Cambia il vento
In Costa Smeralda si è conclusa la stagione della vela, ma comincia un’altra sfida che riguarda tutti: la salvaguardia dell’ambiente acquatico. Un grande navigatore solitario racconta cosa c’è davvero nei mari e perché è il momento di invertire la rotta
Sembrano danzare a fior d’acqua le barche dell’Audi Sailing Champions League, spettacolo conclusivo della stagione velica di Porto Cervo. A fine settembre i migliori club del mondo si sono sfidati in regate a bastone, a bordo di agili J/70 dello Yacht Club Costa Smeralda. Adesso, però, è tempo di un’altra sfida, che ci coinvolge tutti: la salvaguardia dell’ambiente marino. Infatti, il club velico e il suo partner storico, Audi, sono promotori di One Ocean Forum, che si terrà al Teatro Franco Parenti di Milano il 3 e 4 ottobre e sfocerà nella Charta Smeralda, un codice etico, ma anche di intervento concreto. Perché le conseguenze del cambiamento climatico entrano nelle nostre case attraverso la Tv, quando l’ennesimo uragano dal nome di donna devasta Paesi lontani, ma «si misurano anche ogni volta che si esce in barca». Lo sa bene Andrea Mura, che ogni giorno deve aggirare i pericoli dell’inquinamento. Il nostro velista solitario più vincente a giugno ha trionfato per la terza volta di fila nella più dura delle traversate oceaniche, la Ostar: da Plymouth a Newport in 17 giorni, 4 ore, 6 minuti e 19 secondi. Una vittoria agrodolce: «In Nuova Scozia mi è pianto il cuore: ho visto più plastica e container di quattro anni fa». Cadono dalle navi durante le burrasche e sbatterci contro è molto rischioso. Per questo in barca dormo sempre con i piedi in avanti: se c’è un impatto, forse, non mi rompo l’osso del collo. Poi ho visto alghe che emergono a banchi enormi». Un dramma per chi naviga. «Durante l’ultima Rotta del Rhum (un’altra transatlantica in solitario senza scali e senza assistenza, vinta dallo skipper sardo, ndr) avrò fatto 20 retromarce, a motore spento e solo con le vele, per non incagliarmi». Il proliferare delle alghe è conseguenza della temperatura e muta l’ecosistema. «Nel Mediterraneo ho visto acqua molto sporca. Io leggo il mare dalle increspature. A volte, in corrispondenza di una chiazza sembra non ci sia vento. In realtà il vento c’è, ma non riesce a increspare l’acqua ricoperta d’olio». Quello che invece si vede poco è la spazzatura, «che va a fondo e alla prima mareggiata si frulla. Poi la mangiano i pesci ed entra nella catena alimentare». E, così, dopo un lungo viaggio ritorna a casa, sulle nostre tavole. «Perché il mare riceve, nel bene e nel male, quello che produciamo sulla Terra». E viceversa.