LA PASSIONE CHE CI LEGA
Nei classici, anche noir, del cinema e nella profumeria moderna: il fiocco al collo interpreta ruoli lontani, ma in qualche modo connessi all’amore e alle dive del passato. E proprio come loro, le fragranze indossano nastri come fossero messaggi in codice
Dai thriller s’imparano cose strane. Per esempio che la parte più forte e muscolosa del nostro corpo è il collo. Ok, ci si poteva arrivare anche da soli, visto che regge tre o quattro chili di peso ininterrottamente per tutto il giorno. Ma se a dirlo è un «detective della Scientifica» chinato sulla vittima di un delitto per strangolamento, guadagna sicuramente più attenzione. Da quei crimini passionali, probabilmente, deriva il nome «strangolino», uno dei tanti che identificano il fazzoletto al collo. E sempre dal cinema o dalle serie Tv, si evince che la passione è un sentimento che si lega a quella zona del corpo, così fragile e forte allo stesso tempo. Anche nel bene: «Profumatevi dove volete essere baciate», diceva Coco Chanel. E quale zona è più sensibile, vitale e attraente del corpo se non il collo? È il posto più istintivo (e internazionale) dove mettere il profumo. Alzi la testa, chiudi gli occhi e premi con l’indice. Un gesto semplice, che abbiamo fatto tutti. E anche per questo, è il momento in cui i flaconi delle fragranze si vestono con fazzoletti al collo.
Fiocchi famosi
Il primo profumo di successo è stato Miss Dior nel 1947, con il nodo Poignard, «a pugnale», in richiamo alla forma. «Esprime seduzione e desiderio», diceva Monsieur Dior. Quando poi a René Gruau, grande illustratore dell’epoca, fu chiesto di creare un manifesto pubblicitario, il risultato fu un elegante cigno bianco dal collo lunghissimo con un fiocco di velluto nero e perle come collier. A quel tempo andavano di gran moda abbinati a giacche tailleur oppure annodati sul retro con un abito da sera bustier. Con il tempo, il nastro in seta sul flacone si è evoluto in un fiocco metallico e rigido, diventato uno dei simboli della maison.
Poi c’è il nastro luminoso e color argento di La Vie est Belle, la fragranza zuccherina di Lancôme: sembra muoversi al vento come quelli portati dalle dive del passato, a cominciare da Grace Kelly, o da Audrey Hepburn in Vacanze romane mentre guida la Vespa. «Indossatelo la mattina, annodandolo al collo prima di uscire di casa», scriveva negli anni ’60 Diana Vreeland, celebre giornalista di moda. «Tanta è l’eleganza che sa conferire, che non c’è neppure bisogno di guardarsi allo specchio».
Boom dei laccetti
Ne sono seguiti altri di profumi con il fazzoletto al collo tra cui i Penhaligon’s, i Signorina di Salvatore Ferragamo, ognuno con il suo stile, ognuno diverso. E quest’anno ne sono arrivati ancora: con pizzo a pois, Mon Paris di Yves Saint Laurent; con lo stesso tessuto dei trench e annodato a mano, My Burberry Blush; e infine una fragranza con un tappo che ricorda una bombetta e un laccetto molto speciale. Pesa 7 grammi – come una fede o come il caffè per un espresso – ed è lungo 85 centimetri: il Twilly è il «cugino» dei carré Hermès, una striscia in seta con fantasie che seguono la moda, sfoggiato dalle It-girl sui profili social e richiesto (ci dicono dal negozio) come regalo di laurea o per il 18esimo. Lo legano al collo, tra i capelli, al polso, al manico della borsa. Proprio come consigliava Rachel Zoe, la stylist di Miley Cyrus e Demi Moore, nella sua bibbia Style A to Zoe. Ora il Twilly si è fatto ancora più sottile e si è stretto in un fiocco semplice all’ultimo profumo del brand, a cui presta il nome.
Il posto più caldo
Dicono che per poter pompare il sangue in cima ai loro sei metri di collo, le giraffe abbiano un grande cuore. Nel nostro piccolo, anche noi siamo influenzati dallo scorrere del sangue, soprattutto quando si tratta di indossare un profumo: il collo è una delle parti più calde del corpo insieme a polsi, lobi delle orecchie, tempie, seni e caviglie e, se cosparse di profumo, a ogni pulsazione corrisponderà un picco di evaporazione delle note olfattive. C’è chi ha scoperto altri punti strategici: l’attrice Liv Tyler, per esempio, lo mette «sull’ombelico. Da lì, come diceva mio padre, non se ne va via». Le ultime ricerche parlano anche di retro dei gomiti, retro delle ginocchia, punte dei capelli e schiena. Ma se avessimo quei sei metri di collo, sarebbe tutta un’altra storia.