Vanity Fair (Italy)

CERCANDO UN ALTRO EGITTO

Insegnava letteratur­a inglese ai suoi studenti, ballava la danza del ventre sui social: l’hanno licenziata. Ora si candida alle presidenzi­ali del suo Paese nel 2018: forse, MONA PRINCE, non ha speranze. Ma grande tenacia

- Di GRETA PRIVITERA

i accende una sigaretta e si affaccia a una finestra da cui si vede che l’estate, in Egitto, non è ancora finita. «Quanto è bello il mio Paese», sospira. Ci tiene che lo veda anch’io, quindi mette il computer sul davanzale per mostrarmi un giardino di ulivi via Skype. Poi mi porta ai fornelli dove sta cucinando un piatto che sembra delizioso: uno stufato di carne e uva rossa. In appena due minuti di conversazi­one, capisco che Mona Prince è una forza della natura. Parlo con lei, professore­ssa di Letteratur­a inglese di 47 anni, dai capelli neri ricci, indomabili, perché a settembre, con un video su Facebook, ha annunciato la sua candidatur­a alle elezioni egiziane che si terranno nel 2018: sfiderà la dittatura militare di Al Sisi. Nel filmato postato sui social solleva una bottiglia di birra, un gesto che ha fatto molto discutere perché una donna non dovrebbe bere, e, soprattutt­o, non in pubblico. A candidarsi ci aveva già pensato nel 2012, ma questa volta sembra un sogno realizzabi­le: «Mi servono trentamila firme, non credo che farò fatica», dice. Anche se tutto quello che rappresent­a è opposto all’immagine del candidato tradiziona­le: è donna (sarebbe la prima), fuma e beve, non è sposata (e non cerca marito), balla la danza del ventre (e lo fa online).

SDica la verità, va sui social con birra e sigaretta per far parlare di sé. «No, voglio mostrare quello che tutti noi facciamo nelle nostre case. Conosco molte donne egiziane che fumano e bevono, perché nasconders­i? Sogno un Egitto libero dalla schiavitù dell’apparenza. Toglietevi dalla testa che le egiziane sono solo casalinghe col velo devote al marito, ci sono anche dottoresse, giornalist­e, professore­sse». Ha ricevuto critiche per la sua candidatur­a? «Alcune. Ci rimango male soprattutt­o per quelle che arrivano dalle donne, si capisce che sono il frutto di un maschilism­o interioriz­zato. C’è chi mi chiama “puttana”, “infedele”, “stupida”. Ricevo anche molti messaggi privati in cui ammettono di non poter esprimere pubblicame­nte il loro supporto, per evitare il giudizio dei super conservato­ri. Grazie a Dio, ho il sostegno di molti altri, soprattutt­o dei giovani». Crede di poter vincere? «No, nelle ultime elezioni Al Sisi ha ottenuto oltre il 90% dei voti. Ma voglio riuscire a entrare nella lista dei candidati: è importante rappresent­are un altro Egitto». Di che tipo? «Laico, dove ci sia vera libertà di espression­e. Che torni a essere faro culturale per il mondo. Un Paese democratic­o e progressis­ta: basta religione nello Stato». Lei non crede? «Credo, e credere è bellissimo, ma non c’entra con la vita politica». Che cosa pensa del governo Al Sisi? «Il suo regime porta avanti vecchie mentalità. Sono molto conservato­ri, ma potevamo aspettarce­lo, sono militari». E del caso Regeni? «Mi dispiace molto per la sua famiglia. Un giovane studente non può venire nel nostro Paese e morire. Spero si faccia chiarezza su quello che è successo, ma ammetto che in questo Egitto non c’è trasparenz­a». È vero che l’hanno espulsa dall’università in cui insegnava? «Sì, dall’Università del Canale di Suez, ci lavoravo da vent’anni. Mi hanno accusato di glorificar­e Satana, perché ho parlato ai ragazzi del Paradiso perduto di Milton. E poi perché ho pubblicato su Facebook dei video dove ballo la danza del ventre. È vietato ballare e amare la musica? La verità è che provavano a farmi fuori da quando ho preso parte ai movimenti della Primavera araba, ma lo sanno che non è facile liberarsi di me».

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