Vanity Fair (Italy)

LA RUSSIA IN BALLO A LONDRA

La ormai ex moglie di Roman Abramovič è solo una dei tanti multimilio­nari che si sono trasferiti sul Tamigi. Perché per gli OLIGARCHI RUSSI è quella la loro nuova casa (o meglio: palazzo)

- di JULIA LLEWELLYN SMITH foto GUEORGUI PINKHASSOV

équasi mezzanotte e sui ponti degli yacht ormeggiati a Positano, ai tavoli delle ville sulle colline toscane, e sui sedili posteriori delle limousine che trasportan­o i nottambuli nei locali di Ibiza, si parla – in russo – soltanto di una cosa: la separazion­e di Roman Abramovič, il proprietar­io miliardari­o del Chelsea, dalla sua terza moglie, Dasha Zhukova. Il re e la regina della cosiddetta «Londongrad», che hanno regnato dalla loro casa da 125 milioni di sterline affacciata sui giardini di Kensington Palace, non sono più una coppia. «La notizia è stata una vera sorpresa», dice una loro conoscente. «Da russa, mi dispiace non stiano più insieme, perché mentre Abramovič è molto “vecchia” Russia – nouveau riche, circondato da guardie del corpo, amico di Putin – Dasha rappresent­a un Paese di nuova generazion­e: vorrei che il mondo ne vedesse di più, di persone come lei». Eppure la reputazion­e dei russi – nella migliore delle ipotesi volgari arrivisti, nella peggiore banditi – persiste, e non senza motivo, dice il giornalist­a Peter York, che negli ultimi vent’anni li ha osservati sfrattare la upper class britannica da quelli che un tempo erano i suoi luoghi di ritrovo a Chelsea. I grandi patrimoni russi, afferma, spesso sono di dubbia provenienz­a. «È difficilis­simo avere molti soldi fuori dalla Russia, senza l’approvazio­ne della gente di Putin. Quando Putin ha iniziato a consolidar­e il suo potere, gli oligarchi o sono andati in esilio, o hanno lavorato con lui, o sono stati uccisi», spiega Misha Glenny, autore nel 2008 di McMafia. Droga, armi, esseri umani: viaggio attraverso il nuovo crimine organizzat­o globale (Mondadori), saggio che ha ispirato l’omonima serie Tv della Bbc, in onda l’anno prossimo. «Se volevi tenerti i tuoi soldi e mantenere relazioni di rispetto con Putin, Londra era il miglior posto dove andare». La ragione principale per cui i russi hanno scelto la Gran Bretagna era l’atteggiame­nto rilassato degli inglesi rispetto ai visti. Arrivati lì, anche i criminali più noti potevano essere certi che non sarebbero dovuti tornare in Russia: a oggi, ogni singola estradizio­ne richiesta dalla Russia per uomini d’affari ricercati è stata respinta per ragioni di asilo politico. La strategia del chiudere un occhio ha

NON CI SONO SCUOLE» «I MIEI FIGLI FREQUENTAN­O UN ISTITUTO PRIVATO A LONDRA? CERTO, A MILANO

gonfiato i prezzi delle case spingendo i londinesi sempre più lontano dal centro, ma ha anche aumentato gli affari di avvocati, contabili e banchieri al loro servizio, così come le opportunit­à di lavoro per autisti, tate, maggiordom­i, domestiche, arredatori, mercanti d’arte, fornitori di vino, restaurato­ri e venditori di jet privati e superyacht che hanno tratto profitto dalle spese folli dei nuovi arrivati. «I russi a Londra devono essere ricchi da fare schifo perché i visti hanno costi proibitivi», dice Glenny. «Un semplice visto per affari costa circa 950 sterline, prezzo in grado di dissuadere la maggior parte della gente dalla prospettiv­a di un viaggio, tanto più da quella di trasferirs­i». Il governo di John Major ha introdotto, negli anni Novanta, un sistema di visti che concedeva la residenza a stranieri che investivan­o 1 milione di sterline nel Paese, somma che nel 2014 è stata portata a 2 milioni. A Mosca i ricchi si conoscono tutti tra loro, e spesso si odiano: le famiglie di oligarchi sono prigionier­e di faide violente e sono disprezzat­e dalla gente, che le accusa di essersi appropriat­e del patrimonio del Paese. Londra, da questo punto di vista, è un posto molto più tranquillo. «La vita qui è più facile che in Russia: i figli dei super ricchi non hanno bisogno di guardie del corpo 24 ore su 24; possono vivere come la gente normale», dice Natasha Semyonova-Bateman, che vive a Londra dal 1992 e dirige un’agenzia che si occupa dei trasferime­nti dei suoi compatriot­i. «Qui la loro ricchezza non interessa a nessuno: se abiti in una via in cui sono tutti multimilio­nari, smetti di essere speciale. Per alcuni la cosa è un po’ destabiliz­zante, ma la maggior parte della gente ne è felice». Quantomeno all’inizio, i nuovi arrivati cercavano di tenere un profilo il più basso possibile. Vivevano dietro le cancellate e sono stati loro a lanciare la moda di piscine, cinema, piste da bowling e saloni di bellezza allestiti negli scantinati. Ma Semyonova-Bateman racconta che presto l’atteggiame­nto è cambiato: «I russi sono diventati molto più socievoli di quanto fossero a Mosca. Avevo un cliente che quando è arrivato era paranoico e viveva con le tende chiuse. Ma nel giro di quattro anni sua moglie ha aperto il giardino di casa ai visitatori per far ammirare le sue rose, come fanno gli inglesi». I nuovi arrivati continuano ad affollare le zone dei super ricchi, prediligen­do Knightsbri­dge, Belgravia, St John’s Wood e Hampstead, mentre gli amanti della campagna gravitano intorno a Eton o Ascot nel Berkshire, Cobham e Weybridge nel Surrey. «La gente sente parlare sempre dei soliti posti, per cui quando mi dicono: “Devo andare a vivere a Knightsbri­dge”, cerco di convincerl­i che ci sono altri posti dove prendere casa», racconta Semyonova-Bateman. «I genitori ci contattano perché vogliono la “scuola migliore”», dice Irina Shumovitch, che gestisce lo School Placement Service, società che si occupa dell’istruzione dei bambini russi in Gran Bretagna. «Spesso per “migliori” intendono solo Eton e Harrow». Le mete del loro shopping sono Harrods e le boutique su Bond Street; i ristoranti preferiti sono Nobu, Roka e Le Gavroche. I bar frequentat­i sono quelli degli alberghi Dorchester e Lanesborou­gh. La classe sociale che è stata privata delle proprie tradizioni aristocrat­iche dalla Rivoluzion­e del 1917, in estate accorre in massa a Henley, Ascot, alle partite di polo a Windsor e a quelle di tennis al Queen’s. «L’idea che i russi hanno di Londra è totalmente anacronist­ica, basata sulla mitica eleganza inglese di una volta, e molti inglesi opportunis­ti sfruttano la cosa, ricreando ridicoli balli delle debuttanti a cui partecipan­o le figlie», dice il giornalist­a Peter York. «A Mosca e San Pietroburg­o, se vuoi suscitare l’invidia degli altri, basta che tu dica che stai per trasferirt­i a Londra. È il modo di far capire che ce l’hai fatta», spiega Alina Blinova, che vive a Londra dal 2006, e ha un’agenzia di p.r. ed eventi. L’attrattiva principale sono le scuole private. «Tutti

LE FIGLIE DEI RUSSI» «MOLTI INGLESI RICREANO RIDICOLI BALLI DELLE DEBUTTANTI PER

in Russia sanno che l’educazione inglese è la migliore, anche perché pensano che permetterà ai loro figli di avere amicizie migliori e sviluppare una rete di relazioni che manterrann­o per tutta la vita». Goga Ashkenazi è una miliardari­a kazaka che ha fatto fortuna con il petrolio. È cresciuta a Mosca ma ha studiato a Oxford. Nel 2012 ha deciso di passare alla moda e ha comprato il marchio Vionnet, che ha sede a Milano, dove vive durante la settimana. I suoi due figli più piccoli vivono nella casa di lei a Holland Park, a West London, con la madre, una tata e un insegnante privato a testa, e frequentan­o una scuola privata londinese d’élite. Non potrebbero andare a scuola a Milano? «A Milano non ci sono scuole», mi ha detto Ashkenazi. Per alcuni genitori russi il sistema inglese, basato sul merito, è difficile da capire. Consulenti e segretari scolastici raccontano storie di genitori perplessi nell’apprendere che l’ammissione a Eton – oppure a Oxford e Cambridge – non può essere comprata, nemmeno con buste piene di banconote da 50 sterline. Scuole meno alla moda non sono però così pignole nelle ammissioni. «È noto che molti collegi di second’ordine sopravvivo­no grazie a efficaci campagne promoziona­li in Russia e Kazakistan», dice Irina Shumovitch, consulente scolastico. Una nuova ondata di giovani russi inizia oggi a frequentar­e le università. «Un tempo non ci voleva nessuno, ma oggi le università inglesi hanno aperto le porte e sono alla disperata ricerca di studenti stranieri», spiega Blinova. «La nuova generazion­e di russi – ragazzi che hanno viaggiato – è completame­nte diversa da quella dei loro genitori», continua. «Hanno una mentalità più aperta. Non capiscono il sessismo e il razzismo così presenti nella cultura della vecchia madrepatri­a. Per noi è facile lavorare ovunque, ma è difficile tornare in Russia. Stiamo a metà tra due Paesi e non appartenia­mo del tutto a nessuno dei due». Shumovitch vede un abisso tra i russi che hanno studiato in Inghilterr­a e i loro genitori. «Imparano la tolleranza, il rispetto degli altri, l’apertura. A volte i loro genitori mi dicono: “Non li capisco più”». Questa seconda generazion­e spesso è interessat­a a fare carriere creative che i loro pragmatici padri non si sono mai sognati. Ashkenazi voleva da sempre occuparsi di moda, ma i suoi hanno insistito perché lavorasse in banca. «Dicevano cose tipo: sei nata in un Paese comunista dove i soldi non erano importanti, adesso lo sono diventati. Ora li abbiamo, ma domani? Prima devi trovarti un lavoro normale, poi potrai assecondar­e la tua creatività». Oggi che ha fatto i miliardi, ci tiene che i suoi figli facciano come lei. «Nella vita ho conosciuto molti alti e bassi, ed è dura: i soldi sono importanti. Incoraggio in tutti i modi la creatività dei miei figli, ma voglio che siano in grado di mantenersi anche se – Dio non voglia – dovesse succedermi qualcosa, possibilit­à che non è da escludere. Guarda tutte quelle famiglie che non fanno così: i loro figli sono, letteralme­nte, inutili». A 36 anni Dasha Zhukova è la personific­azione di questa seconda generazion­e di russi: più facile incontrarl­a a Hoxton Square che da Harrods, in vacanza in un ashram in Bhutan che a Saint-Tropez. Figlia di un oligarca del petrolio che nel 2001 ha passato sei mesi in una prigione italiana accusato di vendere armi all’esercito serbo (le accuse sono cadute), Zhukova ha studiato a Mosca fino ai 10 anni. Dopo il divorzio dei genitori, lei e la madre,

ACCESSO ALL’EUROPA» «CHE ACCADRÀ DOPO LA BREXIT? FORSE PER I RUSSI LONDRA NON SARÀ PIÙ UN

biologa, sono emigrate negli Usa. Ha studiato alla University of California, a Santa Barbara, per poi fondare la marca «casual di lusso»Ko va& Teand area vivere aKensingt on in un appartamen­to, compratole dal padre, da 1 milione e mezzo di sterline. «Anche se ci sono dieci gradi sotto zero e nevica, una donna russa porterà sempre i tacchi a spillo. Ma io preferisco la comodità: ho vissuto quattro anni a Santa Barbara, e credo di non aver mai messo le scarpe alte. Forse lo stereotipo sta cambiando», ha detto in una rara intervista rilasciata a un quotidiano. I suoi amici sono Jeff Koons e Damien Hirst, Ivanka Trump, e il produttore discografi­co miliardari­o David Geffen, che quest’estate ha postato su Instagram una foto di lei sul suo yacht in Sicilia, con Oprah Winfrey e Diane von Fürstenber­g. Si dice che abbia conosciuto Abramovič, oggi cinquanten­ne, a una festa per il Capodanno 2006. La coppia, che ha due figli di 7 e 4 anni (lui ne ha altri cinque dal suo secondo matrimonio), si è sposata in segreto nel 2008. Con l’aiuto di lui, Dasha ha fondato la prima galleria d’arte contempora­nea di Mosca, il Garage Museum, e ha iniziato a creare una «isola dell’arte» a San Pietroburg­o. «Dasha fa parte della élite e non potrebbe essere più lontana dallo stereotipo di una “Natasha” goffa e pacchiana», dice una persona dell’ambiente dell’arte. Di contro, Abramovič è cresciuto in un angolo desolato del Circolo Artico. Rimasto orfano a quattro anni, è stato allevato dai nonni, e la sua carriera lavorativa è iniziata vendendo profumi, deodoranti e collant al mercato nero. Come il padre di Zhukova, ha fatto i soldi comprando petrolio a basso prezzo durante il crollo dell’Unione Sovietica, e rivendendo­lo all’estero a prezzo maggiorato. Abramovič ha consolidat­o il suo status grazie a investimen­ti nelle istituzion­i inglesi, comprando un palazzo vicino alla scuola londinese della figlia e, nel 2003, la squadra del Chelsea. Non è un caso isolato: c’è Alexander Mamut, che possiede la catena di librerie Waterstone­s. Ci sono l’ex spia del Kgb Alexander Lebedev e suo figlio Evgeny, oggi proprietar­io del quotidiano London Evening Standard. E c’è anche Alisher Usmanov, azionista di maggioranz­a dell’Arsenal. Tutte persone che hanno costruito nuove basi di potere in Occidente, mantenendo però forti legami con la patria. Abramovič, per esempio, ha donato circa 2 miliardi di sterline alla sua regione natale, Čukotka, e ha ricomprato, per restituirl­i alla madrepatri­a, manufatti preziosi e icone trafugate dalla Russia durante la Rivoluzion­e. In cambio Putin sarà ben lieto di garantirgl­i che il divorzio da Zhukova avvenga a Mosca invece che a Londra, dove le corti sono rinomate per i loro accordi generosi. «La pubblicità sarà ridotta al minimo: i media non potranno sbirciare nella sua vita privata o nei suoi affari», dice Glenny. Comunque vadano le cose, è molto probabile che la coppia continui a tenere Londra come base, anche se un rublo meno forte e l’accresciut­a soglia di investimen­to fanno sì che il numero complessiv­o di russi che stanno richiedend­o il visto oggi si sia ridotto a solo il 13 per cento del totale raggiunto nel 2014. Shumovitch dice che un mix di crescente nazionalis­mo russo e sanzioni straniere sui patrimoni degli oligarchi ha portato a un crollo vertiginos­o della richiesta di ammissione nelle scuole inglesi. «Oggi, rispetto ai venti clienti che avevamo un tempo, ne abbiamo solo uno o due. Il dissenso in Russia sta diventando pericoloso. La gente adesso ha un po’ paura del fatto che mandare i figli a studiare all’estero voglia dire esporsi». «Non si sa che cosa accadrà dopo Brexit», dice Glenny. «I russi potrebbero smettere di vedere in Londra una via di accesso all’Unione europea, ma potrebbero anche rimanere qui visto che il governo sarà sempre più a caccia di investimen­ti stranieri». I concession­ari di Bentley e i fornitori di vini di qualità non hanno ancora motivo di preoccupar­si. (traduzione di Tiziana Lo Porto)

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IN ORIGINE FU IL PETROLIO Roman Abramovič, 50 anni, con Dasha, modella figlia dell’oligarca Alexander Zhukov che ha sposato nel 2008, e da cui ha avuto due figli. A sinistra, Goga Ashkenazi, 37, miliardari­a kazaka che ha comprato il marchio Vionnet.
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