GERMANIA, NUOVE ELEZIONI E VECCHI DEMONI
Che Merkel che fa
La Grosse Koalition, che ha retto le sorti della Germania rendendola prospera, stabile e centrale nell’architrave dell’Unione Europea, non c’è più, è stata spazzata via domenica scorsa alle elezioni politiche. Angela Merkel è stata confermata sì per la quarta volta cancelliera, ma l’alleanza fra il suo partito, la Cdu, la costola bavarese della Csu e l’Spd è saltata. I socialdemocratici di Martin Schulz hanno deciso infatti di andare all’opposizione, un gesto di responsabilità visto che la convenzione costituzionale in Germania prevede l’assegnazione della presidenza della commissione bilancio al principale partito alternativo al governo. In caso contrario, quell’incarico sarebbe toccato all’estrema destra di AfD, Alternative für Deutschland, nato nel 2013 ed esploso sull’onda della protesta contro migranti e Ue, che ha conquistato il 12,6 % e 94 deputati al Bundestag, dove entra per la prima volta. È probabile che alla fine nasca un governo «Giamaica», formato da Cdu/ Csu, Verdi e i liberaldemocratici di Fdp, ma il dato più impressionante, al di là della composizione del nuovo governo, lo hanno fornito gli elettori. Il problema dei tedeschi non è l’economia, ma l’immigrazione. La Germania, le cui previsioni dicono che quest’anno crescerà leggermente meno del 2%, con un lieve rallentamento l’anno prossimo, è solida. Il problema casomai, osserva il vicepresidente dell’Ispi Franco Bruni, è lo squilibrio «dell’avanzo delle partite correnti della bilancia dei pagamenti che negli ultimi anni è andato crescendo fino a raggiungere, l’anno scorso, il livello dell’8,5% del Pil, un’anomalia a livello mondiale». L’avanzo mostra «che la Germania non “spende” abbastanza e con ciò frena la crescita dei suoi partner e tende a indurre uno squilibrio opposto, un deficit, nei loro conti con l’estero». Ma è in questa Germania, così economicamente stabile, che la destra anti-migranti riscuote un incredibile successo. Dunque «la spiegazione non va cercata nei bilanci delle famiglie tedesche», osserva Carmelo Palma, «ma nei demoni della storia europea, che la rivoluzione demografica presente e ventura ha purtroppo prepotentemente risvegliato». Sarà uno dei temi principali, se non il primo, della campagna elettorale italiana appena (ri)cominciata.
Le «luiginarie» del M5S
Anni di tecno-entusiasmo a Cinque Stelle si sono infranti alla fine dell’estate 2017. Le primarie del M5S, ma forse sarebbe meglio chiamarle «luiginarie», erano già un bluff in partenza, perché servivano solo a incoronare Luigi Di Maio contro i sette avversari nani, tra cui un candidato che si è presentato dicendo di fare il tifo per lo stesso vincitore annunciato. Il partito di Beppe Grillo è riuscito però ad andare oltre. Al problema politico, la vittoria scontata del vicepresidente della Camera, si è sommato anche un problema tecnico: gli elettori hanno avuto molte difficoltà ad accedere a Rousseau, il cosiddetto sistema operativo del M5S. David Puente, ex dipendente della Casaleggio Associati che per settimane ha raccontato sul suo blog le vulnerabilità del sistema di voto a Cinque Stelle, ha spiegato su Twitter quanto gli sia stato complicato esprimere la preferenza, ma non è il solo. L’hacker che aveva già colpito la Casaleggio nei mesi scorsi è tornato e ha spiegato di aver votato decine di volte, violando i server dei Cinque Stelle. Il Sacro Blog ha precisato che i problemi si sono verificati per colpa dell’«alta affluenza» di partecipanti e ha rinviato per due volte la chiusura delle urne, ma alla fine hanno votato appena 37.442 persone (Di Maio ne ha presi 30.936). I fautori della democrazia digitale e della democrazia diretta, insomma, non sanno neanche organizzare delle primarie online: Rousseau si è inceppato come un Windows 95 qualunque. Viene da chiedersi che cosa avrebbero detto i Cinque Stelle se questa «competizione» fosse stata messa in piedi dal Pd. Come minimo si sarebbero messi a ridere. P.S. «Io vi mangerei soltanto per il gusto di vomitarvi», dice ai giornalisti Beppe Grillo, che alla manifestazione dei Cinque Stelle a Rimini ha regalato soldi finti ai media. Non far più ridere, per un comico, è il contrappasso peggiore.
FAVOLE C’era una volta un nazista tedesco... E poi papà? C’è ancora. CAINO