LEIA PER SEMPRE
A un anno dalla sua morte, esce il diario che CARRIE FISHER tenne sul set di Guerre stellari. Dove l’attrice, giovanissima, documentò anche il proprio amore (disperato) per Harrison Ford
Pensava di saperla lunga su tante cose, Carrie Fisher. Sulla fama, perché era figlia di una star di Hollywood come Debbie Reynolds e del cantante Eddie Fisher. E, per questo, fin da piccola era stata fotografata. Non solo. Quando suo padre lasciò Debbie per mettersi con Elizabeth Taylor, sex symbol dell’epoca, la vita di Carrie fu investita da un tornado, «per farvi capire, mia madre era Jennifer Aniston a cui Angelina Jolie aveva strappato il marito», così spiegava il momento biografico ai più giovani, in uno dei suoi one-woman-show. Ma nemmeno questo la preparò alla fama di Guerre stellari, nato come «un piccolo film di fantascienza diretto da un ragazzo con la barba» e diventato il fenomeno che conosciamo. Pensava di saperla lunga sull’amore, Carrie Fisher, a 19 anni. (Non ne siamo convinti tutti, in fondo?). Sul set di Guerre stellari ebbe un flirt con Harrison Ford, 14 anni più vecchio di lei. All’epoca, era il 1977, tenne un diario, che ritrovò molto tempo dopo e che, circa un anno fa, poche settimane prima di morire, ha pubblicato in un libro che contiene parte di quei pensieri insieme alle riflessioni di Carrie adulta mentre osserva la ragazza che è stata, con simpatia e tenerezza. Ci si stringe il cuore a leggere I diari della principessa per mille ragioni (in Italia, il libro uscirà il 14 settembre per Fabbri Editori). Intanto, perché Carrie Fisher, attrice, regista, scrittrice, ex tossica, malata bipolare, una che ha fatto della propria vita materiale artistico in cui ci si può immedesimare senza essere nessuna delle cose sopra citate, se n’è andata a 60 anni appena compiuti, nel dicembre scorso, seguita in meno di ventiquattro ore dalla madre Debbie Reynolds. E poi perché quando uscirà il prossimo episodio, Star Wars - Gli ultimi Jedi (a metà dicembre), la rivedremo al cinema nei panni della principessa Leia, ma sarà come incontrare un fantasma digitalizzato. Infine perché non c’è nulla di più triste dello spettacolo di una donna innamorata di uno che non se la fila per niente. Anzi, qualcosa di peggio c’è: lo spettacolo di una donna innamorata di un uomo che non se la fila per niente ma continua a portarsela a letto.
Non ha nulla di romantico, se non agli occhi della giovane Carrie, questo flirt tra compagni di set. Iniziò così. Una sera, a Londra, è il compleanno del regista George Lucas, tutti sono invitati a
una festa. Carrie si ritrova a essere l’unica ragazza in una stanza, circondata da uomini della troupe che stanno bevendo come non ci fosse un domani. Inizia a bere anche lei, è la prima volta che ci dà dentro con tanta forza. I maschi cominciano a fare gli spiritosi, un po’ troppo. All’improvviso nella stanza entra Harrison Ford, il protagonista del film. Come gli eroi senza macchia e senza paura che ha spesso interpretato sullo schermo, porta in salvo la piccola Carrie sbronza. In taxi, però, le mette le mani addosso. Lei ci sta, del resto non aspettava altro. Come scrive nel libro: «Dio, era così bello. No. No, di più. Sembrava che avrebbe potuto guidare la carica in battaglia, conquistare la collina, vincere il duello, comandare un mondo privo di glutine, tutto senza fatica. (…) Come si poteva chiedere a un tale sfolgorante modello d’uomo di accontentarsi di una come me? No! Non ditelo. Il fatto è che gli bastai. Anche se durò poco». Alla luce di queste rivelazioni, la scena di Guerre stellari in cui la principessa Leia dice ad Han Solo «Ti amo» e lui le risponde, cinico, quel famoso «Lo so» prende un gusto ancora più amaro. Harrison e Carrie si vedevano nel weekend, chiusi in una stanza d’albergo. Durante la settimana, sul set, si ignoravano. Ai tempi Ford era sposato con la prima moglie, Mary Marquardt, rimasta negli Stati Uniti con i loro due figli. Come capita a molte «altre», Carrie si disperò, si illuse, si rassegnò. Il segreto è rimasto tale per 40 anni, rivelato solo, appunto, da questo libro. Prima di pubblicarlo, l’autrice ne parlò a Ford. La sua prima reazione fu: «Un avvocato, subito!». Allora Carrie gli inviò una copia del libro, in anteprima. Lui non ha mai risposto e lei ha preso quel silenzio come un assenso. Ma sì, che male possono fare quei vecchi ricordi, tanto più che Harrison Ford divorziò esattamente due anni dopo, nel 1979, dalla moglie Mary.
Fa male, piuttosto, leggere quanto fosse debole e sofferente Carrie: una ragazza ossessionata da questo amore non corrisposto. Più lui è distante e freddo, più lei si colpevolizza, non sentendosi all’altezza. Si rende patetica, pagina dopo pagina, mentre racconta i goffi tentativi di attirare la sua attenzione. Leggendo il libro, ho continuato a domandarmi perché una donna intelligente e di talento come Carrie Fisher abbia voluto rivangare questo episodio così umiliante. E perché, avendo già raccontato molto della sua vita nel memoir Cartoline dall’inferno (1987) e in altri libri, abbia voluto ancora buttarsi in pasto al pubblico che, negli anni, ha divorato il mito della principessa Leia e la celebrità disturbata, con la morbosa ingordigia di chi si ferma a guardare un incidente stradale. Forse la risposta sta in due righe a pagina 189 dei Diari della principessa: «Voglio che tutti – e intendo proprio tutti – sappiate che non sono sempre stata quella donna sovrappeso e senza contegno (…). Un tempo ero una gran sventola, a malapena consapevole di esistere».
«DIO, HARRISON FORD ERA COSÌ BELLO. COME SI POTEVA CHIEDERGLI DI ACCONTENTARSI DI UNA COME ME? IL FATTO È CHE GLI BASTAI. ANCHE SE DURÒ POCO»