Vanity Fair (Italy)

MI INCORAGGIA: “NON AVER PAURA”

MINACCIANO DI SFREGIARMI CON L’ACIDO SE NON LASCIO IL CASO. MIO MARITO, PER FORTUNA,

- —Najla Raheel, avvocato

terzo piano del palazzo trovo una piccola sala d’attesa dove una donna vestita di nero piange in silenzio. Dall’altra parte del corridoio c’è Najla. «Sapevo che era un incarico pericoloso», dice. «Ma ho pensato che se non davamo agli assassini la punizione che meritavano, allora chiunque avrebbe potuto rifare la stessa cosa o anche di peggio». Najla ha ricevuto talmente tante minacce che ha dovuto assumere guardie del corpo private. «Ricevo chiamate da numeri sempre diversi in cui mi dicono che se non smetto di seguire il caso mi getteranno l’acido in faccia», spiega. «Sono fortunata ad avere un marito che mi sostiene e dice: “Non avere paura”». La signora che era in sala d’attesa entra nella stanza, si chiama Laila e vuole divorziare dal marito, tossicodip­endente, che la picchia. «Chiedeva soldi per comprarsi la droga, poi mi torturava se non glieli davo». Dieci mesi fa, l’ha picchiata così forte che lei „nalmente ha preso coraggio e lo ha lasciato. Ma lui le nega ancora il divorzio. Le ha portato via i due „gli di cinque e tre anni – racconta – mostrandom­i le fotogra„e dei loro bambini sul cellulare.

AKabul incontro giornalist­e costrette a vivere dentro dei rifugi, inclusa una che è coperta di bruciature di sigaretta che le ha fatto il fratello per impedirle di andare a lavorare. Altre sono scappate, come Shakila Ebrahimkhi­l, una reporter coraggiosa costretta a vivere in Germania. Nel 2012 è stata la prima a raccontare la storia di Sahar Gul, una sposa bambina tenuta prigionier­a e torturata dal marito e dalla famiglia di lui perché non voleva prostituir­si. Non è l’unica a essere stata costretta ad andare all’estero. Nel 2013 Niloofar Rahamani, all’epoca ventunenne, è diventata la prima donna pilota dell’aviazione afghana. Più veniva acclamata in tutto il mondo come simbolo, più attirava critiche e minacce. Così, poco prima di Natale, mentre era in America per un corso di addestrame­nto, ha chiesto asilo politico. «In Afghanista­n è in corso una guerra contro le donne», ha dichiarato. Anche a Jalalabad, città di origine della „nalista di Afghan Star, Zulala Hashemi, ci sono giornalist­e che non mollano. Nel centro della città c’è il Shaiq Media Center, un edi„cio che ospita Sharq Tv, una rete televisiva privata. Dal 2009 il palazzo di vetro azzurro è stato attaccato sei volte. «Tutti gli attacchi sono avvenuti dallo stesso lato del palazzo, dove c’è la radio delle donne», dice il proprietar­io della rete televisiva, Sha„qullah Shaiq. Nargis Radio, così si chiama, è diretta da sua moglie, Shahllah. La radio è nata nel 2007 con un programma che si chiamava Donne nella Comunità, all’interno del quale c’era una linea diretta che le donne potevano chiamare. «Dopo la prima puntata, ho cominciato a ricevere telefonate di donne che volevano condivider­e opinioni e storie. Alcune hanno anche cominciato a venire in radio di persona». A volte Shahllah e le sue giornalist­e vanno a casa delle donne maltrattat­e per

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