PER METÀ SONO NERA»
«FORSE LA GENTE NON VUOLE ACCETTARE IL FATTO CHE
Halsey ha un’idea. O meglio: è letteralmente piena di idee, perché è uno di quei giorni in cui l’artista, Ashley Frangipane all’anagrafe, è stata poco carinamente definita «eccessiva». E visto che questa è la parte della storia che spesso la irrita, forse è meglio levarsi subito il pensiero: Halsey soffre di un disturbo bipolare. Non si pente di avere reso pubblica l’informazione due anni fa su una rivista, anche se di lì in avanti ha continuato a essere additata come qualcuno che lei stessa ha dichiarato di essere. Non ci sono colpi di scena. Halsey è un libro aperto. In questo momento, in un ventoso pomeriggio a Los Angeles, è nel cortile di casa di un filmmaker attivista, impegnata a girare uno spot di sensibilizzazione sociale. Hopeless Fountain Kingdom è la sua prima produzione importante dopo l’incredibile successo di Closer, la canzone dei Chainsmokers a cui Halsey ha prestato la voce in qualche strofa (e anche un po’ di virilità). Ma nei successivi pochi minuti sarà completamente presa da una cosa che con la musica c’entra assai poco: Planned Parenthood (la sigla che negli Stati Uniti riunisce le organizzazioni che si battono per la legislazione abortista e l’educazione sessuale, ndr). A gennaio ha donato 100 mila dollari all’organizzazione non profit e di recente ha preso la parola dopo Hillary Clinton alla cena di gala per il centenario di Planned Parenthood. «Prendi un musicista maschio», dice. «Prendi Nick Jonas, fallo sedere davanti a una telecamera e fagli dire dove si trovano gli organi riproduttivi delle donne. Devono imparare a non stare sempre sulla difensiva: Planned Parenthood non è una guerra». I pensieri le vengono fuori rapidissimi; da bambina provava a spiegare a insegnanti frustrati: «Il mio cervello è come il gobbo in Tv e se non parlo abbastanza in fretta le parole scompaiono». «Voglio entrare in politica», afferma subito dopo, rinvigorita. Si lancia in una discussione sulla salute delle donne, e in ultimo in una conversazione sulla sua stessa battaglia contro l’endometriosi, una malattia cronica che consiste in forti dolori pelvici e che dice potrebbe averle causato un aborto spontaneo a vent’anni, appena poche ore prima di un concerto. Addolorata, quella sera ha comunque cantato, una scelta che oggi attribuisce alla forte commozione. «Un tizio che lavorava per la mia etichetta mi ha detto: “Questo dolore dovrai tirarlo fuori, Ashley”», ricorda. Stringe i denti. «E non ha idea di quanto ne ho tirato fuori». Andiamo a cena in un ristorante all’aperto che serve comfort food. Davanti a una ciotola di cereali e una zuppa di noodle con pollo, spiega che Hopeless Fountain Kingdom è un album nato dalla fine di una relazione, in parte ispirato a tutti i piccoli cambiamenti fatti in funzione di un partner, tipo mangiare sempre cibo indiano perché è il suo preferito. Ma parla anche di cose importanti. Prima di un intervento chirurgico, a gennaio, l’endometriosi di Halsey era anche più debilitante. «Ci sono stati almeno sei mesi in cui non potevo fare sesso», racconta. «È difficile se hai una relazione. Ti fa sentire molto meno donna perché combatti con quella parte di te che dovresti abbracciare. E così eccomi, sono una specie di sex symbol internazionale, salgo sul palco con questi abitini minuscoli, e mi sento inutile, stupida, brutta e volgare». Ma forse l’ostacolo più grosso di tutti era che l’ex in questione è il rapper e producer norvegese Lido, produttore esecutivo dell’album di esordio del 2015 di Halsey, Badlands. «La cosa ha sicuramente contribuito a rendermi dipendente da lui. Al punto che ero lì a chiedermi, qual è il mio sound? Riuscirò a fare un altro album senza di lui? Che cosa vuol dire essere Halsey?». A un certo punto, non molto tempo fa, ma prima che anagrammasse il proprio nome ispirandosi a una fermata della metropolitana di Brooklyn, la diciottenne Ashley Frangipane aveva un Tumblr su cui postava parodie delle canzoni di Taylor Swift e scherzava con l’idea del regno della fontana senza speranza, l’Hopeless Fountain Kingdom. Quando ha caricato la sua prima vera canzone, Ghost, su SoundCloud, l’ha ascoltata gente a sufficienza da mandarla in classifica, e nel giro di 24 ore alcune major si sono mostrate interessate. All’epoca Halsey dormiva sui divani di altra gente e di tanto in tanto passava qualche notte nei rifugi per i senzatetto in giro per New York, facendo qualche set acustico qua e là. Dopo avere firmato con l’Astralwerks, Halsey ha dovuto infine chiamare i genitori, con cui non parlava da 18 mesi. Ricorda perfettamente la conversazione: «Mia mamma mi ha detto tipo: “Dove andrai?”. “In California”. “Perché?”. “Perché ho un contratto discografico”. E lei: “Aspetta un attimo. Chris, è tua figlia. Sì, dice che ha un contratto discografico!”». Suo padre ha subito preso un aereo per Los Angeles e, con grande sorpresa, ha visto con i suoi occhi i fan che cantavano i testi della figlia a squarciagola in apertura del concerto dei Kooks. Halsey è sempre stata una belva da palcoscenico: nel video di una delle sue prime performance, è accovacciata sul palco, sembra Regan nell’Esorcista, ha una camicia da notte bianca, i capelli blu elettrico che le piovono sulle spalle, mentre si tocca con gentilezza. E la sua intensità arriva ai fan. Badlands è stato disco di platino pur non avendo una vera e propria hit radiofonica. Laddove Badlands era viscerale, Hopeless Fountain Kingdom è un lavoro più maturo. Per la prima volta è stata produttore esecutivo di se stessa e ha lavorato soprattutto con gente che non era Lido. «Fare musica insieme a Lido è l’unico modo in cui riusciamo a comunicare senza litigare», dice. Dopo una lite si sono presentati alla Capitol Records di Los Angeles senza preavviso, e Lido si è seduto al piano a coda di Nat King Cole, mentre Halsey cacciava fuori le parole: «I gave you the messiest head / You give me the messiest head / Oh, you’re turning red / ’Cause I’m tryna’ give the impression that I get the
«PER VIA DELL’ENDOMETRIOSI, HO PASSATO SEI MESI SENZA POTER FARE SESSO. È DURA SE HAI UNA RELAZIONE: TI FA SENTIRE MOLTO MENO DONNA»
message you wish I was dead» («Con il sesso orale sono stata parecchio incasinata / Con il sesso orale sei stato parecchio incasinato / Oh, stai arrossendo / Perché sto cercando di fare capire di avere ricevuto il messaggio che vorresti fossi morta»). Emotivamente è la pietra focaia dell’album, ma c’è anche un elemento concettuale. Con la relazione praticamente alle ortiche, Halsey si è messa a guardare in modo ossessivo il film di Baz Luhrmann del 1996 Romeo + Juliet e a ritrovarsi nell’idea del perdere se stessi per un altro. Ha organizzato una colazione con il regista australiano allo Chateau Marmont per parlarne e lui l’ha incoraggiata a dare la sua interpretazione della tragedia di Shakespeare, che appare nell’album come uno strato in Technicolor. «Così ci sono questi due ragazzini nel mondo sotterraneo», si mette a raccontare. «Sono nati sotto una profezia. E al centro della città c’è una fontana con dentro due pesci: due carpe koi. Nuotano l’una intorno all’altra, e la profezia dice che nell’attimo in cui riusciranno a prendersi, il vero amore potrà finalmente esistere. Ma non riescono mai a prendersi, per cui si chiama la fontana senza speranza. Ed ecco che nascono Luna e Solis, la luna e il sole, e si crede che riusciranno a realizzare la profezia. Ma le famiglie decidono di tenerli separati perché sarebbe troppo complicato da gestire per il regno». Da qui si intravede l’occhio del ciclone creativo di Halsey. «Se una persona normale riesce a pensare mediamente cinque cose insieme, una bipolare riesce a pensarne una cinquantina. Il dono è una maledizione». Halsey prevede di co-dirigere tutti i prossimi video in omaggio dichiarato alla visione di Luhrmann, ma invertendo i generi: la Luna di Halsey predilige gli abiti hawaiani del Romeo di Leonardo DiCaprio, e la sua Rosalind appare in Strangers, canzone ispirata agli anni ’80 e dichiaratamente gay. «L’etichetta aveva proposto: “E se chiamassimo Katy Perry?”. E io: “Non metto altri artisti in questa canzone a meno che non siano al cento per cento gay”». Sia Lauren Jauregui, che appare nel videoclip, sia Halsey sono bisessuali. «Nel video non ci saremo io e Lauren mezze nude a letto che scopiamo, che è esattamente quello che tutti vorrebbero». Halsey dice «tutti» in modo un po’ arbitrario. In realtà sta parlando dei suoi hater. «Tutti mi odiano comunque, almeno gli do una ragione per farlo», aveva detto prima, quando le avevo chiesto della sua politica della sincerità, che lei chiama il suo «io che si specchia». «Devo ricordarmi che Internet non è una cassa di risonanza di quel che valgo». Ma alcune critiche le entrano sottopelle più di altre. Di recente è stata sentimentalmente legata a Machine Gun Kelly, alias Colson Baker, un rapper di Cleveland. Ma non tollera che la sua relazione, o un quasi bacio con Justin Bieber mentre cantavano The Feeling, possa essere usato per negare la sua identità sessuale. «Nella comunità Lgbtq la bisessualità viene parecchio rifiutata. Se esco con un uomo, resto comunque bisessuale». Venire trattata come una ciarlatana per Halsey è particolarmente offensivo, si sente a disagio anche per essere considerata bianca quando il padre è nero. «Da piccola, se qualcuno vedeva me e mio padre entrare nel parcheggio dell’alimentari, le donne venivano da noi e dicevano cose tipo: “Tesoro, tutto bene?”. Perché vedevano una bambinetta bianca che camminava con un uomo nero». Ha due fratelli più giovani e dalla pelle nera. Ed è per questo che ogni tanto si trattiene dal correggere chi tira fuori la questione del privilegio dell’essere bianca. «Forse la gente non vuole accettare che per metà sono nera, o forse non mi accettano perché sono io, e la seconda è pure peggio». Hopeless Fountain Kingdom ha esordito al primo posto della classifica dei migliori 200 album di Billboard. Ma Halsey è in quello strano crocevia della celebrità, con una nuova casa che dopo tre mesi è ancora senza mobili, e con in carico quasi tutta la sua famiglia, che si è trasferita da poco a Los Angeles dopo il divorzio dei genitori. Nei tre anni passati qui ha cercato di fare amicizia, spendendo una fortuna in gite di gruppo a Disneyland e simili, ma tutti la ignorano. «Chiedo cose tipo: “Come sta tua mamma? Hai trovato casa? E loro mi rispondono senza chiedermi nulla. E che cazzo, qualcuno mi parli per favore». L’isolamento in passato l’ha portata in posti tenebrosi. Al liceo ha cercato di suicidarsi e da allora è stata ricoverata più volte. «La gente vuole qualcuno nella scena culturale che rappresenti la malattia mentale, ma vogliono che quel qualcuno si comporti bene». Pensa che il tour nelle arene in arrivo la aiuterà nel recupero psichico, se così vogliamo chiamarlo. «Esibirmi dal vivo è la cosa che amo di più al mondo», dice. «Quando non sono in tour sono depressa da fare schifo. Non riesco a fare nulla. È una cosa fisica, perché è serotonina, adrenalina e dopamina. In tour sento che valgo. Come se mi stia prendendo cura di quelle persone e loro si stiano prendendo cura di me». Sorride. «Diventi anche esageratamente arrogante. È come essere un predicatore o un dittatore o chessò io». Una settimana dopo, quando sale sul palco per uno showcase di Vevo, Halsey sembrerebbe risorta. È senza freni. «Lo so che la gente trova che la mia sicurezza sia dettata dalla rabbia o dall’arroganza, ma la verità è che quando lavoravo all’album ero tremendamente vulnerabile e insicura. Scrivere mi ha aiutata a imparare ad amarmi». C’è un’esplosione di urla e applausi. «Se c’è una cosa che ho imparato», continua, «è che la felicità non è una meta. È una battaglia in corso. Così sono sicura, e potete pure chiamarla arroganza, ma c’ho messo un mucchio di tempo per arrivare fino qui, per cui ho intenzione di restarci».