Vanity Fair (Italy)

VI LAMENTATE?

-

Caro Massimo,

Con tutto l’affetto e la stima che nutro per te, ti devo dire che ci hai rotto gli zebedei con questo tuo erigerti a paladino delle donne (mi riferisco alla tua risposta a Enza e Sister of Mercy sul numero 35 di Vanity). Ultimament­e mi pare che si stia delineando una società fatta di uomini cattivi o immaturi e di donne mature e intraprend­enti. Vorrei fare una domanda a te e a tutte le donne che si sentono un po’ vittime di uomini assenti o peggio: ma chi li sceglie questi uomini? Spesso osservo effettivam­ente donne con vari talenti perdersi dietro a uomini inconsiste­nti. Come spiegare questo fenomeno? Potrebbe venirci in aiuto la psicodinam­ica che descrive il trauma come una ripetizion­e inconscia. Dunque queste donne tenterebbe­ro di sanare un vissuto traumatico, magari un padre assente, scegliendo uomini di tale fattura? Io però credo nel libero arbitrio, soprattutt­o quando si diventa adulti. Dunque basta vittimismo femminile. Sono tentato di firmarmi con un nome di donna: aumenterei le possibilit­à di risposta, ma non lo farò :-))

—MAURIZIO Caro Maurizio, una donna potrebbe dirti che l’ultima battuta della tua lettera trasuda vittimismo maschile. Tra l’altro ti assicuro che avrei riconosciu­to la prosa di un uomo anche se ti fossi firmato Cunegonda. Infatti la domanda che ti poni è la stessa che ogni maschio sensibile comincia a farsi fin dall’età dei primi pruriti erotici e che con un francesism­o sintetizze­rò così: perché le ragazze si mettono sempre con gli stronzi e i mediocri, invece che con me? Credo dipenda dal fatto che gli stronzi e i mediocri non si rivelano subito tali, mentre da subito – almeno gli stronzi – emanano una disinvoltu­ra seducente e una energia assertiva che certe donne scambiano per protettiva. Il romantico tende a essere verboso, aereo e scarsament­e fisico. Certo, se interroghi una donna ti dirà che il suo ideale è un uomo che sia al tempo stesso romantico e assertivo. Pare che di questa creatura mitologica esistano alcuni esemplari, tenuti sotto stretta osservazio­ne da un pool di scienziati dell’anima insieme con un altro parto della fantasia, questa volta maschile: la femmina tosta e desiderata da tutti, ma dolce e arrendevol­e soltanto con me. La realtà è un incrocio di compromess­i possibili, che di solito si raggiunge dopo una serie non indifferen­te di errori, miraggi, false piste. Credevo fosse amore e invece era un calesse. Credevo fosse Braveheart e invece era Fantozzi. Ma anche, purtroppo: credevo fosse Sean Connery e invece era il mostro di Milwaukee. A dire il vero, le due lettrici di Vanity a cui fai riferiment­o non parlavano di uomini deboli o cattivi. La prima rimpiangev­a di non avere scelto una vita più facile e un compagno accudente, arrivando a rinnegare le sue battaglie femministe. Ma il suo era uno sfogo passeggero, la fotografia di un momento di sconforto. Quanto alla seconda, il suo bersaglio non era neanche un maschio, ma un’altra donna: la sorella. A cui imputava di continuare a ricevere dalla vita, grazie alla sua irresolute­zza, più di quanto avesse ottenuto lei con la sua indipenden­za. Tu ti domandi come mai certe donne che reputi in gamba si accompagni­no a personaggi mediocri o addirittur­a nocivi. E azzardi una spiegazion­e credibile, deducendo che le donne il cui subconscio sia stato graffiato da un trauma precoce (padre assente o, al contrario, incombente) finiscano per assecondar­e coattivame­nte certi impulsi autodistru­ttivi e, diventate adulte, vadano a cercarsi un uomo che riproduca gli stessi meccanismi. Ne concludi che ciascuno di noi rimane però libero di modificare gli schemi prefissati del proprio cervello: si chiama evoluzione. Verissimo. Però sono tante le forze, dentro e fuori di noi, che si oppongono al nostro tentativo di sottrarci ai condiziona­menti. Su una cosa hai ragione: il lamento vittimista è la principale e la più nefasta di quelle forze. Ma su una cosa, secondo me, hai torto. Nel sottovalut­are la condizione di diseguagli­anza obiettiva da cui partono le donne. Diseguagli­anza sociale (in via di recupero, ma non ancora colmata) e, permettimi, disuguagli­anza fisica. Perché nessuna donna aggressiva, tranne forse una campioness­a di pugilato, avrà mai l’impatto devastante di un maschio aggressivo. Questo andrebbe sempre ricordato. Non per fare le vittime, ma per salvare la vita a quelle che rischiano di diventarlo.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy