Vanity Fair (Italy)

L’ORA DELLO SCIOPERO

I docenti universita­ri si fermano e i «prof» lanciano petizioni online. Ma alla SCUOLA non servono solo soldi: come ci spiegano i best teacher italiani

- di FRANCESCA AMƒ

Lo sciopero dei professori universita­ri, che fanno saltare gli esami della sessione autunnale per denunciare il blocco degli scatti di stipendio, fermi al 2011, è partito il 28 agosto. Ma anche gli insegnanti di elementari, medie e superiori, alla ripartenza il 12 settembre, hanno la busta paga congelata (da 9 anni) e sono state avviate diverse mobilitazi­oni online per il rinnovo del contratto: su change.org, per esempio, una petizione chiede l’adeguament­o dei compensi agli standard europei (a destra). È questo dunque il nodo? Alcuni dei nostri best teacher, premiati la scorsa primavera dal Miur, confermano che i compensi magri sono un problema. Ma non l’unico.

Stipendi bassi e bonus inutili

Antonio Silvagni, insegnante di italiano e latino al Da Vinci di Arzignano (Vicenza), è tra i dieci prof d’Italia a essersi aggiudicat­o l’Italian Teacher Prize del ministero: «Bloccarci gli stipendi vuol dire che il nostro lavoro conta poco. Senza parlare del nostro ruolo sociale, a picco», commenta. Paola Limone, maestra di Grugliasco, Torino: «Non servono bonus una tantum, ma compensi equi», dice.

Spazi e personale ridotto

Anche Dario Gasparo, docente alla media Valmaura di Trieste, è tra i dieci best teacher: investirà parte dei 30 mila euro del suo premio «in una bella classe all’aperto per la mia scuola: dobbiamo mettere i ragazzi nella condizione di apprendere al meglio. Chi di noi ascoltereb­be per 6 ore di fila nozioni su una sedia di legno?». Si cita sempre il modello finlandese, con banchi circolari e lezioni a gruppi: «Ma se siamo stipati in aule piccole con 25-28 alunni come facciamo a realizzarl­o?», si domanda Paola Limone. «La scuola dovrebbe aprirsi al mondo. Invece se decido, come ho fatto, di portare i miei alunni in Slovenia per due giorni di gita, ci vado a titolo volontario, perché non sono retribuito per tutte le ore», nota Gasparo. «E solo, poiché nessun altro collega può lasciare il plesso essendo l’organico all’osso».

Innovazion­e fai da te

«La classica lezione frontale? Tempo un minuto e nessuno ascolta più», dice David Del Carlo, docente di lettere al Lorenzini di Pescia (Pistoia) e prof 2.0 con canale YouTube. In classe va usata la Rete per insegnare a imparare, non per dare nozioni che un teenager scova su Google». A scuola sono diffuse le LIM, le lavagne multimedia­li: «Sì, ma abbiamo anche istituti, specie al Sud, senza connession­e Internet», precisa Mariella Petrini, prof a Treviso.

Presidi con il dono dell’ubiquitˆ

La sensazione è che molto sia lasciato all’iniziativa individual­e. Comprese le 50 ore di formazione obbligator­ia in 3 anni, la cui effettiva efficacia è in discussion­e (corsi inutili, valutazion­e inesistent­e, scarsi controlli). «Per risparmiar­e briciole su segreteria e personale le scuole sono state accorpate in istituti a volte con un solo preside su 7 sedi», conclude Limone. «Come può seguire tutto? Sono elefanti burocratic­i guidati da passacarte».

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