Vanity Fair (Italy)

Era mio padre, in arte Mr. Playboy

Si può crescere circondati da conigliett­e nude e diventare un ragazzo normale? A sentire il iglio di Hugh Hefner, pare di sì. In questa intervista di qualche tempo fa, l’erede dell’uomo che ha fatto del sesso un business racconta com’è stato vivere con un

- di STEVEN KURUTZ foto TURE LILLEGRAVE­N

Invece di guardare l’aspetto isico, nelle ragazze cerco il carattere e le af inità che potremmo avere

Hugh Hefner è in casa, o almeno pare. Non possiamo darlo per certo perché Marston non lo vede tutti i giorni, e tecnicamen­te, comunque, non siamo a casa sua. Siamo nella stanza dei giochi, un fabbricato separato dalla Mansion da un centinaio di metri circondati da siepi. Come il resto della Mansion, la stanza dei giochi ha un’atmosfera da museo dello scambismo. Ci sono un biliardo, un calcio balilla, un jukebox, alcuni ipper dell’epoca di Reagan, e un piccolo salottino arredato come fosse l’interno di un furgoncino anni Settanta. Questo pomeriggio c’è anche Julie McCullough, playmate bionda: arrampicat­a su uno sgabello, fuma una sigaretta e gioca a Centipede. E ci siamo io e Marston, che facciamo una partita a biliardo, parlando di com’è essere il …glio di Hugh Hefner. Marston non vive più nella Mansion da quando nel 1998 i suoi si sono lasciati e sua mamma, la bionda playmate Kimberley Conrad (gennaio ’88), si è trasferita in una casa annessa alla proprietà. Marston ha 18 anni, sta per diplomarsi, è un ragazzo alto e smilzo, occhi attenti e un po’ tristi, e un colorito che dice «passo troppo tempo a giocare con i videogioch­i». Non ha la minima traccia della camminata spavalda del padre o dell’attrazione della madre per le luci splendenti di Hollywood. Marston non viene qui tutti i giorni. Di solito lo fa il martedì per la serata backgammon. «È un appuntamen­to …sso», dice. «Io e mio padre parliamo di cosa succede a scuola e delle novità. Qui posso venire sempre a chiacchier­are, ma se si tratta di fare qualcosa insieme, dobbiamo piani…care sempre con largo anticipo. È una persona molto impegnata». Qui hai sempre la tua stanza? «Non più».

Per un ragazzo che ha passato i primi otto anni della sua vita nella Playboy Mansion, la mitica casa della sessualità dei maschi americani, Marston sembra tenersi a distanza dal posto, come se venisse da questo mondo senza però farne parte. Sembra non essere interessat­o a cose come rimorchiar­e ragazze carine, non porta camicie di seta, è stato a capo della Human Rights Student Task Force e difende la causa del Darfur. Eppure a casa ha ricevuto quella che dovrebbe essere l’educazione sessuale più chiara e intensiva del mondo. No? «La mia non è una storia strappalac­rime. Anche se è diversa da quella di qualunque altro ragazzo». Marston si allunga sul tavolo, tira indietro la stecca, e colpisce la palla maldestram­ente. Un addetto stampa di Playboy, incaricato di tenere d’occhio l’intervista – è il primo vero e proprio incontro di Marston con la stampa –, se ne sta tranquillo nella stanza, guardandoc­i. «Le aspettativ­e che ho, per esempio, sulle ragazze sono un gran bel casino. Ho passato tutta la vita circondato da donne arrapanti, per cui una normale liceale non dovrebbe andare bene per me. Ma io, invece di guardare l’aspetto …sico, cerco il carattere e le a¢nità che potrei avere. Perché per tutta la vita sono stato circondato dall’apparenza, e adesso mi accorgo che se con una ragazza non riesco a scambiare due parole…». Non potremmo essere più d’accordo. Ma il ragionamen­to porta a una domanda più profonda: in quanto …glio di Hugh Hefner, hai imparato il sesso come lo imparano gli altri ragazzi, sbirciando i Playboy di tuo padre? «No, il sesso l’ho imparato a lezione di educazione sessuale. In terza media. L’unica ragione per cui potrei saperne di più è che ne ero letteralme­nte circondato. Per cui sono più a mio agio della media dei miei coetanei».

Ed eccoci qua: uno di quei martedì sera, quando Marston e suo padre si vedono per giocare a backgammon in biblioteca. E in quella biblioteca, sopra la porta, c’è appesa una grande foto incornicia­ta della madre di Marston, in topless, con il seno abbronzato e sodo inarcato verso il cielo. Hefner entra trascinand­o i piedi, in vestaglia e pigiama di seta, mostrando tutti i suoi 82 anni. Si siede rivolgendo­mi l’orecchio da cui ci sente. Nemmeno un solo tappeto a pelo lungo è stato modi cato da quando, nel 1971, si è trasferito qui. Le luci sono so§use. Alle sue spalle c’è un busto nudo della sua ex …danzata Barbi Benton. In fondo al famoso «grotto» (la grande vasca idromassag­gio nella roccia, ndr), c’è un pannello con pulsanti arancioni che regolano i getti d’acqua e una pulsantier­a per cambiare i dischi. Hefè venuto per parlare di Marston, il suo terzogenit­o. (Ha due …gli da un precedente matrimonio – «Sono arrivati abbastanza per caso», dice – e un altro …glio, il sedicenne Cooper, sempre con Kimberley Conrad). Hef prende in mano un foglio di carta che gli hanno messo davanti sul tavolinett­o. Ci sono le note scritte dal suo addetto stampa su Marston. Gli chiedo di descriverm­i la personalit­à di suo …glio. «È il primogenit­o, e ne è parecchio consapevol­e», dice, sorridendo. «Si considera lui stesso un piccolo Hef». (Più avanti lo chiedo a Kimberley, e lei non è d’accordo: «Credo siano più gli altri a considerar­lo un piccolo Hef»). Hef ha sposato Kimberley il primo luglio 1989, qui alla Mansion. Lui aveva 63 anni. Lei 26. La stampa ha trattato il matrimonio come un momento culturalme­nte decisivo: l’ultimo degli scapoli è stato addomestic­ato. Marston è nato dieci mesi dopo. Per Hef è stata la seconda occasione per mettere su famiglia.

«Negli anni Cinquanta e Sessanta ero assorbito nel mettere su l’azienda. E a metà anni Sessanta mi sono dedicato a scrivere la loso a di Playboy. Nei Settanta sono scappato sulla West Coast e ho fatto quello che faceva molta gente in quel periodo». Scambismo? «Scambismo. Ho ride nito la natura stessa dello scambismo». E negli Ottanta? «Un decennio decisament­e oscuro per l’azienda e per me. Nel 1985 ho avuto un infarto causato dallo stress. Nel matrimonio con Kimberley cercavo un porto sicuro. Non avevo mai pensato davvero di risposarmi, ma sentivo il peso degli anni, e quando l’ho conosciuta ho pensato: non troverò di meglio, non mi devo lasciar scappare l’occasione». «Con Marston c’ero, ero un padre presente. Lo vedi nella prima versione di quel documentar­io sulla mia vita che ha fatto A&E, American Playboy, si vedono i giocattoli all’ingresso. E Marston era un fan sfegatato di Batman, così un pomeriggio sono arrivato a sorpresa vestito da Batman e ho cercato di convincerl­o che ero Batman!». Sulla parete dietro Hef c’è una foto di lui con i gli, i due maschi con gol ni celesti uguali. Quanti anni hanno i bambini in quella foto? «Non lo so», risponde.

Data la considerev­ole esperienza di Hefner con il sesso opposto, mi chiedo quale distillato di saggezza paterna può avere trasmesso a Marston. «Stai alla larga», dice. «Attento. Quelle portano solo guai. No, non gli ho detto niente di tutto questo. O forse sì. Credo che molte di queste cose le abbia imparate guardandom­i». Ma si è mai seduto con Marston per fargli il discorsett­o sulle api e i ori? Scuote il capo. Ha mai provato a spiegargli il fatto che, subito dopo la separazion­e, ha iniziato a uscire con sette bionde diverse? «Direi di no. Cosa dovevo spiegargli?». Non c’è mai stata nessuna conversazi­one sulla monogamia o il matrimonio? «Che tipo di conversazi­one sarebbe stata?». Ma cosa può aver pensato delle sette bionde? «Che nessuna donna ha rimpiazzat­o la loro mamma, perché uscivo non con una ma con un gruppetto di ragazze. Credo che i miei gli l’abbiano apprezzato». Dopo circa tre quarti d’ora, Hef sembra s ancato. Spengo il registrato­re, e lui si alza dal divano. Nel farlo lascia andare una scoreggia senza nemmeno tentare di nasconderl­a. Nessuno nella stanza batte ciglio. Ecco come Marston descrive sua madre: «Lei è quella dura, ha dovuto esserlo. Ha ottenuto il 75 per cento della nostra custodia. Lei è quella che dice: “Questa cosa non va bene”, deve fare il poliziotto cattivo». Ed ecco come lei descrive se stessa: «Penso ci sia un tempo e un luogo per tutto. Se le persone vogliono stare nude, è una loro scelta. Quando i bambini erano piccoli e abitavano nella casa accanto, e Hef la domenica organizzav­a il “Summer Fun in the Sun”, pensavo non fosse proprio il caso che vedessero tre ragazze che facevano sesso nel “grotto” e un tizio che si buttava in mezzo a loro. Non era una cosa appropriat­a».

Casa di Marston è collegata alla Mansion da un cancello. Una sera mi invita da lui a giocare a Guitar Hero. Davanti alla porta sul retro, ci imbattiamo in Kimberley, che sta salutando un maggiordom­o della Mansion. I pantaloni della tuta bianchi e i capelli biondi tirati indietro la fanno sembrare non tanto una bronzea dea del sesso quanto una quarantaqu­attrenne madre di due gli che abita in periferia. Il modo in cui guarda Marston rivela il tipico disappunto dei genitori: non sapeva fosse in compagnia. Kimberley è ferocement­e protettiva con i suoi gli e perfettame­nte consapevol­e di cosa signi chi per Marston essere glio di Hugh Hefner. «Marston e Cooper sono cresciuti circondati da playmate, non vedo quale sia il problema. È come lavorare da Krispy Kreme: non è che ti mangi tutte le ciambelle». Ha mai parlato con i ragazzi della vita sentimenta­le del padre? «Credo che ogni persona abbia una sensibilit­à diŸerente. Non penso che i miei ragazzi niranno per andare in giro per Hollywood facendo i machi con cinque ragazze al seguito. La

sensazione che ho io è che saranno monogami». Marston ultimament­e è impegnato a compilare i moduli di ammissione al college. A giugno prenderà il diploma e lascerà Kimberley con Cooper, che a sua volta andrà al college l’anno successivo, lasciandol­a qui con i suoi cani, da sola. Le chiedo se è contenta che Marston vada a scoprire il mondo. «Molto», dice. «Ma sono anche preoccupat­a, anzi preoccupat­a non lo scriva: è una parola negativa. Voglio solo che sia felice. Spero che si goda gli anni del college. Sono certa che mi mancherà. La verità è che l’idea mi fa stare male. Amo i miei €gli, amo averli intorno: sono una parte enorme della mia vita. Ecco, sono la mia vita». È venerdì sera, e Marston è diretto al Westwood Village, un centro commercial­e di periferia vicino alla UCLA, dove, mi dice, c’è un ristorante semisconos­ciuto che si chiama BJ’s. «Fanno questa cosa che si chiama Pizookie», dice. «È come una pizza grande come un biscotto, e ci mettono sopra il gelato. È buonissimo. Lo dovrebbero provare tutti». Ci sediamo – sceglie un tavolo da dove si vedono bene i campi di pallacanes­tro della UCLA – e ordiniamo una pizza. Ha dei jeans attillati, le Vans, e un giubbotto dorato. Sembra, a essere del tutto sinceri, più o meno un qualsiasi ragazzo bianco e ricco di Los Angeles.

Gli chiedo se si preoccupa mai, con il nome che porta, che la gente voglia sfruttarlo, usandolo per potere entrare nella Mansion, cercando di farselo amico, sapendo che un giorno potrebbe essere lui a gestire l’impero Playboy. «Eh sì», dice. «È facile capire chi vuole essere tuo amico per quelle ragioni e chi no. La gente scopre come ti chiami e ti dice tipo: “Oh, mio Dio, Hugh Hefner è tuo padre. Sei un dio”. E io annuisco e dico, ok, sono un dio. Sono un dio». Playboy lo legge? «Da piccolo prendevo tutti i vecchi numeri, ritagliavo le foto di Pamela Anderson e le tenevo in un raccoglito­re. È un po’ che non lo leggo. Ma continuo ad amarla quella rivista». Cosa legge? «Newsweek. E leggevo il Time, ma non approfondi­scono granché le storie che mettono in copertina. Sono articoli brevissimi. Il Newsweek ti dà più informazio­ni. Leggo il New Yorker. Ma solo quando voglio leggere qualcosa, nel senso di leggere veramente. Devi avere energie per leggere tutta quella roba». Le elezioni le segue? «No». La gente a scuola da lei ne parla? «Direi di no». Ok, mettiamo che un giorno lei ereditasse l’azienda. Ha mai pensato a che cosa cambierebb­e? «Fintanto che il nudo funziona, non credo che cambierei granché. Tranne forse fare delle foto €ghe e artistiche invece dei soliti set. Le ragazze spesso sembrano tutte mandriane. Hai presente? Io farei una cosa meno esplicita, come un corpo dipinto su una tela con dei disegni assurdi. Vorrei farla tornare una rivista €ga. Non come adesso, che se ne parla in modo dozzinale e con il logo a forma di coniglio ci fanno le magliette». E l’estetica di Playboy? «La farei diventare più multicultu­rale e diversa. Ci sono troppe bionde. Io mescolerei dell’altro. Mio padre ha i suoi gusti, io ho i miei». Suo padre, però, è un uomo che ha un suo tipo di donna speci€co. Ovvero: bionda. Ovvero: chirurgica­mente ritoccata. Ovvero: che non emana una quantità eccessiva di ambizione intellettu­ale. In che cosa sono diversi i suoi di gusti? «Mi piacciono le ragazze brune e con gli occhi azzurri. Tutto qui. Mi piacciono le donne intelligen­ti con cui potere avere una conversazi­one. La ragazza nell’inserto centrale della rivista probabilme­nte non sarà mai la mia €danzata perché non la trovo aŸascinante. Me ne frego delle tette €nte €ntanto che una ragazza ha personalit­à, ma in ogni caso la maggior parte delle donne con le tette €nte non mi piace. Perché – mi chiedo –, perché si è rifatta le tette?». Arriva il Pizookie. Lo servono in una teglia da forno e ha l’aspetto di un cibo che potrebbe ammazzare uno yeti. Ok, fanculo il Pizookie. Prima di andare via gli chiedo di raccontarm­i una storia sulla Mansion. «Una volta ero lì con i miei amici, e c’era un gigantesco scivolo gon€abile, come quelli delle piscine», dice. «Era mezzanotte, e io ero lì che dicevo, voglio fare lo scivolo! Non c’era acqua, così ci siamo ricoperti di olio e abbiamo fatto lo scivolo. Abbiamo anche sparato contro gli ospiti con i fucili ad aria compressa. Una volta uno della sicurezza ci ha bloccati. Poi c’è quell’altra storia divertente…». Glielo chiedo in un altro modo. Ha mai visto gente che faceva sesso? «No. Cioè, se vai al “grotto” mentre c’è una festa, può capitare che tu veda qualcuno. Solo che io non dicevo mai. “Andiamo al ‘grotto’ così andiamo a vedere la gente che fa sesso”». Era molto più maturo di me alla sua età. «È solo che è un po’ strano, perché non sono a casa di un mio amico e c’è gente che fa sesso. È casa mia. Solo sapere che c’è gente che fa sesso a casa mia mi mette a disagio».

Quando erediterò Playboy ne farò una rivista meno esplicita, con foto artistiche. Ora le ragazze sembrano mandriane

 ??  ?? LA PLAYMATE Marston Hefner è figlio di Kimberley Conrad, playmate del gennaio 1988. I genitori si sono separati da anni.
LA PLAYMATE Marston Hefner è figlio di Kimberley Conrad, playmate del gennaio 1988. I genitori si sono separati da anni.
 ??  ?? LA PARTITA Hugh Hefner, morto il 27 settembre scorso a 91 anni, con il figlio Marston, all’epoca 18 anni. Si vedevano ogni martedì sera per una partita a backgammon.
LA PARTITA Hugh Hefner, morto il 27 settembre scorso a 91 anni, con il figlio Marston, all’epoca 18 anni. Si vedevano ogni martedì sera per una partita a backgammon.

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