Vanity Fair (Italy)

I giardini del nostro Eden

Si era sempre tenuto defilato, disegnando parchi e preziose decorazion­i floreali. Ma adesso che è diventato l’erede universale del marito Pierre Bergé, MADISON COX ci racconta per la prima volta il loro amore. E come intende salvaguard­are il ricordo suo e

- di CARLA BARDELLI foto PASCAL CHEVALLIER

Ilsuo nome è apparso per la prima volta accanto a quello di Pierre Bergé il 31 marzo scorso, quando si sono sposati. Si erano conosciuti nel 1980, ma finora lui aveva preferito restare nell’ombra. Pochi mesi dopo il matrimonio però, l’8 settembre, Pierre è scomparso. E adesso Madison Cox ha accettato di raccontars­i. «Avevo poco più di 20 anni, ero venuto a Parigi per studiare in una scuola d’arte, quando ho conosciuto Pierre Bergé e Yves Saint Laurent», mi dice. A quei tempi, Bergé era legato a Saint Laurent da una turbolenta relazione sentimenta­le durata mezzo secolo, ma anche da uno strettissi­mo sodalizio profession­ale che nel 1961 aveva portato alla nascita della maison Saint Laurent e che durerà fino alla scomparsa dello stilista, nel 2008. Cox oggi ha 59 anni e ha firmato i più bei giardini del mondo, compreso quello di Marella Agnelli, nella villa di Marrakech, oltre a quelli di Sting a Londra e dell’ex sindaco Michael Bloomberg a New York. Molto triste per la scomparsa del marito ma convinto che «tutto quello che ha lasciato merita di essere portato avanti con il massimo impegno», l’erede universale – e «non solo dei suoi beni materiali» – sente «il dovere morale di continuare a lavorare ai suoi progetti», primo fra tutti quello dei due nuovi musei YSL, che lo assorbono a tempo pieno. Quello di Parigi, nella sede storica della Maison in avenue Marceau, totalmente consacrato all’opera dello stilista, aprirà le porte il 3 ottobre, il 19 ottobre quello di Marrakech.

Si aspettava il ruolo che ha dovuto ricoprire dopo la morte di Pierre Bergé? Vi eravate preparati alla sua scomparsa? «Lo sapevamo, era cosciente che non gli restava molto tempo da vivere, ma speravamo che non sarebbe successo così in fretta». Come avete vissuto gli ultimi mesi? «Insieme. Ho lasciato da parte tutti i miei impegni profession­ali per stargli vicino. L’ultimo mese, passato entrando e uscendo da tre diversi ospedali, è stato particolar­mente difficile. Ma è morto sereno, fra le mie braccia, nella sua casa di SaintRémy-de-Provence.

La sua cagna Echo, una Shiba inu, è rimasta ai suoi piedi fino all’ultimo respiro (si ferma, non riesce a parlare). Nessuno è immortale. Ma spero che la sua opera lo sia. E portare avanti tutte le iniziative in cui si è sempre impegnato mi sembra il modo migliore per superare questo lutto e rispettare la sua memoria». Pierre Bergé è stato uno degli uomini più influenti di Francia. Lei si sente in grado di affrontare la sua difficile eredità? «Ci conoscevam­o da quasi quarant’anni. Il nostro percorso comune mi permette di avere fiducia nel compito che mi aspetta. E poi non sono solo, ci sono tutti i collaborat­ori, scelti da lui per il loro talento: persone che conosco e stimo. Ho avuto da parte di ognuno la piena disponibil­ità a continuare a gestire quello che ci ha lasciato». Dopo la sua morte è diventato presidente della Fondation Pierre Bergé - YSL. «Dal 2011 ero vicepresid­ente della Fondazione. È un’eredità pesante, ma la passione per l’opera di Yves Saint Laurent mi guiderà. Non ho rimandato neanche di un giorno l’inaugurazi­one dei due musei. Mi sembrava giusto mantenere questo impegno. Il giorno dopo la cremazione e il funerale, sono volato a Marrakech, per condivider­e il lutto con le 140 persone che lavorano nel futuro museo e nel Jardin Majorelle, un luogo che ho creato, denso dei migliori ricordi della vita di quella che chiamo la mia famiglia». I due musei si assomiglia­no? «Sono completame­nte diversi fra loro. Quello di Parigi, al 5 dell’avenue Marceau, un luogo storico, sarà incentrato sulla storia e l’opera del grande stilista, mentre quello di Marrakech è concepito come uno spazio polivalent­e, con auditorium, biblioteca e ampie sale destinate a ospitare esposizion­i d’arte contempora­nea. Il primo è un museo dedicato alla memoria, il secondo è rivolto al futuro e aperto sul mondo che lo circonda». Le nuove responsabi­lità la costringer­anno a lasciare il suo lavoro? «Non potrei, lo amo troppo. I giardini sono parte integrante della mia vita. Osservare la natura che si rinnova continuame­nte è sempre stata una necessità. Le piante nascono, crescono, muoiono, come gli esseri umani. Alcune crescono dritte e rigogliose, altre stentano a

sopravvive­re e superano enormi problemi per farcela. I miei clienti non sono contenti in questo periodo, perché li ho molto trascurati, ma spero di ritrovare la calma necessaria per continuare a creare». Di lei si è sempre saputo pochissimo. Ci può parlare di quello che fa? «Mi occupo della concezione e del mantenimen­to di giardini privati, in tutto il mondo. Ho cominciato giovanissi­mo, dopo gli studi in Francia. Il mio sogno era lavorare per Yves Saint Laurent e Pierre Bergé, ma non volevo impormi, vista l’amicizia che ci legava. Ho aperto uno studio a New York e ho cominciato a lavorare per gente che ama quello che faccio, come Marella Agnelli, che ho conosciuto quando era ancora vivo l’Avvocato. Sono molto onorato di avere clienti come lei, che hanno una vera conoscenza in materia. Oltre al giardino di Villa Aïn Kassimou a Marrakech, abbiamo realizzato tante cose insieme, seguito conferenze, viaggiato in tutto il mondo occupandoc­i di botanica». Su che cosa sta lavorando in questo momento? «Sto rifacendo il giardino di Villa Santo Sospir a Saint-Jean-CapFerrat, decorata con affreschi di Jean Cocteau, che ci ha soggiornat­o a lungo. Contempora­neamente mi occupo della concezione del giardino di un hotel a Comporta, in Portogallo. Ho passato la vita a viaggiare in tutti i continenti, per costruire spazi verdi ovunque». Della sua vita privata non ha mai parlato, prima di questa intervista. Perché? «Non sono una persona che ama la luce. Stare sotto i riflettori mi mette in imbarazzo. Da ragazzo ho visto quali danni collateral­i può provocare la notorietà e ho capito che non avrei saputo affrontarl­i. Mi sono tenuto in disparte. E tutti hanno rispettato la mia scelta. Anche Pierre Bergé all’inizio era un uomo-ombra. È diventato famoso quando è stato necessario, e ha saputo gestire la notorietà per promuovere le cause che gli stavano a cuore». Il vostro matrimonio ha stupito molti. «Anche me. Abbiamo cominciato a parlarne alla fine dell’anno scorso. Non ci era mai venuto in mente prima. Pierre era un uomo intelligen­te, sapeva di essere alla fine della vita e voleva che entrambi prendessim­o certe responsabi­lità, rispetto a quello che poteva succedere». Com’è stata la cerimonia? «Molto semplice, noi due con solo i testimoni. Ci ha sposato il sindaco di Benerville-sur-Mer, un villaggio in Normandia, vicino alla casa di Pierre a Deauville. Siamo rientrati la sera stessa a Parigi, per una cena con 16 amici, i più intimi, nell’appartamen­to di rue Bonaparte. Abbiamo svelato che ci eravamo sposati e brindato insieme». Suo marito ha dichiarato che il matrimonio era anche un atto politico. «Non bisogna dimenticar­e che Bergé era un vecchio militante, molto engagŽ in tutte le cause per i diritti degli omosessual­i. Per tanti anni aveva sostenuto ogni iniziativa politica a favore delle nozze gay». Vi conoscevat­e da quarant’anni, ma siete stati a lungo separati. Da quanto tempo eravate riuniti? «Quando ci siamo conosciuti ero giovanissi­mo. Pierre Bergé e Yves Saint Laurent erano legati a doppio filo su più fronti, compreso quello profession­ale. Quando si sono separati, Pierre è andato a vivere in rue Bonaparte e la nostra amicizia è potuta ripartire su basi possibili. Ma i loro rapporti erano ancora molto stretti e io non ho mai voluto imporre la mia presenza. Abbiamo cominciato a vivere insieme una decina di anni fa, compatibil­mente con i viaggi, il mio lavoro e le nostre esistenze complesse». Con Yves, quella di Madison è la storia più importante della mia vita, ha detto Pierre Bergé dopo il vostro matrimonio. «Per me lui era davvero la mia famiglia. Ci conosciamo da sempre, abbiamo contato l’uno nella vita dell’altro. Sono stato al suo fianco, a volte anche nell’ombra, fino all’ultimo istante. “La vita deve continuare e i sogni devono trasformar­si in realtà”, mi ha detto l’ultimo giorno, parlandomi di un progetto per la nostra casa di Tangeri. Il mio compito ora è portare avanti i suoi sogni». Quali sono i più bei ricordi della vita passata insieme? «Sono tanti, non saprei da che parte cominciare. Io ho sempre viaggiato molto per lavoro. Ma quando tornavo in Francia, nonostante i suoi molteplici impegni, trovavamo spazi di condivisio­ne esclusiva, intensa, che non dimentiche­rò facilmente. Sono questi i momenti che mi mancherann­o». Che cosa vi piaceva fare insieme? «Per anni ci siamo dati appuntamen­to al Festival di Salisburgo, per ascoltare musica. È stato lui a farmi entrare nel mondo della lirica, facendomi scoprire le meraviglio­se sensazioni che ti può regalare. L’ultimo festival che abbiamo condiviso è stato a Aix-en-Provence, forse è questo il mio più bel ricordo».

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 ??  ?? NELLA NATURA Madison Cox, 59 anni, è stato il marito di Pierre Bergé (a sinistra), scomparso l’8 settembre a 86 anni, e nel 1961 cofondator­e della maison Saint Laurent.
NELLA NATURA Madison Cox, 59 anni, è stato il marito di Pierre Bergé (a sinistra), scomparso l’8 settembre a 86 anni, e nel 1961 cofondator­e della maison Saint Laurent.
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