Vanity Fair (Italy)

STEVEN PUÒ ATTENDERE

- di PAOLA JACOBBI foto JULIAN HARGREAVES

Non ha imbarazzi ad ammettere che se dovesse scegliere tra una proposta di Spielberg e il Festival di Sanremo punterebbe al secondo: perché BEPPE FIORELLO segue ciò che gli dice la pancia. Come dimostra il suo ultimo film

Non è ancora arrivato l’autunno e già si pro lano all’orizzonte le chiacchier­e sul Festival di Sanremo. Una di queste riguarda Beppe Fiorello. Lui, proprio lui, 48 anni, fratello minore di Rosario, ormai emancipato da questo legame perché interprete di tante

ction a tema eroico e civile, sarebbe uno dei candidati alla conduzione della più nazional popolare delle trasmissio­ni televisive. Questa intervista era nata per parlare d’altro, ovvero del lm Chi m’ha visto che Fiorello ha prodotto e che uscirà il 28 settembre, una commedia sul mondo dello spettacolo e gli eccessi di visibilità, interpreta­ta dallo stesso Beppe insieme con Pierfrance­sco Favino, diretta da Alessandro Pondi, sceneggiat­ore alla sua opera prima come regista. O, anche, per parlare di Tutto il mondo è paese di Giulio Manfredoni­a, lm per la Tv in onda a febbraio, che racconta la storia del sindaco di Riace che, nel 1996, accolse migliaia di rifugiati curdi per ripopolare la cittadina, ormai svuotata di abitanti. Ma quando ci incontriam­o, nel bar di un grande albergo di Milano, la nostra conversazi­one inizia fatalmente, con qualche battuta sul festival. Lo sguardo che si alza e si abbassa, le pause per depistare l’attenzione fanno pensare che, di questa faccenda, Beppe Fiorello sappia molto più di quanto sia disposto a dire ora, cinque mesi prima. Dunque, è vero che condurrà Sanremo? «No, sono chiacchier­e». Mettiamo che sia vero. Le piacerebbe? «Mi piacerebbe sì, ma mi mette paura solo l’idea. Quel palcosceni­co ogni anno è una s da, ogni anno bisogna superare gli ascolti dell’anno precedente. A Sanremo fa più rumore un albero che cade di cento che crescono. Può mettere in discussion­e una carriera». E quindi, a lei che ottiene grandi ascolti come protagonis­ta delle ction, perché comunque piacerebbe fare Sanremo? «Il desiderio di un’esperienza nuova». Mettiamo che, negli stessi giorni di Sanremo, le venga oerto un piccolo ruolo nel prossimo lm di Steven Spielberg: le sue pose si girano proprio negli stessi giorni del festival. Che cosa sceglie? «Sanremo, ovvio». Mica tanto ovvio, per un attore. «Io ho fatto solo una volta una piccola parte, due scene, nel Talento di Mr. Ripley. Bellissimo vedere come lavorano, per carità. Però, alla ne, partecipar­e ai lm americani non mi interessa. Ogni volta che arrivano in Italia, con la fanfara delle loro mega produzioni, ho la sensazione che vengano qui a farci un regalo, con un certo paternalis­mo. Dovrebbero o–rirmi qualcosa di rilevante, non particine giusto per in lare un titolo nel curriculum». Com’era quel set? «Ho conosciuto Matt Damon, Jude Law e quell’uomo dolcissimo che era Anthony Minghella, il regista. Sono stato trattato benissimo e riempito di compliment­i. A Minghella piaceva da impazzire la capacità di noi attori italiani di improvvisa­re. Non abbiamo bisogno di chiuderci a preparare la scena madre, ci viene spontanea». Gli attori italiani sono così per natura o perché, sempliceme­nte, sono abituati a lavorare con meno tempo e meno mezzi? «Entrambe le cose. La commedia dell’arte, Eduardo De Filippo, quella tradizione sta nel Dna degli italiani e degli italiani del Sud in particolar­e. E poi, naturalmen­te, esiste anche l’arte di arrangiars­i. Ormai si girano in quattro settimane lm che un tempo si giravano in otto. Non dico che sia sempre un male. A volte un certo cinema, che io chiamo di pancia, dettato da condizioni diœcili, porta risultati straordina­ri». Tipo? «Non essere cattivo che Valerio Mastandrea produsse a–rontando mille ostacoli. Oppure un piccolo lm come Sicilian Ghost Story, che mi è piaciuto da morire». Anche a me, moltissimo. Ma siamo in pochi. Il botteghino dice altro. «Lo so, ma non esistono solo gli incassi». E lei, perché ha prodotto Chi m’ha visto? «Perché io amo il cinema ma il cinema non ama me. Non mi prende in consideraz­ione. E provi a immaginare perché». Perché fa television­e? «Esatto. Pensano che vedermi sul grande schermo faccia subito ction». Qualche regista o produttore glielo ha mai detto così, esplicitam­ente? «Non proprio. Lo so di essere un volto televisivo, anche se non ho mai fatto una di quelle lunghe serialità per cui poi ti identi cano solo con un personaggi­o, cerco di fare una miniserie o un lm per la Tv all’anno. Però evidenteme­nte la mia cautela non basta: ruoli per il cinema non me ne o–rono. Quindi ho messo in piedi un progetto da solo».

Nel lm interpreta un uomo che decide di sparire. Ha mai avuto la tentazione? Magari per sfuggire ai lati fastidiosi del successo? «Non ci ho mai pensato. Mi piace il mio successo costruito lentamente, insieme al pubblico. La mia unica preoccupaz­ione è lasciare un bel ricordo di me. Ci penso tutti i giorni: voglio che, quando sarò morto, la gente dica che ho fatto delle cose buone». Che uomo crepuscola­re. «Ho una visione un po’ cupa della vita, in eetti (ride, come colto in agrante, ndr). Per dire, a casa abbiamo una scatola da scarpe dove io lascio dei bigliettin­i che scrivo ai miei ‚gli, che adesso hanno 14 e 12 anni. Non chissà quali messaggi: sono cose qualsiasi, tipo mi trovo nel tal albergo, nella tale città, questo oggi è il mio stato d’animo, vi penso…». E i suoi gli non vogliono mai aprire la scatola? «Sì, certo, ogni tanto ci provano. Ma io glielo impedisco perché voglio che leggano queste cose solo quando io non ci sarò più. Avranno un valore più alto. Di mio padre mi è rimasta un’unica cartolina che ricevetti quando ero in servizio militare e mi dispiace non averne ricevute altre». Come è con i suoi gli? Severo? «Credo di essere equilibrat­o. Con loro non sono tanto crepuscola­re, giuro. Però ricordo sempre loro che le cose possono cambiare all’improvviso, che magari non andremo sempre in vacanza in posti belli e costosi, che non devono dare per scontato che potranno avere sempre le scarpe più belle e alla moda. Lo spettro della povertà che mi insegue». Addirittur­a. «Non sono nato in una famiglia povera, ma certo non ricca. Uno stipendio solo, quello di mio padre, e quattro ‚gli. A me passavano i jeans di mio fratello, il motorino già usato da mio fratello, le giacche di mio fratello. Quindi sto sempre all’erta, con questa idea ‚ssa che tutto può ‚nire da un momento all’altro». Ma è sempre stato così cupo? «Abbastanza. Ero un bambino introverso». Sarei curiosa di sapere che cosa dice suo fratello quando lei esterna certe preoccupaz­ioni apocalitti­che. «Ah guardi, non creda. Anche lui ha i suoi lati crepuscola­ri, come li chiama lei». L’ha presa in giro spesso perché nelle ction muore sempre. «Non sempre!». Tutto questo morire in scena è catartico? «Non direi. Però può essere parecchio divertente. Non ho mai riso tanto come sui set dei ‚lm più drammatici». E in questo nuovo lm muore? «Scompaio ma non muoio. Promesso». In questa pagina e a pag. 157: abito, Giorgio Armani. Sneakers, Adidas. Styling Suite19pr. Grooming and hair Fulvia Tellone per Simone Belli Make up. TEMPO DI LETTURA PREVISTO: 8 MINUTI

AI MIEI FIGLI RICORDO SEMPRE CHE LE COSE POSSONO CAMBIARE ALL’IMPROVVISO. È LO SPETTRO DELLA POVERTÀ CHE MI INSEGUE

 ??  ?? VENITE A VEDERCI Dall’alto: Beppe Fiorello a Sanremo 2013, dove ha cantato Vecchio frac di Modugno; in Chi m’ha visto con Pierfrance­sco Favino, 48 anni.
VENITE A VEDERCI Dall’alto: Beppe Fiorello a Sanremo 2013, dove ha cantato Vecchio frac di Modugno; in Chi m’ha visto con Pierfrance­sco Favino, 48 anni.
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 ??  ?? DOPPIO RUOLO Beppe Fiorello, 48 anni, al cinema dal 28 settembre con Chi m’ha visto, che ha anche prodotto.
DOPPIO RUOLO Beppe Fiorello, 48 anni, al cinema dal 28 settembre con Chi m’ha visto, che ha anche prodotto.
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