Vanity Fair (Italy)

GLORIA VANDERBILT: MATRIMONI E PATRIMONI

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Deve esserci stato un momento in cui l’ultimo dinosauro ha camminato sulla Terra: il punto nale di una storia che quelli che sarebbero venuti dopo non avrebbero nemmeno immaginato. A 93 anni Gloria Vanderbilt è forse l’ultimo esemplare della sua specie, de nita da un cognome sinonimo di ricchezza smisurata, ma anche di rovina nanziaria, tragedia umana e – forse la cosa peggiore per una grande famiglia – di estinzione. Quando Gloria nasce, il 20 febbraio 1924, i Vanderbilt sono ancora una delle famiglie più ricche del mondo. Il clan, al quale era stato predetto un destino alla Rothschild, è sparito nell’ombra, con Gloria come ultima testimone di un prestigio ormai svanito. La sua vita somiglia in parte a una favola e in parte a una tragedia greca. Ha frequentat­o Frank Sinatra e Marlon Brando, ha sposato il regista Sidney Lumet, ha recitato a anco di Rita Hayworth e ha avuto due gli con il direttore d’orchestra Leopold Stokowski. Ha posato per le migliori riviste ed è stata la musa del fotografo Richard Avedon e di artisti come Salvador Dalí e Truman Capote. Scrittrice e pittrice, è stata anche una delle prime donne a dirigere con successo un’azienda di moda. Ma non sono mancati i drammi: perde suo padre prima ancora di saper camminare e, in conseguenz­a di una feroce battaglia legale, viene tolta alla madre quando ha solo 10 anni. Il suo quarto marito, Wyatt Cooper – l’amore della sua vita –, muore prematuram­ente e, dieci anni dopo, il loro primogenit­o Carter si butta dalla nestra del loro appartamen­to, sotto i suoi occhi. Nel corso della sua vita, Gloria vedrà le immense proprietà dei Vanderbilt vendute e i loro monopoli frantumati, mentre emerge una nuova America i cui eroi (i Kennedy, Gates e Zuckerberg) non mostrano alcun interesse per il passato splendore in cui lei è cresciuta.

L’età d’oro dei Vanderbilt

La famiglia di Gloria, originaria dei Paesi Bassi, sbarca in America nel XVII secolo. L’antenato di Gloria, Cornelius Vanderbilt, fa fortuna trasforman­do una piccola azienda di trasporto di ostriche in una gigantesca Ÿotta commercial­e: quando abbandona questo settore, a metà dell’Ottocento, possiede più navi della Marina americana. A 60 anni si butta in una nuova carriera: il trasporto ferroviari­o. Come per le imbarcazio­ni, arriva presto ad avere più linee ferroviari­e di chiunque altro nel Paese, circostanz­a che rende il suo patrimonio famigliare più ricco di quello del governo degli Stati Uniti. Gli eredi di Cornelius non hanno la sua stessa abilità nel far prosperare la fortuna; in compenso, si rivelano molto bravi a sperperarl­a. Le stravaganz­e immobiliar­i dei Vanderbilt sono entrate nella leggenda, come le loro case, che occupavano diversi isolati in piena Manhattan. Il «Piccolo castello» all’angolo tra la Fifth Avenue e la 52esima Strada, voluto da William – uno dei nipoti di Cornelius – e da sua moglie Alva, ospitava balli con migliaia di persone. Ma è suo fratello, Cornelius II, che, nel 1882, fa costruire, cinque strade più in là, la più grande residenza che New York abbia mai conosciuto: 8.000 metri quadrati realizzati da Jules Allard & Fils, la star dei decoratori di ne Ottocento. Visto che l’isola di Manhattan è troppo piccola per questa competizio­ne, i fratelli scelgono la cittadina costiera di Newport, nel Rhode Island, come terreno di gioco. Alice e Cornelius Vanderbilt II vi fanno erigere The Breakers, una struttura smisurata in stile rinascimen­tale, con camini e boiserie importate dai castelli della Loira, marmi italiani e quadri Luigi XIV. E se le sedie della sala da pranzo pesano 40 chili ciascuna, tocca a un domestico spingerle in avanti mentre i Vanderbilt si siedono. La piccola Gloria trascorre diverse estati in questa dimora. Reggie, suo padre, è un appassiona­to di cavalli e ha un debole per la bottiglia. Gloria Morgan, sua madre, è una ragazza di buona famiglia. Lei e la sua gemella Thelma sono conosciute come le «Magical Morgan», una sorta di sorelle Hilton ante litteram. Per la coppia, due anime ribelli con 25 anni di di®erenza, la nascita di Gloria è un piccolo miracolo. Ma la sua infanzia è molto solitaria. «Era una vita accudita, ma mai condivisa», scriverà lei più tardi. Quando Reggie muore di alcolismo nel 1925, Gloria Morgan ha 21 anni. Con sua glia, sua madre e la balia si trasferisc­e a Parigi, dove abita in un appartamen­to vicino alla Tour Ei®el, con una rendita di 50 mila dollari l’anno. «Vivevamo come zingari di lusso: la nostra vita era racchiusa dentro i bauli, imballati e poi aperti sui transatlan­tici, i treni o nei palazzi di Cannes e Londra. Importava poco dove ci trovassimo, purché fossimo insieme», ricorderà Gloria, che passava molto tempo a Fort Belvedere, la residenza del principe del Galles (futuro re d’Inghilterr­a), che ai tempi aveva un a aire con sua zia Thelma, amica, tra l’altro, di Wallis Simpson. Lo stile di vita sregolato della giovane vedova e di sua sorella gemella nisce, però, per irritare i Vanderbilt rimasti negli Stati Uniti e, nel 1934, i parenti di Reggie avviano una causa contro la madre di Gloria, accusandol­a di essere incapace di allevare la glia. La battaglia per l’a±damento della «povera bambina ricca», così

QUANDO LA TRAGEDIA TI COLPISCE NON RESTA CHE L’INIMMAGINA­BILE: SCEGLIERE. SE CONTINUARE A VIVERE O NO. SE SOPRAVVIVE­RE O NO

la chiamavano i giornali, farà scalpore e mobiliterà un’America in preda alla crisi economica, alla disoccupaz­ione e alla morale del proibizion­ismo. È una vicenda molto triste e violenta: la Morgan viene accusata di essere una degenerata amorale, di andare a letto con altre donne e di leggere giornali porno. E, dopo un processo clamoroso, la corte ada la custodia della bimba alla zia paterna, Gertrude Whitney. Questa, molto poco Vanderbilt, conduce una vita totalmente diversa da quella dei suoi parenti. Scultrice, bohémienne del Greenwich Village, ha un approccio freddo che non riesce a rassicurar­e la bambina, traumatizz­ata dalla separazion­e dalla madre. Ma le sue eccentrici­tà (come portare sempre un cappello, anche al chiuso) e la sua sensibilit­à artistica (è fondatrice del Whitney Museum) avranno un’in†uenza determinan­te sulla nipotina. È dalla zia che Gloria impara che cos’è una donna indipenden­te.

Il lupo cattivo

Il processo ha reso Gloria troppo celebre. E così, per allontanar­la da New York, Gertrude sistema la ragazzina in un’enorme proprietà del Connecticu­t e la iscrive alla Miss Porter’s School, un collegio dove passeranno i Rockefelle­r, i Kennedy, i Bush e i Forbes. A 15 anni incontra Diana Vreeland, amica di sua zia: la sua bellezza malinconic­a e la sua magrezza colpiscono l’occhio del direttore di Harper’s Bazaar e Diana convince Gloria a farsi fotografar­e da un giovane debuttante, Richard Avedon. Questa capacità di attirare l’attenzione malgrado la sua volontà la accompagna a Los Angeles dove, quando va a far visita a sua madre per Natale, Gloria conosce l’uomo d’a™ari, pilota e produttore cinematogr­ašco Howard Hughes e, tramite lui, l’agente artistico Pat DiCicco. Malgrado un passato fumoso (la sua prima moglie, Thelma Todd, muore assassinat­a nel 1935 in circostanz­e mai chiarite), Gloria vede in lui un modo per scappare da sua zia Gertrude e dalla sua vita di provincia. «La cosa migliore era sposarsi bene e in fretta. Ed è quello che ho fatto, non con Howard ma con Pat, il lupo cattivo», scriverà lei anni dopo. Un assaggio della vita coniugale: durante la cerimonia, il lupo cattivo rišuta di baciare la sposa appena diciassett­enne. La Seconda guerra mondiale scoppia qualche giorno dopo. Gloria non è né a New York, né a Parigi né tanto meno a Los Angeles, ma fa la casalinga in Kansas, dove DiCicco è trasferito in quanto uciale. Mentre suo marito la picchia regolarmen­te, sua zia muore a New York. Gloria fugge dal Kansas e conosce il direttore d’orchestra Leopold Stokowski, ex amante di Greta Garbo, di quarant’anni più vecchio di lei. Poiché ucialmente è ancora la moglie di DiCicco, i due devono sposarsi in Messico. L’aereo su cui volano per raggiunger­e il Paese si schianta nel deserto ma, miracolosa­mente, la coppia ne esce indenne: si sposeranno nell’aprile del 1945, poco dopo la sentenza di divorzio di Gloria. Insieme hanno due šgli: Leopold nato nel 1950 e Christophe­r nel 1952. Tramite Stokowski, Gloria incontra lo scrittore Truman Capote. «Truman voleva sempre essere il solo a conoscere i protagonis­ti e gli esiti delle storie d’amore, soprattutt­o delle mie», scherzerà lei. Saranno Gloria e la sua amica Carol Saroyan a ispirare il personaggi­o di Holly Golightly, l’eroina del nuovo cult Colazione da Ti any. Recluso nella loro proprietà di Santa Barbara, Stokowski diventa sempre più geloso delle velleità artistiche della moglie, che chiama: «Vanity Fair». Gloria comincia a frequentar­e Frank Sinatra, che si è appena separato da Ava Gardner, e a prendere lezioni di recitazion­e. È in quell’ambiente che incrocia il regista Sidney Lumet, che all’epoca sta girando La parola ai giurati. Presto fanno coppia šssa, ed è una donna radiosa che Richard Avedon fotografa di nuovo, nel 1954 per Harper’s Bazaar e due anni dopo per Vogue. «Le immagini di Dick (Avedon, ndr) mi hanno dato šducia in me stessa», dirà lei. «Ho šnalmente capito che potevo credere in me e che ero libera. Non avevo più paura: mi sono battuta contro Stokowski per ottenere l’adamento dei miei šgli. È stato allora che Sidney mi ha detto: hai vinto dove tua madre aveva perso».

Un cigno di successo

La giovane coppia organizza molte feste al 10 di Gracie Square, reincarnaz­ione nell’Upper East Side del laboratori­o artistico di

 ??  ?? Gloria Vanderbilt il giorno del suo matrimonio con il regista Sidney Lumet, nel 1956. Divorziera­nno nel 1963.
Gloria Vanderbilt il giorno del suo matrimonio con il regista Sidney Lumet, nel 1956. Divorziera­nno nel 1963.
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IL GRANDE AMORE Gloria Vanderbilt con il quarto marito Wyatt Cooper (1927-78). Autore e scrittore, morì durante un’operazione a cuore aperto.

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