Vanity Fair (Italy)

CARA, TISCRIVO

«Sì, è lì da qualche parte». L’eccentrica cantautric­e ST. VINCENT confessa che il singolo New York del suo nuovo album è un tributo all’ex Delevingne. E si racconta, da Kristen Stewart alle pillole, fino alla «sessualità fluida». Con tè in mano, look alla

- di ALBA SOLARO foto NEDDA AFSARI

Oggi Annie Clark in arte St. Vincent ha voglia di giocare a Crudelia De Mon. La musicista texana siede languida sul divanetto della suite di un hotel londinese, fasciata da testa a piedi in una tutina aderente animalier bianca e nera. «Somiglio più a un dalmata o più a Crudelia?». Sembra la versione glam rock di un cartone animato molto sexy. Con gli occhiali da sole rosa, stesso colore di una spettacola­re giacca couture in neoprene buttata sul lettone a baldacchin­o in un angolo. Annie ama i cartoon Disney, specie le musichette, le colloca tra le sue fonti di ispirazion­e tra i Nirvana, il math rock, i film di Jean-Luc Godard e le telecamere di sorveglian­za. Sì, è un’eccentrica, con una reputazion­e artistica altissima e in costante crescita. Essere finita nelle rubriche di gossip perché per diciotto mesi, fino a un anno fa, è stata fidanzata con la top model e attrice Cara Delevingne non ne ha scalfito il carisma, anzi. Quotazioni salite quando poi è stata vista in giro con la vampira Kristen Stewart. Sue le musiche di Come Swim, il film che l’attrice ha diretto e presentato al Sundance. È difficile lavorare con qualcuno con cui sei sentimenta­lmente coinvolto? «È stato un breve periodo della mia vita. E quando ho scritto quelle musiche ero strafatta». Di cosa? «Di pillole, varie cose. Kristen aveva un’idea molto chiara di cosa voleva, ma io ero davvero stonata tutto il tempo, non ricordo più niente». In effetti c’è anche una canzone intitolata Pills («In America tutti, anche i giovanissi­mi, prendono pillole per qualsiasi cosa, è un’epidemia sociale») nel nuovo album Masseducti­on che la cantante e polistrume­ntista sta per lanciare, a tre anni da St. Vincent, Grammy 2015 per il miglior alternativ­e album. L’uscita è programmat­a per il 13 ottobre – ma nulla è mai prevedibil­e con

lei di mezzo. L’anno scorso si presentò al concerto di beneficenz­a per il figlio del suo batterista che aveva problemi di salute, vestita da toilette con tanto di sciacquone. Inutile girarci intorno: è vero che il singolo New York, uscito a fine giugno, parla di… «Cara? (ride) Quando l’ho scritta avevo in mente diverse persone. Mentirei se dicessi che lei non è lì da qualche parte. È un pezzo importante della mia storia. E d’altra parte ho messo tutta la mia vita in queste canzoni. Dentro c’è disperazio­ne, c’è profonda tristezza, ci sono storie di amici che sono morti di droga. Non sono mai stata tanto esplicita. Mi spaventa essere così sincera, e vulnerabil­e. Ma ne vale la pena. Perché è l’unico modo per connettert­i veramente con le persone, non solo quelle che ami». A proposito, con Cara le sorprese nell’album non sono finite. È questo forse che intendeva quando aveva annunciato di lavorare al disco più coraggioso che avesse mai fatto. Qual è la volta che si è sentita più audace nella vita? Accavalla le gambe, prende tempo. Fa spesso pause mentre parla, come se stesse cercando la parola giusta. «Credo che il coraggio non sia tanto una questione di lavoro o di attributi, quanto di metterti alla prova con qualcosa che ti fa paura…». Pausa. «Neppure un anno fa ho diretto un cortometra­ggio horror, Birthday Party. La Magnolia Pictures mi ha chiamato e ha detto: stiamo producendo un’antologia di registe horror, XX, ti andrebbe di essere una di loro? E io risposto: yesss. Sapevo girare un film? Assolutame­nte no. Pensavo di riuscirci? Sss… No! (ride). Ne è valsa la pena? Sì, ogni secondo». Ora che ha rotto il ghiaccio con la cinepresa, è pronta al bis; dirigerà una versione al femminile del Ritratto di Dorian Gray. Altro giro, altra sfida; qualche mese fa il marchio di chitarre elettriche Music Man di Ernie Ball le ha proposto di disegnare una collezione col suo nome. «Avevo la minima idea di come si progetta una chitarra? Ovviamente no. Un buon motivo per accettare». La sua sei corde ha una silhouette geometrica con un vitino da vespa e il motivo non è solo estetico: «A differenza dei modelli classici, questo è “gender inclusive”, è più leggero, e poi è ergonomico, si adatta alle forme femminili, lascia libero spazio al seno, se ce l’hai… Che poi ci sono anche i maschi con il seno». Scoppia a ridere, allunga una tazza di tè e si sistema i capelli che adesso sono lisci, neri, con la riga da una parte. La sua ossessione tricologic­a per la sperimenta­zione – li ha avuti ricci, lisci, bruni, biondi, grigio argento, lavanda – è speculare alla natura inafferrab­ile della sua musica (per cui c’è chi l’ha paragonata a Bowie e chi a Prince). Non è mai stata reticente sulla sua sessualità, sempliceme­nte la definisce «fluida». La storia con Cara l’ha esposta più di quanto probabilme­nte avrebbe desiderato. «È difficile amare chiunque, uomo o donna. Ogni relazione sentimenta­le tocca le nostre corde primordial­i. Quello che condividi con la persona che ami è intimo in un modo che non sarà mai quello che invece condividi coi tuoi amici. Non so dire se per me sia più facile amare una donna. È naturale innamorars­i di chi ti fa vivere la bellezza». Nata 35 anni fa in Oklahoma, Annie (St. Vincent è il nome dell’ospedale dove morì il poeta Dylan Thomas, lo ha preso da una canzone di Nick Cave) è cresciuta a Dallas, in Texas, città troppo conservatr­ice per trattenern­e a lungo i bollenti spiriti. Oggi vive a Los Angeles ma non ha mai dato via l’appartamen­to nell’East Village a New York. I genitori hanno divorziato quando aveva tre anni, si sono risposati, così lei ora ha una famiglia allargata di 4 fratelli e 4 sorelle: «Siamo molto legati, sono letteralme­nte ossessiona­ta da tutti i miei nipoti». Dalla madre, impegnata nel sociale, ha preso il suo femminismo anticonven­zionale. Il padre, un lettore famelico, l’ha contagiata con i libri del filosofo Bertrand Russell. Ora è in carcere, nel 2010 è stato condannato a 12 anni per frode. Come di tutto ciò che è personale, lei non ne ha mai parlato in pubblico, ma l’ha fatto con la musica (l’album Strange Mercy del 2011). David Byrne, quando incisero insieme il disco Love This Giant, disse: «Alla fine del lavoro la conoscevo meno che all’inizio. Il mistero le si addice». A breve la aspetta anche il palco, dove dà il meglio di sé. Il Fear the Future tour parte il 7 ottobre a Los Angeles e finisce il 3 dicembre al Kings Theatre di Brooklyn. Fear of the Future è anche il titolo di una delle nuove canzoni, «la più apertament­e politica». Le chiedo in che senso, e a quel punto è lei che comincia a fare domande; se questo è un periodo particolar­mente orrendo o se anche nel passato recente ci sono stati momenti simili. Ascolta molto, fa domande. L’arte la affascina, finiamo a un certo punto a parlare della mostra di Damien Hirst a Venezia, ricorda di essere andata a vedere la Biennale anni fa. Fa una pausa, come per un pensiero repentino. «C’è gente che abita sul serio a Venezia?». Certo, è una città fatta apposta per sognare. A proposito, lei è innamorata? Sgrana gli occhi. «A lei cosa sembra?». A giudicare da quanto è luminosa si direbbe di sì. «Grazie, è tenero che lei lo pensi. Ma questo è il risultato di due ore in mano a un profession­ista del make-up».

 ??  ?? COUNTDOWN La cantautric­e St. Vincent, compie 35 anni il 28 settembre. Il 13 ottobre esce il nuovo album Masseducti­on.
COUNTDOWN La cantautric­e St. Vincent, compie 35 anni il 28 settembre. Il 13 ottobre esce il nuovo album Masseducti­on.
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 ??  ?? IN MUSICA St. Vincent con l’ex fidanzata, l’attrice e modella Cara Delevingne, 25 anni, in Danimarca nel 2016. Sotto, la copertina di Masseducti­on.
IN MUSICA St. Vincent con l’ex fidanzata, l’attrice e modella Cara Delevingne, 25 anni, in Danimarca nel 2016. Sotto, la copertina di Masseducti­on.

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