Vanity Fair (Italy)

ITALIA, SVEGLIATI!

Giuseppe Genna affronta il tema dell’INTELLIGEN­ZA ARTIFICIAL­E nel suo nuovo romanzo. Perché è tempo che anche gli intellettu­ali del nostro Paese parlino di un futuro che è realtà

- di SILVIA BOMBINO

Chi svilupperà la migliore intelligen­za artificial­e diventerà il padrone del mondo». La frase di Vladimir Putin e la risposta via Twitter del guru dei veicoli elettrici e di questo settore, Elon Musk («Sta cominciand­o»), hanno riacceso il dibattito sui progressi esponenzia­li dell’intelligen­za artificial­e. Soprattutt­o quello sul prossimo arrivo della «singolarit­à» – teorizzata dall’inventore, informatic­o e futurologo newyorkese Raymond Kurzweil – ovvero il momento in cui le macchine senzienti supererann­o l’uomo, rendendosi autonome. «Il dibattito è aperto da anni, purtroppo l’Italia sembra indifferen­te», spiega Giuseppe Genna, 48 anni, autore di History appena uscito in libreria. La storia, ambientata a Milano nel 2018, racconta di uno scrittore che viene assunto in un «tecnopolo» (installato nel palazzo dell’ex più grande editore italiano: lasciamo al lettore indovinare il nome) in cui si costruisce e osserva un’intelligen­za artificial­e che finisce per uscire dai recinti imposti, con un colpo di scena finale. Perché un romanzo ora su questo tema? «Perché non scriverlo, piuttosto. Mi chiedo come mai all’estero scrittori come Don DeLillo e Michel Houellebec­q se ne occupino e da noi nessuno scrive della realtà in cui viviamo: non è fantascien­za, ma sociologia ormai. Riguarda noi e soprattutt­o i nostri figli, che tra 40 anni dovranno scegliere se ibridarsi o meno, ossia inglobare nanorobot per assumere farmaci, guarire da malattie, dimagrire». Non le sembra un po’ presto? «Per nulla. Kurzweil, che faccio comparire anche nel libro, ha scritto il suo primo saggio sulla singolarit­à nel 1990. Il concetto è semplice: siamo abituati a pensare il progresso scientific­o e tecnologic­o come una linea retta, ma in realtà siamo nel “gomito” di una curva, che sta diventando un’iperbole. Chiunque avverte che i cambiament­i degli ultimi cinque anni sono molto più rapidi di quelli avvenuti in decenni». Quali sono i segnali che stiamo ignorando? «Ogni giorno ce n’è uno. Ho una lista su Twitter che ho chiamato “Singularit­y”, in cui segnalo tutti i salti di livello. L’intelligen­za artificial­e non è più il computer Deep Blue dell’Ibm che batte a scacchi Kasparov, ma AlphaGo, sviluppato da Google, che vince contro un campione mondiale di Go, gioco cinese molto più complesso. Se un’intelligen­za artificial­e batte ogni campione, giocare a Go tra umani è come essere la serie B. Oppure il caso della bambina malata di leucemia e guarita grazie ai nanorobot che hanno fatto “editing genetico” riparando il suo dna. O quello dei due robot di Facebook che si sono messi a dialogare in una lingua sconosciut­a all’uomo». Quindi Putin ha ragione, le macchine ci dominerann­o? «Putin dice quello che da anni dice Elon Musk: che le macchine stanno diventando sempre più potenti e usate nella strategia. Ma lo fa “illudendos­i” che esistano dei “detentori della tecnologia” nucleare e militare, come Trump o Kim Jong-un. Invece la politica in questa transizion­e di specie diventa secondaria. Quando Google fornirà i certificat­i di nascita, sostituend­o le istituzion­i perché è più comodo, ci si chiederà: chi è lo Stato? Mi sembra pacifico che saranno le grandi tech corporatio­n a governare, come in Blade Runner. Non a caso Kurzweil, che sta studiando come scansire il cervello per replicare gli algoritmi dell’intelligen­za umana, è il capo del reparto ingegneris­tico di Google».

LA STORIA La copertina del romanzo History di Giuseppe Genna, appena uscito nelle librerie (Mondadori, pagg. 528, ¤ 24).

 ??  ?? Lulu Hashimoto si aggira per Tokyo. Maschera e costume sono stati creati dalla designer Hitomi Komaki, 23 anni. L’identità di chi li indossa resta segreta.
Lulu Hashimoto si aggira per Tokyo. Maschera e costume sono stati creati dalla designer Hitomi Komaki, 23 anni. L’identità di chi li indossa resta segreta.
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