra il dire e il fare c’è un abisso. E ci vuole l’uomo giusto». Lei ha Andrea Arcangeli, attore anche lui. E non lo nasconde. «L’ho conosciuto un anno e mezzo fa al cinema Nuovo Sacher di Roma. Ero nel pieno di uno dei miei consueti periodi bui, da semaforo rosso, o sfracello contro il muro. Però a fine proiezione qualcuno mi ha detto che c’era lui, in sala. Ero con amici, ho fatto finta di dimenticar­mi una bottigliet­ta d’acqua dentro per capire se fosse vero. Lo era, e ho rischiato di far sfumare tutto subito». Perché? «Ci incontriam­o sulle scale. Ci salutiamo. E io riesco nei primi cinque minuti della nostra conversazi­one a usare la parola “termoregol­azione”». A che proposito, perdoni? «Indossavo un giacchino, ma in quell’androne non c’era freddo. “Non hai caldo?”, mi chiede lui. Imbarazzo. “No, no. Ma sai, io non faccio testo. Ho una strana termoregol­azione”». Confessiam­ocelo: rimanere era già una prova d’amore. «Ma io non ero pronta, e sono scomparsa. Dovrà passare un anno. Una sera tornavo abbastanza alterata dal compleanno di un amico, e mi sentivo in vena di fare il grande passo. Gli ho mandato un messaggio – che era giusto gli scrivessi io – chiedendog­li dove fosse. Eravamo a un passo. Ci vediamo a Trastevere. Da lì, eccoci qui. Ma a proposito di figli… sa una cosa?». Dica. «C’è un dato di realtà bizzarro, che mi è venuto in mente l’altro giorno. Il mio bambino avrà i nonni separati perché i miei genitori lo sono, e da che io li ricordi». Ma potrà star serena che non si sentirà un caso unico. «Vero. Ma è qualcosa che mi sorprende, se lo immagino. Per tutti quelli della mia età, i nonni, almeno loro, sono un’entità unica, ferma e romantica. Un padre e una madre ormai sì, ma i nonni chi se li immagina in due case diverse?».

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DEBUTTO SPRINT Sopra, Matilda in Una famiglia di Sebastiano Riso. A sinistra, con Stefano Accorsi, 46 anni, in Veloce come il vento.
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