TEMPO DI SURF BOREALE
Mentre altrove si ripone l’attrezzatura nei garage, il 7 ottobre la Scandinavia ospita per la prima volta Eurosurf: sul mare freddo della NORVEGIA si sideranno i campioni su tavola. Intorno, chilometri di spiaggia, ragazze temerarie che aspettano l’ocean
La spiaggia di Sola è un’unghia bianca stagliata contro i tuoni, contro le onde, e contro la sicumera degli aerei che atterrano all’aeroporto norvegese di Stavanger. Le vetrate della sala colazioni del Sola Strand Hotel, ricavata dal fumoir in legno di una vecchia motonave canadese, s’a acciano su questo panorama pieno di segni da elaborare: dune e granellini di sabbia ne. Riessi azzurri e aquiloni da kite che ingoiano il vento del Nord a piene boccate. Reti da beach volley ed elicotteri nel cielo, che riportano a casa i lavoratori dopo i turni inniti sulle petroliere o shore. È un perenne mare d’inverno, dipinto con la dolcezza del paesaggio mediterraneo. Quasi un tropico boreale se il sole fa capolino, lontano dalle asprezze da pionieri delle isole Lofoten o della costa di Alesund. Ci sono anche un poliziotto col cannocchiale e un sursta solitario che emerge dalla schiuma: appaiono sempre regali, gli esseri umani che sdano gli elementi. Ma in questo caso c’è l’araldica ufciale ad accrescere la suggestione: barba scura e un cappellino sulla testa, stamattina in mare c’è sua altezza reale Haakon Magnus, 44 anni, glio di re Harald V ed erede al trono di Norvegia. «Viene spesso», conda il direttore del Sole Hotel, «alle sei del mattino è già in acqua». Una visita non soltanto di piacere questa volta: dal 7 al 16 ottobre questo lembo di Norvegia meridionale ospiterà Eurosurf, campionato europeo organizzato in Scandinavia per la prima volta nella storia. E il principe è qui per accertarsi che tutto sia predisposto, lungo questi novanta chilometri di costa sabbiosa chiamati Jaeren, amati da chi cerca un surf esotico, un po’ estremo ma tecnicamente non impossibile grazie a onde che dicilmente superano i tre metri, vichingo e gelido. «Dopo aver trovato il petrolio, nel 1969, sono arrivati a Stavanger molti ingegneri statunitensi», racconta Christian Øie di Gosta, un tour operator che organizza visite alle cento opere di street art che decorano il centro di Stavanger, «la cultura dello skate e del surf l’hanno portata loro». Un surf controintuitivo, la cui stagione inizia quando altrove si ripongono le tavole nei garage: «Durante l’estate le onde son basse», spiega Gabriel Croswell, un ragazzone californiano che organizza surf tour per l’operatore inglese Foam Travel. «Il periodo migliore è quello delle tempeste: da ottobre no alla ne di aprile». Le scuole per avvicinarsi alla disciplina non mancano: sulla spiaggia di Hellestø c’è la Myggen Surf School di Miguel Angel Sanchez Origel, un nerboruto messicano che ha trovato qui il suo puerto escondido. Le tavole rosse degli allievi punteggiano un mare dai riessi cubani, davvero, ma che nel naso crea una strana sinestesia per via dell’aria fredda che entra nelle radici. Come se il mare si fosse trasferito in montagna, direttamente sul bordo di un ghiacciaio. «Più l’oceano è in burrasca, e più sono le ragazze che troverete in acqua», rivendica Elisabeth, studentessa ventenne di Biologia, arrivata da Oslo per il weekend, «atto un cottage da sola e passo giorni così, a surfare, e svuotare la mente». Il suo villaggio di casette preferito è il Bore Strandcamping, proprio a ridosso della spiaggia di Borestranda, al termine di un sentiero che prima di gettarsi sulle dune attraversa un innito pascolo
di vacche. Qui c’è la surf school di Rune Lye (Surfschool.no), un omone dolcissimo che incrocia la storia della sua scuola con le vicissitudini dei suoi sentimenti, un amore infelice che l’ha fatto entrare e uscire da questo mondo di pioggia insistente, onde e avventura: «Sono stato il primo, vent’anni fa, ad aprire un ostello dedicato ai sursti. Poi mi sono innamorato di una donna religiosissima, seguace di una congregazione cristiana, che prima m’ha fatto vendere tutto, poi m’ha abbandonato». Odiava il surf e s’era ripromesso «mai più», dice. E invece, eccolo ancora qui. Quando nevica, racconta Rune, si può persino vivere la tavola nelle sue tre possibilità più famose: all’alba, godere le onde delle spiagge di Reva, dove il mare crea un break point incontrando il promontorio su cui svetta il faro di Kvassheim. Il pomeriggio, dopo un viaggio di poco più di un’ora, lo snowboard sulle piste di Stavtjørn, stazione sciistica dai dislivelli perfetti per salti ed evoluzioni. Al tramonto poi, esausti, spingersi no al termine del Frafjord e noleggiare una tavola da Sup. Basta un po’ d’equilibrio e un remo per ritrovarsi a toccare le pareti scoscese del ordo. Cadere in acqua e sentirla dolce come un lago ma ondosa come un mare, gelarsi no all’entusiasmo e poi godere di un bagno bollente nella vasca all’aperto della Frafjord Spa, che domina il paesaggio. Perché la contea di Rogaland non è solamente una giostra per sportivi. A partire dal capoluogo, Stavanger, dov’è conservata la più grande collezione di case di legno di tutta la Scandinavia, aacciate sul porto. Un centro petrolifero e peschereccio in cui provare il sushi nordico di Roger Asakil Joya, primo chef lippino a guadagnarsi la stella Michelin nel suo ristorante Sabi Omakase: per i suoi nighiri boreali usa fjelløret, le trote di montagna. Oppure i coregoni, della famiglia dei salmonidi, i reker, minuscoli gamberi di ume, il berice splendente (Brudesk) e le ostriche dal canale di Skagerrak. E sì, anche la balena, la cui pesca in Norvegia è controversa ma controllata, circoscritta a un migliaio d’esemplari l’anno su 100 mila individui stimati nel Nord Atlantico. Il salmone, spiega Roger, è invece rigorosamente d’allevamento: «Perché quello selvatico viaggia per settimane e mangia tutte le schifezze che incontra: alla ne, sa di metallo». Una regione ricchissima, seduta sopra 13 miliardi di metri cubi di petrolio. Oggi, viaggiando lungo i 40 chilometri della strada panoramica dello Jaeren, s’incontrano decine di auto elettriche. S’attraversa il paesaggio del Magma Geopark, una distesa di anortosite splendente, materiale vulcanico trovato sulla Luna dalle missioni Apollo. S’incontrano villaggi bloccati in un fermo immagine come Hauge I Dalane, col suo museo di motori nautici. Oppure abbandonati e trasformati in hotel diusi, come accaduto a Sogndalstrand: «A giugno si possono pescare i salmoni seduti sulle terrazze a picco sul ume», racconta Kari Lie, la direttrice del Sogndalstrand Kulturhotell, servendo zuppa di latte, coriandolo e topinambur. Ogni tanto fa freddo, è vero. Ma è un gelo dispettoso, che dà qualche pizzicotto poi si ritira e ride. Se non t’aggrada il tempo, dicono i norvegesi, bevi un bicchiere di aquavit e aspetta il sole. Se dopo cinque minuti non è arrivato, ordinane un’altra, e aspetta ancora.