Io scendo qui
Premiatissimo, il romanzo di COLSON WHITEHEAD racconta la schiavitù, tra Storia e fantascienza
Da piccoli sono le favole e le mappe a trasformarci in lettori. Le prime servono a farci perdere in mondi paralleli simili al nostro, altrettanto pieni di eroi, cattivi e castelli da forzare. Le seconde invece a farci ritrovare: prima all’interno di dimensioni inventate dalle geografie complicate, poi in quelle terrene quando siamo smarriti. Alla fine però arriva La ferrovia sotterranea di Colson Whitehead (vincitore del Pulitzer e dell’Arthur C. Clarke Award come miglior romanzo di fantascienza) a mandare tutto alla rovescia: è difficile capire se nella storia di Cora in fuga da una piantagione schiavista, la favola che la racconta e la mappa clandestina che l’aiuta a scappare servano davvero per avanzare o trovare una specie di salvezza, perché nella storia degli afroamericani il concetto di progresso va usato con cautela. Cora avanza, dalla Georgia alla Carolina del Nord e ancora oltre, quasi fossero i livelli di un videogioco beffardo e sanguinario: in realtà, la ferrovia prende il nome da quel reticolo di strade e caserifugio che fino alla metà dell’Ottocento puntavano verso gli Stati liberi. Whitehead – il master di questa partita allegorica – inventa un treno anacronistico per alternare alla vividezza della schiavitù una fantascienza che non è davvero tale, una magia laica che rende la storia americana ancora più bruta. Ormai quasi libera, Cora passeggia accanto alle vetrine e ne diventa parte: in una specie di museo che serve a educare il popolo sui vari costumi del mondo, è costretta a impersonare se stessa nel ruolo di passeggera di una nave in arrivo dall’Africa, anche se in realtà non l’ha mai presa. Ed è lì che intuisce qualcosa sulla Storia: «La verità era la vetrina di un negozio in perenne cambiamento, manipolata da mani altrui mentre non guardavi, seducente e mai davvero a portata di mano». Whitehead non nomina mai Ferguson e Charlottesville, ma il suo treno arriverà anche in quelle stazioni, malgrado Cora sia ormai scesa e abbia trovato un suo modo di stare in America. Scritto come una favola la cui semplicità è costata all’autore 16 anni di ricerca, La ferrovia sotterranea è il tipo di romanzo che ci ricorda perché siamo diventati lettori, e quanto è gratificante e facile esserlo anche quando uno scrittore cambia le regole del gioco: una mappa per perderci, una fiaba per ritrovarci.