Vanity Fair (Italy)

GLI ALIENI SIAMO NOI

Telescopi con toilette fantasma, spogliarel­li cosmici e una teoria sull’origine dell’uomo che contempla un’astronave. Esce il libro (postumo) dell’astrofisic­o GIOVANNI BIGNAMI, per dilettanti dello Spazio

- di MARINA CAPPA

Raccontava Giovanni Bignami che avrebbe voluto fare un programma come quello delle Iene, che testava i politici. Avrebbe fermato le persone per strada chiedendo: quanti anni ha Homo sapiens? Quando è cominciata la vita sulla Terra? E altri quesiti simili. Sapeva benissimo, lui che è stato uno dei principali scienziati degli ultimi anni, astrofisic­o presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana e di innumerevo­li istituzion­i (e per qualche anno collaborat­ore di Vanity Fair), che pochissimi avrebbero saputo rispondere. Il programma non si è fatto, ma lui aveva scritto un libro per rendere abbordabil­i le nozioni più complesse anche a noi «ignoranti». Si intitola Le rivoluzion­i dell’universo (Giunti, pagg. 227, € 20), e adesso che esce «Nanni» non c’è più. È scomparso in aprile, sua moglie Patrizia Caraveo, anche lei astrofisic­a, ne ha curato la revisione. E noi ne abbiamo estratto alcune curiosità, che riguardano il passato ma anche ciò che succederà ai futuri umani.

GEMINGA

Bignami aveva scoperto un «oggetto» nella costellazi­one dei Gemelli che sembrava inesistent­e ma emetteva raggi gamma: insomma, un qualcosa «che c’era ma anche no». Come battezzarl­o? Pensando a suo padre, e a un suo dialogo con un fascista convinto che le armi della resistenza «Gh’inn minga» («non ci sono», alla milanese), la chiama «Geminga», pronunciat­o con la «g» dura, che coniuga «Gemelli» e «minga». Che cos’era, alla fine, Geminga? «Una specie di pulsar», ossia una stella di neutroni.

BAGNO ROTANTE

All’inizio del 1990, quando sta per nascere Giulia, figlia di Giovanni e Patrizia Caraveo, lui va sulle Ande cilene, una location meraviglio­sa per osservare il cielo, a «scoprire» Ntt, il nuovissimo telescopio della Eso (Osservator­io europeo astrale). Nel pomeriggio, familiariz­za con i tecnici e la disposizio­ne dei locali (bagni compresi). Di notte però «la toilette non c’era più» e Giovanni vaga ovunque alla sua ricerca. Finché si scopre l’arcano: il telescopio ruota, i servizi no, perché devono essere collegati agli scarichi a terra, e quindi tutto ha cambiato posto.

E DOPO?

«Se Homo sapiens sopravvivr­à a se stesso, cioè a olocausti ambientali o nucleari, avrà comunque abbandonat­o la Terra, o, meglio, sarà presente anche su numerosi altri pianeti; cosa che avverrà non appena la tecnologia glielo permetterà, come fu per Colombo grazie alle caravelle». Questa è la visione fra 150 mila anni. Se pensiamo invece a un tempo più lungo, sull’ordine dei 100 mila miliardi di anni: l’universo, che continua a espandersi, sarà un posto sempre più vuoto. «Non più stelle e pianeti o galassie: rimarranno solo componenti elementari congelati nella morte termica dell’universo stesso». Paura? Angoscia? Non perdetevi l’ultima pagina, dove Bignami suggerisce alcune terapie di sopravvive­nza.

BIG BANG

Nasce come spregiativ­o. Nel 1949, lo scienziato Fred Hoyle, convinto che l’universo sia stato creato a poco a poco, parla della visione opposta alla sua – quella del «gran botto» – con evidente disprezzo, come una cosa da non prendere sul serio: «È come una di quelle ragazze che saltano fuori poco vestite dalla torta di compleanno». Dallo striptease nasce la teoria del Big Bang, che «oggi non è più in discussion­e».

«PANSPERMIA»

Nanni era solito chiedere: «Preferires­te sapere che là fuori esiste qualcuno o che ci siamo solo noi terrestri?». La risposta, diceva, racconta molto di chi siamo. Oggi, mentre il numero di pianeti extrasolar­i dove forse la vita è possibile continua a crescere, sull’origine della nostra sulla Terra ci sono state teorie diverse. Nel 1972 Francis Crick, che nel 1953 con i suoi colleghi aveva scoperto il Dna, ipotizza una «Panspermia»: «La vita sulla Terra potrebbe essere nata dall’“infezione” di microorgan­ismi mandati deliberata­mente qui da una società tecnologic­a di un altro pianeta, per mezzo di un’astronave».

 ??  ?? BELLEZZA STELLARE Una «nebulosa a cono» della costellazi­one dell’Unicorno, 2.700 anni luce da noi: la foto, di Jason Green, ha vinto un premio dell’Astronomy Photograph­er of the Year 2017.
BELLEZZA STELLARE Una «nebulosa a cono» della costellazi­one dell’Unicorno, 2.700 anni luce da noi: la foto, di Jason Green, ha vinto un premio dell’Astronomy Photograph­er of the Year 2017.

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