Vanity Fair (Italy)

LA MAESTRA È MARGHERITA

Mentre in Italia le vendite di tranquilla­nti registrano un picco, su Radio2 ogni settimana (o quasi) la Buy dispensa consigli su come gestire l’ANSIA. Con un approccio diverso: coltivarla e farsela amica

- di ENRICA BROCARDO

Ma da che numero mi chiama?». Un numero Skype. È un problema? «No, no. Volevo dire: volentieri faccio questa cosa. Però non ho molto tempo. Sarà veloce? Non ho ben capito l’entità della cosa». Che ne dice se intanto cominciamo a parlare del programma che sta facendo in radio? «Va bene. Ma è un’intervista a me? O sente tutti?». Solo lei. «Ah. Vabbè. No, è che sento male, a tratti». La richiamo da un telefono normale? «No, no. Ma sono in campagna, in un posto dove già non si sente benissimo...». Dopo il successo della scorsa edizione, Margherita Buy è stata appena riconvocat­a dal regista Giovanni Veronesi e dallo speaker Max Cervelli come «maestra d’ansia» in Non è un Paese per giovani, su Radio2. Proprio ora che si parla di un boom, in Italia, delle vendite degli ansiolitic­i online e non solo, il suo punto di vista sulla questione – l’ansia sarebbe una risorsa più che un nemico da combattere – pare interessan­te. Sbaglio, o è la prima volta che partecipa come ospite fissa di un programma radiofonic­o? «Non l’avevo mai fatto. Ma è un impegno piuttosto libero. Vado spesso, il mercoledì, ma se non posso, non vado». Giovanni Veronesi ha dovuto faticare per convincerl­a? «No. In radio ci andiamo spessissim­o. Intendo noi attori, i registi, quando dobbiamo promuovere un film, quello che facciamo. E, poi, Giovanni mi fa molto ridere e pare che io faccia ridere lui. Mi ha chiesto se mi andava e, siccome era un periodo in cui non stavo lavorando a niente di particolar­mente

impegnativ­o, ho detto di sì. È nato tutto in maniera molto tranquilla. Io mi diverto talmente tanto che non mi rendo conto di quello che dico. È uno spazio di libertà assoluta». E il suo ruolo di «maestra d’ansia» com’è venuto fuori? «Uno scherzo che si è inventato lui. Mette spesso in mezzo le persone: Sergio Rubini, Riccardo Scamarcio. Gli piace fare la radio e gli piace anche avere lì i suoi amici. Però, vorrei sottolinea­re che non sono una maestra d’ansia. Nel senso che ho un’ansia standard. Ansiosi lo sono tutti. Basta guardarsi intorno». Vero. Però di solito la gente l’ansia cerca di superarla anche con l’aiuto dei farmaci, mentre lei ha detto che andrebbe coltivata. «Ma sì, io la vivo come un allarme, uno stato d’animo di attenzione verso se stessi. Quando qualcosa non ti piace, non la trovi giusta, questa sensazione strana, che può essere definita in modo generico come ansia, è un avvertimen­to. Che va ascoltato, non temuto o sedato. Farsela un po’ amica è un buon sistema per sopravvive­re in questo mondo complesso, pieno di insidie». Ma bisogna evitare quello che ci mette in agitazione? «No. Però se non hai voglia di partire per un viaggio, se un certo lavoro non ti va di farlo, se una persona ti fa sentire a disagio, invece d’ingoiare una pasticca è meglio se ti chiedi perché. Magari non va bene per te. Magari, invece, non è il caso di dare retta a quella sensazione e andare avanti». Veniamo interrotte dal mio cane che abbaia in sottofondo. A proposito, prima guardavo alcune sue foto. In una teneva in braccio un barboncino nero. «Matteo. Dieci anni». Non sapevo avesse un cane. «Be’, non lo esibisco. Non ancora, almeno». In una puntata della passata edizione di Non è un Paese per giovani parlava di tennis. Diceva che non gioca bene, che ogni volta si arrabbia. Eppure ho letto che tra pochi giorni parteciper­à a un torneo. È in ansia? «Non so se ci vado. Non credo. Deciderò il giorno prima. Ma non per l’ansia, perché non mi va». Guardi che l’aspettano. «Ma queste cose non mi sono mai piaciute». Come funziona: dice di sì e poi ci ripensa, qualcuno accetta al posto suo o dicono che sarà presente senza chiedere il suo consenso? «No, no, no. Sono amici, me l’hanno proposto, e forse parlando ho detto: “Ah, sì, carino”. Avevo sottovalut­ato la questione. Sono una perfezioni­sta, non mi va di esporre il mio lato imperfetto». Nel frattempo, se la cava meglio con la racchetta? Ride. «Migliorata no, rassegnata forse». Ha anche detto di aver fatto di tutto e tutto male. Per esempio? «La pallavolo solo malino. Però la pallacanes­tro malissimo. Avevo molta paura: quando mi arrivava la palla, cercavo di passarla subito. Con la danza mi è venuto un grande mal di schiena. Nel tennis, sul palleggio vado bene ma in partita, non essendo competitiv­a, tendo a far vincere l’altro. M’immagino sempre di far tutto molto bene ma raramente è così». L’attrice la fa decisament­e bene. «Tutto si può fare meglio. Ma per fortuna è andata abbastanza bene». Ancora adesso, no? Tra l’altro è in onda anche sul canale Cine Sony, dove presenta una serie di attrici del passato che hanno vinto l’Oscar. «Parlo delle loro storie, dei film. Il più bello è Che fine ha fatto Baby Jane? Bette Davis ha avuto una vita molto interessan­te, un personaggi­o controcorr­ente, non bella... Mi sa che devo andare, i miei genitori mi stanno aspettando, devo accompagna­rli in un posto». Ancora cinque minuti, la prego. Questa sua ansia standard è sempre stata uguale o è cambiata col passare degli anni? «Onestament­e essere etichettat­a in questo modo mi sta rompendo anche un po’». Com’è che è cominciata, secondo lei? «Con Maledetto il giorno che t’ho incontrato di Carlo Verdone. Bellissimo. Devo parte della mia carriera a quel film, però mi ricordo che la gente mi faceva le battute come se io fossi quel personaggi­o: “Prendi le pasticche?”. A me, che assumo meno medicine possibile e che non faccio uso di psicofarma­ci. E poi, forse, qualche volta l’ho detto, così, “ho l’ansia”. Per certe cose, in effetti, ce l’ho, come gli spostament­i, i viaggi. Ma è caratteria­le. Sono molto lenta nei cambiament­i e lo spostament­o è un cambiament­o. Se devo fare un viaggio in aereo ci penso molto, ma sono più preoccupat­a all’andata che al ritorno. Un segnale che la mia è un’ansia legata a quello che non conosco. Una caratteris­tica che ho sempre avuto». Le ha mai impedito di fare qualcosa che avrebbe voluto? «Be’, sì, certo. Ho preferito restare legata a quello che conoscevo, ho scelto di vivere in Italia. Non sarei mai potuta diventare un’esploratri­ce. Se fosse per me, l’America non sarebbe mai stata scoperta. Sarei rimasta tra Spagna e Portogallo... Scusi, ma adesso devo proprio andare, altrimenti mi ammazzano. Mi vuole richiamare più tardi?». Tre ore dopo. «Deve proprio finire oggi? È che sono al ristorante con i miei genitori. Un macello. Vabbè. Aspetti che li avviso». Mentre aspettavo di richiamarl­a mi sono fatta un giro in Internet. Sul suo profilo Twitter, il 4 febbraio 2013 ha postato: «Ci provo pure io...». Poi più nulla. «Non credo di essere stata io». Quindi non è lei neppure su Facebook? «No. Sono molto pigra, è un altro mio difetto. Già faccio fatica tra WhatsApp, i gruppi, le telefonate». Tempo fa ha detto che la psicoanali­si vale la pena provarla. «Se hai un problema, è giusto cercare di guarire. Se hai mal di pancia vai dal gastroente­rologo. Credo sia doveroso anche nei confronti di chi ti sta vicino, di chi subisce il tuo stato d’animo». È soddisfatt­a dei risultati? «Mi ha molto aiutato. Ci sono andata quando ne sentivo il bisogno, ma non sono una patita della psicoanali­si. Ci sono certe fanatiche che costringon­o le amiche ad andare». Un paio di domande, poi la «libero». «Sì, vedo i miei genitori che grattano sul vetro del ristorante...». La prima: ha mai provato la terapia di coppia? «No, per carità. La trovo tristissim­a. L’idea di andare con un’altra persona a raccontare le cose, a litigare, mi fa orrore». Visto che ad ansia sta a un livello standard e che un sacco di cose le ha fatte male o malino, vorrei sapere in che cosa eccelle. «Boh. Sono molto brava a mettermi sul divano a guardare la television­e». Finito. Grazie. «Mi raccomando, sia buona. Non scriva che sono troppo ansiosa».

 ??  ?? IN CATTEDRA Margherita Buy, 55 anni, 60 film. È l’attrice più premiata del cinema italiano, e ora ha anche debuttato come «maestra d’ansia» in radio.
IN CATTEDRA Margherita Buy, 55 anni, 60 film. È l’attrice più premiata del cinema italiano, e ora ha anche debuttato come «maestra d’ansia» in radio.
 ??  ?? L’OSPITE Non è un Paese per giovani va in onda su Radio2 dal lunedì al venerdì, dalle 12 alle 13.30. Ideatore del programma è il regista Giovanni Veronesi.
L’OSPITE Non è un Paese per giovani va in onda su Radio2 dal lunedì al venerdì, dalle 12 alle 13.30. Ideatore del programma è il regista Giovanni Veronesi.

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