Nel giardino di McEwan
QQuando si dice colpo del destino: la presenza dello scrittore Ian McEwan e di sua moglie Annalena McAfee nella esclusiva popolazione dei Cotswolds, a anco di vicini come Kate Moss (apripista della migrazione di vip londinesi verso la campagna), i coniugi Beckham, Kate Winslet, Hugh Grant, Stella McCartney, oltre ai duchi di Kent e a Damien Hirst, che ha pensato di trasferire in un edicio d’inizio Ottocento, il Toddington Manor, una parte della sua collezione d’arte, si deve all’esito sfortunato di una caccia alla casa ideale (rivelatasi inadatta alle loro esigenze) e alla fortuita comparsa sul mercato immobiliare di quella che è diventata, insieme alla residenza londinese che ha ispirato la descrizione degli interni di Sabato, la loro dimora abituale per scrivere e immergersi nella contemplazione del paesaggio. Che, non dimentichiamolo, è anche quello di Downton Abbey (nello specico, il castello di Highclere), Spectre, Barry Lindon e perno Bridget Jones, circa duemila chilometri quadrati suddivisi in cinque contee a ovest di Londra (Wiltshire, Gloucestershire, Oxfordshire, Warwickshire e Worcestershire), da cui distano un paio d’ore di macchina, collegate tra loro da un mare ondulato di colline dolci e da una rete di villaggi di case di pietra calcarea color miele con i tetti aguzzi, un tempo residenza dei tessitori di lana, che fu nell’antichità l’attrattiva della regione non meno di quanto oggi lo sia il vip watching tra siepi di bosso e boschi di alberi secolari. Quest’ultima attività è aborrita dai locali, che nondimeno beneciano dell’indotto provocato dall’aristocratico vicinato: una stanza singola, in un qualunque b&b da queste parti, non costa meno di 90 sterline a notte. La campagna, che pure resta circa l’80 per cento del territorio, è divisa in lotto da circa seimilacinquecento chilometri di muretti a secco (costruiti nei secoli per contenere le greggi) e attraversata da sentieri da percorrere a piedi. Le piccole città, come Cheltenham, Cirencester e, ovviamente, Oxford sono centri culturali attivissimi e o rono un’alternativa molto più comoda alla scena della capitale. In ogni caso, i Suv lungo le stradine, le gallerie d’arte ghette, i molti festival estivi e gli altrettanto molti musei curiosi non sono riusciti a togliere ai Cotswolds – Area of Outstanding Natural Beauty – il loro charme agreste, quello che continua ad attrarre londinesi in cerca di un posto dove vivere in pace e nella natura. Il posto che McEwan e McAfee cercavano si è palesato in un manor costruito nel 1923 dall’architetto scozzese Andrew Noble Prentice, autore della Westminster Reference Library, e poi ampliato nel 1997 dal proprietario che li ha preceduti con l’aiuto di Robert Hardwick. A lui, uno dei massimi esperti nel vernacolo architettonico della regione, si deve l’introduzione di elementi tardo-gotici (in puro stile Strawberry Hill) come le nestre e le porte ad arco acuto, che hanno fatto
della casa con i tre tetti aguzzi d’ordinanza, le grandi nestre verticali e i so tti altissimi un ibrido ben riuscito. Tutto intorno, ad abbracciarla, un gigantesco giardino, una meraviglia inglese di alture, prati, ciu di grandi alberi e uno stagno. In questo bucolico splendore che ricorda quello di contorno alle vicende scabrose di Espiazione, hanno visto la luce i due ultimi romanzi di McEwan, La ballata di Adam Henry e Nel guscio, e il primo di sua moglie Annalena, L’esclusiva (anche il secondo, non ancora tradotto in Italia, Hame, è stato scritto in gran parte qui). Potenza di un paesaggio che appare selvaggio, e che invece nasconde un Dna tutto umano, codi cato già nel 1700 sotto il nome di «pittoresco» dal teorico delle caratteristiche compositive dei giardini (e dei quadri), l’acquarellista Alexander Cozens, autore di saggi che hanno ssato i canoni del giardino all’inglese (come The Various Species of Composition in Nature, The Shape, Skeleton, and Foliage of Thirty-two Species of Trees e A New Method of Assisting the Invention in Drawing Original Compositions of Landscape). McEwan e signora hanno profuso molte energie per trasformare una tenuta fatta perlopiù di pascoli in una mutua fantasia naturalistica in cui regna, apparentemente, il caos. Pergole di rose rampicanti, o di laburni gialli, tassi, glicine, e ancora siepi disegnate dall’arte topiaria, oltre a grandi distese d’erba e a un lago popolato di ninfee (e di anatre, e di rane), che prima del loro arrivo era soltanto uno stagno. Al glicine e alle rose rampicanti sul retro sono state aggiunte, negli anni, piante sempreverdi e ori in bulbo (malvarose, peonie, agapanti, acanti, speronelle e liliacee) e arbusti profumati come gli aranci messicani e le daphne. Fiori di campo crescono spontaneamente tra le crepe, dando al tutto un’aria selvaggia, autentica. Le distese d’erba, a dispetto della loro apparente spontaneità, sono opera (e ad alto prezzo) dell’intervento umano, che, in assenza delle pecore che un tempo si prendevano carico dell’incombenza della tosatura dei prati – oggi ne sono rimaste circa 1.300 –, deve sradicare ogni singolo