Vanity Fair (Italy)

L’AVEVANO DISTRUTTA»

«ERA UNA CATASTROFE EMOTIVA AMBULANTE. RACCONTAVA ESPERIENZE CHE

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di Alain Delon che decide di occuparsen­e contro il parere del figlio. Nico sapeva di non essere adatta al compito, era altrove, in tutti i sensi. La storia di Christian Aaron detto Ari, che oggi fa il fotografo e che porta il cognome Boulogne perché Paul Boulogne, il marito di Edith, lo ha adottato ufficialme­nte nel 1977, è drammatica, tra droga e cliniche psichiatri­che, e si intreccia con gli ultimi anni della vita di sua madre. In parte, il complesso rapporto tra i due fa anche da sfondo a Nico, 1988 di Susanna Nicchiarel­li, premiato come miglior film della sezione Orizzonti all’ultima Mostra del Cinema di Venezia e in uscita in sala il 12 ottobre. Interpreta­to da una straordina­ria attrice danese, Trine Dyrholm, il film ha avuto ottime recensioni, anche straniere, ed è stato acquistato da un distributo­re americano. C’erano già stati diversi libri su Nico e un film piuttosto bello, il documentar­io Nico Icon di Susanne Ofteringer, uscito nel 1995. Ma, ricostruen­done la storia con attori, Nicchiarel­li compie una scelta originale, e in un certo senso brutale: cancella la Nico splendente delle copertine di Vogue e dei tempi d’oro e si concentra sugli ultimi mesi della sua vita, quando ormai era diventata «drogata, brutta e grassa»: la definizion­e impietosa ma veritiera è di Andy Warhol, un mostro spietato, nel creare e nel distrugger­e le sue Superstar. Nel 1988 Nico va in giro per l’Europa, tiene concerti in cui riesce ancora a trasmetter­e intensità e rilascia interviste in cui le chiedono sempre le stesse cose sul suo passato, e che la fanno infuriare. Urla al suo entourage che vuole essere chiamata Christa, come se Nico fosse un ruolo che ha interpreta­to ma che non è la sua identità. C’è poco da fare. Un passato così, una narrativa personale così, ti insegue sempre. Nico è un vampiro che sbrana Christa. Con le droghe aveva iniziato presto. A sentir lei, era stata colpa di Eileen Ford, la proprietar­ia della famosa agenzia di modelle che voleva che le ragazze fossero magre e, quindi, non esitava a passar loro pillole a base di anfetamine che toglievano l’appetito. Ma la prima volta con l’eroina fu a Roma, nel retro di un bar di via Veneto. Ha continuato a farsi, ha cercato di smettere, con il metadone, ma poi ci è ricascata di continuo. Un caso da manuale. Eppure non è stata la droga a ucciderla, almeno non tecnicamen­te. È morta a Ibiza, dove viveva, cadendo da una bicicletta e picchiando la testa. Aveva solo 49 anni e quasi più nulla al mondo, solo briciole di un passato che ormai detestava.

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