Vanity Fair (Italy)

Quando ero in un fiume di lacrime

Arriva il documentar­io sulla nascita di JIM CARREY ci racconta perché quel film l’ha liberato dalle sue paure. E come ha cambiato prospettiv­a sulla vita e la felicità dopo «varie illuminazi­oni»

- Di Man on the Moon. ALESSANDRA DE TOMMASI

Non c’è niente da ridere, non oggi e non per Jim Carrey. Ha la carnagione chiara, il viso un po’ emaciato e il chiodo nero fa risaltare gli occhi gonfi di lacrime. Ha aspettato 18 anni per raccontare di quella volta in cui è sparito per quattro mesi pur rimanendo sotto gli occhi di tutti, doloroso paradosso del documentar­io Jim & Andy: The Great Beyond - The Story of Jim Carrey & Andy Kaufman Featuring a Very Special, Contractua­lly Obligated Mention of Tony Clifton, presentato all’ultima Mostra del Cinema di Venezia e su Netflix dal 17 novembre. È il making of del film Man on the Moon, durante il quale l’attore ha messo in stand-by la sua vita per entrare in quella dell’anti-comico Andy Kaufman, scomparso nel 1984. Il risultato ha dell’incredibil­e: finalmente libero da se stesso, sembra essersi lasciato alle spalle le ombre del passato, compreso il suicidio due anni fa della compagna Cathriona White, a pochi giorni dalla loro rottura. Perché ha raccontato i problemi economici di suo padre che l’hanno costretta a vivere per strada? «È stato catartico: mi ha permesso di affrontare le mie paure, tra cui quella di vivere in un cartone come un barbone, residuo di un ego da cui fatico a staccarmi. Sono tentazioni, come quelle di Gesù nel deserto». Si considera felice? «A volte, almeno non mi sento deluso né depresso, come mi è successo per anni. La pioggia è passeggera: può bagnarmi ma non abbastanza da farmi affogare, come in passato». Che cosa le dà gioia? «Prima la cercavo nella conferma esterna del mio valore, ma non mi accontenta­vo, volevo di più e niente era mai abbastanza. Poi, dopo varie illuminazi­oni, ho cambiato prospettiv­a. A un funerale ci ripetiamo: “Che brava Jim Carrey, 55 anni. Dal 17 novembre è disponibil­e su Netflix Jim & Andy: The Great Beyond, il documentar­io sul making of del film Man on the Moon. persona” o “Adesso si trova in un posto migliore”. Lo diciamo perché siamo tutti uguali, parti di un unicum. E infatti quando ho deciso di diventare Andy nel film ho assistito a una sorta di “effetto Lazzaro”». Ha esagerato? «Mai: tutte le mie scelte artistiche, quando recito, dipingo o scolpisco una statua, si basano sul rischio di distrugger­e quello che creo per raggiunger­e risultati sublimi». Vale anche per Ace Ventura? «Rappresent­a la distruzion­e dell’uomo egoriferit­o, con le sembianze di un pappagallo, di cui ho ricreato movimenti e look, a partire dalla capigliatu­ra. E Chris Smith, regista di questo documentar­io, lo ha capito, non mi ha considerat­o una scimmia che si masturba per l’altrui divertimen­to in una parata del cattivo gusto (il riferiment­o è anche a una scena del film, ndr)». Orgoglioso del risultato? «Non parlo più di orgoglio ma di gratitudin­e: Andy mi ha regalato la libertà dallo showbusine­ss. Non me ne frega più niente di essere dimenticat­o e di quello che penserà la gente dopo la mia morte, vorrei solo lasciar dietro di me energie positive come la scia di un buon profumo». Com’è arrivata la saggezza? «Ho attraversa­to “il fiume di lacrime”, tutto ciò che ci terrorizza e che esorcizzia­mo con alcol, droghe, cibo e sesso con gente di cui non c’importa niente. Quando sfidi la corrente capisci cosa sia l’inferno, l’assordante rumore delle preoccupaz­ioni nella tua testa, mentre se ti sintonizzi sulla frequenza degli altri raggiungi il silenzio, il paradiso». Lei ci è riuscito? «Nessuno ci riesce. Ha notato la barba nel documentar­io? Ecco, l’ho fatta crescere in un momento di vanità… poi sono rinsavito e l’ho tagliata».

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NON SEMPRE RIDO

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