Vanity Fair (Italy)

TI VIENE VOGLIA DI POLLO»

«NON CI COSTRINGON­O CERTO, MA È COME ESSERNE MENTALMENT­E SCHIAVI: ANCHE SOLO A PARLARNE

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per poi morire all’ospedale due giorni dopo. A detta dei medici, fra le cause della sua morte c’è l’aver trascurato la pressione alta: non dava retta a chi le consigliav­a di cambiare abitudini alimentari e non poteva permetters­i tutti i farmaci che le venivano prescritti per contenere la patologia. I suoi familiari sono convinti che a farla diventare obesa e ucciderla sia stato l’amore per il cibo fritto e troppo grasso. Il figlio di Acheampong, Alfred Osei Tutu, dice che al fast food mangiava solo ogni tanto, e mai da Kfc. Ma le era venuta una passione per quel tipo di cibo, che di solito si cucinava nella sua casa di Accra, dove quindici anni prima si era trasferita dal villaggio, per cercare un lavoro migliore. Acheampong rientra in pieno nella categoria più colpita dall’obesità in Ghana: le donne che vivono in città. Da uno studio pubblicato l’anno scorso sulla rivista Bmc Medicine emerge che l’obesità fra le donne dei centri urbani è al 34 per cento, mentre per gli uomini il tasso è del 7 per cento. «Più hai soldi, più mangi», conclude il figlio Alfred. Il presidente Nana Akufo-Addo, in carica dallo scorso gennaio, ha cominciato a mantenere la promessa fatta in campagna elettorale di costruire una fabbrica in ciascuno dei 216 distretti in cui è suddiviso il Ghana. Come molti suoi connaziona­li, è in sovrappeso e si dice preoccupat­o da questa impennata del tasso di obesità e delle malattie collegate. Lo è anche dalla diffusione dei ristoranti fast food che sta all’origine del fenomeno, ma aggiunge di non voler intervenir­e: «Sono contrario a vietare le cose». Akufo-Addo vorrebbe affrontare il problema estendendo la copertura sanitaria nazionale. Anche se, ammette, non è facile, considerat­i i costi. Per il momento si limita a ripetere le parole di altri leader africani e delle stesse aziende alimentari: «Occorre sensibiliz­zare la popolazion­e su quali abitudini alimentari vanno bene e quali no». Il palazzo della presidenza si trova a pochi passi dal Kfc più frequentat­o del Ghana, dove un sacerdote part-time di nome Joshua Edwards è venuto a comprare il pollo per cinque bambini che vivono in un orfanotrof­io. «La salute è vita, e io alla vita devo starci attento», dice. «Il mio corpo serve a Dio per mettere in pratica la sua gloria». Eppure, dice Edwards, al Kfc ci viene quasi tutti i giorni. «È il sapore», dice, «a darti la dipendenza». «Certo, non è che ci costringan­o a mangiare qui», aggiunge, «ma è come se mentalment­e ne fossimo diventati schiavi: ti viene voglia di pollo anche solo a parlarne». (traduzione di Matteo Colombo)

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