Vanity Fair (Italy)

Il futuro sarà roseo

- di VALENTINA DEBERNARDI

Le ere non sono più quelle di una volta. Con un visore 3D premuto sugli occhi e sui capelli freschi di piega, un’anziana signora gira su stessa mentre un ragazzo la insegue tenendole un cartoncino profumato sotto il naso. Sta vivendo un’esperienza olfattiva virtuale e questo, per noi, è stato il momento emblematic­o di Pitti Fragranze 2017, la era internazio­nale della profumeria artistica che quest’anno ha messo un ponte tra passato e futuro: sempre meno ‚aconi rococò, di re o regine, e sempre più packaging essenziali e note molecolari, pure, a volte organiche. Qui, abbiamo incontrato Celso Fadelli, presidente di Intertrade Group, azienda che distribuis­ce e gestisce fragranze in 52 Paesi. Li acquista, li trasforma, li aiuta ad avere successo perché «ci sono persone che hanno un’aura», dice. «Come Ben Gorham, mente di Byredo ed ex giocatore di basket. Quando l’ho conosciuto parlava poco e si emozionava spesso. Ma ho capito quanto credeva nel suo progetto».

Qual è il più bell’incontro della sua vita? «Quello con Carlos Kusubayash­i di A Lab on Fire. Non vuole apparire, non vuole rilasciare interviste, non vuole parlare con nessuno. Parla solo con me». Ma una «personalit­à invisibile» è un punto di forza? «Sì, se è spontanea e vera. La creatività viene dal vivere in un ambiente non intossicat­o. Non ti fai in‚uenzare da quello che dicono gli altri, non vai ad annusare in giro. Devi porre le cose in modo semplice, profondo, senza esagerare e dire troppo. È un concetto orientale e molto futurista». Di cosa sa un profumo che guarda al futuro? «Non di nonna. Una volta profumare classico, inglese, era un segnale distintivo, d’eleganza. Oggi non voglio essere legato al passato perché mi fa pensare a qualcosa di sbagliato, a quando bruciavamo tutto ed eravamo una macchina da soldi. Credo nella volontà di creare un mondo migliore, nella responsabi­lità nei confronti delle generazion­i prossime». Chi chiede più profumi rispetto al passato? «Il Marocco e il Middle East. Credo che si siano stufati dei loro oud e oli, e hanno cominciato a comprare cose più europee. E poi la bellezza è il primo loro investimen­to: manicure, pedicure, hammam, scrub vari e il profumo fa parte del processo». Chi invece non vuole ancora usare profumo? «Gli asiatici. Stiamo lavorando a un profumo senz’alcol: non vogliono cose inutili addosso».

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