Pene d’amor cubane
Marian si innamora di un ragazzo più giovane, sullo sfondo a tinte caraibiche del nuovo romanzo di MYLENE FERNÁNDEZ PINTADO
Ogni nuovo libro di Mylene Fernández Pintado, 54 anni, è accompagnato da un rituale: l’autrice ne porta una copia alla madre, al Cementerio Católico di Pinar del Río, a Cuba. Lì, piange. Quando si calma le dedica la copia e la lascia tra i ori, omaggio a chi l’ha sempre incoraggiata. Quando le ho chiesto di descrivermi che cosa fosse per lei la passione, Pintado mi ha risposto con tre parole: «Libertà. Coraggio. Fede». Ne è uscito così un ritratto preciso dell’essenza del suo ultimo romanzo, L’angolo del mondo (in libreria dal 21 settembre), cronaca dell’amore tra Marian, professoressa trentasettenne, e Daniel, esuberante scrittore di 22 anni. Come fa la pittura caraibica, questa storia si staglia negli occhi del lettore con i suoi contorni decisi, le tinte vivide, la matrioska di personaggi secondari. Cuba plasma molti elementi di questa storia d’amore. L’avrebbe potuta immaginare altrove? «Pochi mesi fa, ho letto una recensione molto bella: diceva che questa storia poteva accadere ovunque perché parla di sentimenti universali. Se fosse del tutto vero, però, non avrei potuto esserne io l’autrice. L’ho immaginata nella quotidianità della mia città, L’Avana. Daniel, per esempio, è nato sul malecón durante una passeggiata: ho dovuto chiedere a un signore un foglio e una penna per appuntarmelo». Il senso di appartenenza a un luogo è, per la protagonista, un’àncora al passato, ma allo stesso tempo anche fierezza, un moto di forza con il quale non si scende a compromessi. «È vero, il senso di appartenenza è tutto questo: àncora e vela, radici e ali. Per me non è soltanto appartenere a un luogo, signica anche che quel luogo lo possiedi, nel bene e nel male. È quel che avviene quando un turista ti chiede un’indicazione o un consiglio, quando qualcuno ti scambia per straniera e tu dichiari con un sorriso: “Sono cubana”». In questo libro lei ne ha inseriti altri: i racconti, «galeotti» per Marian e Daniel, intitolati L’eschimese; il libro inventato per alleviare la malattia di una madre; la volatile raccolta di tristezze di Marian. Che cosa rappresentano? «In questi tempi in cui si legge sempre meno ho voluto fare un omaggio a tutti i libri che mi hanno fatto viaggiare in altri mondi. A tutte le vite che ho vissuto, i posti che ho visitato e i personaggi che ho conosciuto e amato. Alle lacrime e alla gioia che le pagine mi hanno dato».