Scandalo (italiano) a Los Angeles
Sesso, razzismo, violenza: arriva il romanzo di CHIARA BARZINI che ha già conquistato l’America
Da Roma alla California, al seguito dei genitori hippie che fanno cinema e che inseguono il loro personalissimo sogno hollywoodiano, la teenager Eugenia arriva a Los Angeles nel 1992, in una città ancora sconvolta dagli scontri razziali seguiti all’uccisione da parte della polizia di Rodney King, tassista afroamericano. Con la sola protezione della Vergine Maria – alla quale si rivolge sperando che ascolti le sue preghiere e la faccia tornare in Italia – Eugenia inizia a immergersi nella vita e nella cultura della San Fernando Valley tra gang, personaggi strani, rave, canne e sesso e una nostalgia di casa che giorno dopo giorno lascia spazio alla fascinazione per la nuova vita. Accolto molto bene negli Usa (Esquire l’ha messo tra i libri migliori del 2017), Things That Happened Before the Earthquake arriva in Italia con il titolo Terremoto (Mondadori, pagg. 336, € 19; tradotto con la collaborazione di Francesco Pacifico). L’autrice è Chiara Barzini, scrittrice e sceneggiatrice, nata a Roma in una famiglia di cinema e letteratura (suo padre Andrea è regista, il nonno, Luigi, è stato un famosissimo giornalista, scrittore e parlamentare liberale). Come Eugenia ha vissuto a Los Angeles da adolescente e per questo suo primo romanzo ha attinto a piene mani ai propri ricordi. Il libro avrebbe potuto anche essere un memoir. Come mai ha deciso per il romanzo? «Un memoir mi avrebbe ingabbiata troppo. Il romanzo mi ha dato libertà ed è stato anche molto più divertente. Io a Los Angeles sono arrivata nel 1994, quindi dopo il terremoto, ma per scelta ho deciso di ambientarlo nel mezzo dei conflitti razziali, perché le conseguenze di quegli eventi erano ancora molto presenti quando sono arrivata. Ad esempio, c’erano leggi che impedivano ai ragazzi a scuola di indossare i colori rosso e blu, in quanto simboli delle gang. Oppure di fermarsi per strada a parlare in gruppi più numerosi di due persone». La scelta di scriverlo direttamente in inglese come è nata? «Liceo e università li ho fatti negli Stati Uniti: è lì che ho iniziato a frequentare corsi di scrittura e a buttare giù racconti. In realtà una prima versione del libro era in italiano, ma non ha mai carburato. Nel mezzo di una specie di crisi ho contattato Francesca Marciano (scrittrice e sceneggiatrice, ha pubblicato libri in entrambe le lingue, ndr) e parlare con lei mi ha fatto capire la direzione da prendere». Il libro è molto esplicito. Si è mai posta il problema del politically correct? «In realtà no, e neanche il mio editore. Durante le presentazioni americane mi sono accorta che i temi che lì scandalizzano di più sono la sessualità, la violenza sugli animali e le questioni razziali: da questo punto di vista essere straniera mi ha salvato». Da anni vive a Roma con un compagno e due bambini. Che effetto le fa ora tornare a Los Angeles? «Durante la prima settimana sono felice, voglio bene persino al traffico. All’ottavo giorno mi ritornano in mente i motivi per cui me ne sono andata, le cose che non sopporto: andare a dormire troppo presto, svegliarsi all’alba, il cibo, l’ossessione per la forma fisica. Quando però decido di andarmene di nuovo ricomincia a mancarmi. Amore e odio. Nel libro lo chiamo “il luminoso invisibile”, è l’atmosfera indescrivibile, una specie di quiete magica che si inserisce in luoghi impensabili: è questo che mi manca di più». Anche lei come Eugenia aveva un debole per Johnny Depp? «Una vera ossessione. Mio padre era diventato amico del suo manager, ma io lo vidi solo una volta di sfuggita, in cui tra l’altro caddi per terra, mi ruppi le calze e mi ubriacai. E non c’è mai più stata una seconda occasione».