Vanity Fair (Italy)

Vorrei non seguirti più

Un’amicizia tra donne che diventa ossessione, moltiplica­ta dall’utilizzo dei social: è il thriller esistenzia­le dell’inglese OLIVIA SUDJIC

- Di CLAUDIA DURASTANTI

Una delle protagonis­te di Una vita non mia, la scrittrice giapponese Mizuko Himura, ha un’ossessione per il pianto. Per lei, la dacrifilia (si chiama così) funziona solo scattando una foto alla persona che sta piangendo. Rispetto ad Alice Hare, che arriva a New York senza amici ed è indecisa se fluttuare sopra la città oppure essere «pesante, pesantissi­ma, per attirare tutte le cose verso di te», Mizuko non ha bisogno di condivider­e quelle foto su Instagram. Alice sì: l’unico modo in cui riesce ad ambientars­i a Manhattan è postarle sul social. Ma quando si imbatte nel profilo della scrittrice perfetta cambia aspettativ­a: non vuole più sempliceme­nte integrarsi, vuole diventare Mizuko. Nei thriller televisivi, le amicizie femminili basate sull’emulazione, e sul confine che separa il desiderio dalla repulsione, funzionava­no alla stessa maniera: a un certo punto la ragazza che perde la testa inizia a vestirsi come il suo mito e le buca gli occhi nelle fotografie. Ma quella era la television­e degli anni Novanta. Con Instagram non c’è il doppio, c’è la moltiplica­zione delle ombre: Alice anticipa Mizuko, la insegue, la riflette e la distrugge, in un gioco vampiresco e carnale. Che la tecnologia inventi nuove dipendenze o amplifichi le stesse tristezze di sempre qui non conta: l’obiettivo di Olivia Sudjic è raccontare un’ossessione che ci trasforma. L’esordiente londinese ha scritto un thriller esistenzia­le pieno di informazio­ni scientific­he – il padre di Alice è un fisico scomparso, non a caso a lei interessan­o i legami tra i corpi –, dotato di umorismo asciutto, che non fa nulla per nascondere l’inadeguate­zza di questa stalker goffa e così simile al lettore. A un certo punto Alice si impone di «non seguire più», vuole dimenticar­e il profilo di Mizuko e il suo amore non corrispost­o. Ma rimuovere un sentimento digitale ha una sua contropart­e tattile, è un’esperienza molto fisica: basta pensare al tasto refresh premuto all’infinito dall’alter ego di Mark Zuckerberg alla fine di The Social Network, all’impulso che ci spinge a sfondare lo schermo nel tentativo di aprire un lucchetto che ci blocca. Olivia Sudjic è brava a materializ­zare la scomparsa e a dimostrare che alla fine il dolore torna sempre nel corpo: ogni ansia digitale si riversa in un accumulo di nervi e di ossa.

 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy