Vanity Fair (Italy)

Prova d’amore

Mamma di due bambini, attrice, iglia d’arte e stilista di successo, Nicole Richie racconta come non diventare schiava della moda. Ma, piuttosto, come influenzar­la. Partendo dal potere di uno sguardo

- di TIZIANO MARINO

NNicole Richie mi ha dato appuntamen­to al dodicesimo piano del Freehand Hotel di Los Angeles, a due passi dall’Arts District. Mi accoglie seduta su un divano bianco. Indossa una camicia con maniche a sbuo e un paio di pantaloni a righe verticali che allungano la sua gura. La prima cosa che si nota, però, sono gli occhi: grandi, vivaci, come fossero illuminati di luce loro. Forse è anche per questo, oltre al fatto di essere una delle donne più in‚uenti nel mondo della moda, che Urban Decay l’ha scelta come testimonia­l del mascara Troublemak­er: «Quando ho pensato a chi poter associare l’aggettivo Troublemak­er (una specie di piantagran­e), mi è venuta in mente lei», dice Wende Zomnir, direttore creativo e co-fondatrice del brand. E poi, è una ribelle, e lo dimostra nel modo più naturale possibile. Mrs Richie, quali sono i trucchi immancabil­i? «Il correttore in crema e il mascara. Gli occhi sono la prima cosa che si guarda in una persona». Esce mai struccata? «Nella vita di tutti i giorni sempre». E allora perché ha detto sì a Urban Decay? «Per la sua losoa: rappresent­a quelle donne che vogliono scoprire la loro singolare bellezza ed esprimere la personalit­à senza essere schiave dei trend del momento. Esattament­e come me». È vero che è un make-up a prova di sesso? «Glielo posso assicurare. L’ho scoperto proprio stamattina». Qual è stato il suo look più radicale? «In passato amavo giocare con il colore dei capelli. Li ho avuti viola, blu, rosa. Credo di averli provati davvero tutti. E a 13 anni mi sono rasata le sopraccigl­ia, per errore, e ora mi tocca disegnarle». Quando si è resa conto che la moda sarebbe diventata la sua vita? «Da piccola facevo pattinaggi­o artistico e il costumista di mio padre (Lionel Richie, ndr) realizzava i costumi per le gare. Poi ha iniziato a portarmi nel suo laboratori­o e a lasciare che li realizzass­i io. È lì che ho capito cosa volevo fare da grande». Il miglior consiglio che può dare? «Non smettere mai di impegnarsi e circondars­i sempre di persone che hanno più esperienza».

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