L’ORA DELLO SCIOPERO
I docenti universitari si fermano e i «prof» lanciano petizioni online. Ma alla SCUOLA non servono solo soldi: come ci spiegano i best teacher italiani
Lo sciopero dei professori universitari, che fanno saltare gli esami della sessione autunnale per denunciare il blocco degli scatti di stipendio, fermi al 2011, è partito il 28 agosto. Ma anche gli insegnanti di elementari, medie e superiori, alla ripartenza il 12 settembre, hanno la busta paga congelata (da 9 anni) e sono state avviate diverse mobilitazioni online per il rinnovo del contratto: su change.org, per esempio, una petizione chiede l’adeguamento dei compensi agli standard europei (a destra). È questo dunque il nodo? Alcuni dei nostri best teacher, premiati la scorsa primavera dal Miur, confermano che i compensi magri sono un problema. Ma non l’unico.
Stipendi bassi e bonus inutili
Antonio Silvagni, insegnante di italiano e latino al Da Vinci di Arzignano (Vicenza), è tra i dieci prof d’Italia a essersi aggiudicato l’Italian Teacher Prize del ministero: «Bloccarci gli stipendi vuol dire che il nostro lavoro conta poco. Senza parlare del nostro ruolo sociale, a picco», commenta. Paola Limone, maestra di Grugliasco, Torino: «Non servono bonus una tantum, ma compensi equi», dice.
Spazi e personale ridotto
Anche Dario Gasparo, docente alla media Valmaura di Trieste, è tra i dieci best teacher: investirà parte dei 30 mila euro del suo premio «in una bella classe all’aperto per la mia scuola: dobbiamo mettere i ragazzi nella condizione di apprendere al meglio. Chi di noi ascolterebbe per 6 ore di fila nozioni su una sedia di legno?». Si cita sempre il modello finlandese, con banchi circolari e lezioni a gruppi: «Ma se siamo stipati in aule piccole con 25-28 alunni come facciamo a realizzarlo?», si domanda Paola Limone. «La scuola dovrebbe aprirsi al mondo. Invece se decido, come ho fatto, di portare i miei alunni in Slovenia per due giorni di gita, ci vado a titolo volontario, perché non sono retribuito per tutte le ore», nota Gasparo. «E solo, poiché nessun altro collega può lasciare il plesso essendo l’organico all’osso».
Innovazione fai da te
«La classica lezione frontale? Tempo un minuto e nessuno ascolta più», dice David Del Carlo, docente di lettere al Lorenzini di Pescia (Pistoia) e prof 2.0 con canale YouTube. In classe va usata la Rete per insegnare a imparare, non per dare nozioni che un teenager scova su Google». A scuola sono diffuse le LIM, le lavagne multimediali: «Sì, ma abbiamo anche istituti, specie al Sud, senza connessione Internet», precisa Mariella Petrini, prof a Treviso.
Presidi con il dono dell’ubiquitˆ
La sensazione è che molto sia lasciato all’iniziativa individuale. Comprese le 50 ore di formazione obbligatoria in 3 anni, la cui effettiva efficacia è in discussione (corsi inutili, valutazione inesistente, scarsi controlli). «Per risparmiare briciole su segreteria e personale le scuole sono state accorpate in istituti a volte con un solo preside su 7 sedi», conclude Limone. «Come può seguire tutto? Sono elefanti burocratici guidati da passacarte».