MAESTRI ISLANDESI
L’Italia non parteciperà ai MONDIALI 2018. Un tracollo storico, da cui si può solo imparare. Prendendo esempio da una piccola nazione, dove è appena iniziata l’era glaciale del calcio
L’Italia, con i suoi 60 milioni di abitanti e oltre un milione di calciatori tesserati Figc, non parteciperà al Mondiale per la seconda volta nella storia. Invece c’è un Paese con gli abitanti di un municipio di Roma che ci andrà per la prima volta, uscita dalle stesse qualificazioni che noi abbiamo fallito, quelle europee, e senza nemmeno passare dai playoff dove siamo stati eliminati, ma andando in Russia da vincitori del girone. Si tratta dell’Islanda, la più piccola nazione di sempre (334 mila abitanti) ad andare a un Mondiale. Il suo allenatore, Heimir Hallgrímsson, è un dentista. Subito dopo la qualificazione, ha mormorato queste confuse parole a un giornalista: «Pelé, Maradona, Aron Einar Gunnarsson (il capitano dell’Islanda, ndr)», prima di allontanarsi. Ma come è successo? È stato un miracolo? No, programmazione sportiva. Vent’anni fa la federcalcio islandese (KSI, calcio si dice «knattspyrna») decise di costruire una squadra di calcio vera e il tentativo è diventata una sorta di ossessione collettiva. La progressione parla da sola. 2011: l’Under 21 va per la prima volta all’Europeo. 2014: falliscono il Mondiale ai playoff. 2016: Europei (dove hanno eliminato l’Inghilterra). 2018: Mondiali. Erano al posto 133 del ranking (oggi occupato dalla Guinea Equatoriale), ora sono al 21esimo. Per diventare un popolo di calciatori, gli islandesi sono partiti dagli allenatori. Hanno creato un vasto programma di formazione e ora hanno 639 allenatori professionisti con patentino Uefa B, uno ogni 524 persone (in Italia uno ogni 4 mila, in Inghilterra uno ogni 11 mila). Il secondo sono le strutture. Per usare un eufemismo, in Islanda fa piuttosto freddo e d’inverno non c’è tanta luce. Il campionato si gioca in stadi pittoreschi, come l’Hásteinsvöllur, dell’IBV Vestmannaeyja, accanto a un vulcano. Ma per allevare i ragazzi la federazione ha investito nelle strutture al coperto: 150 in tutto, in un Paese dove ci sono solo due vere città e tantissimi villaggi. Qui è cresciuta la generazione che andrà in Russia, gli «indoor kids». Dentro c’è un po’ di tutto, qualche campione, come Gylfi Sigurdsson (con 45 milioni di sterline il giocatore islandese più caro di sempre) e qualche personaggio pittoresco, come Halldórsson, il portiere che fa anche il regista tv e nel 2012 ha girato il video dell’Islanda all’Eurovision con Jónsi dei Sigur Rós. Il 1° dicembre ci sarà il sorteggio, l’Islanda è in terza fascia e nessuno vuole averla nel girone. L’era glaciale del calcio islandese è appena cominciata. Sopra, tifosi islandesi agli Europei 2016. Sotto, lo stadio Hásteinsvöllur, sull’isola di Heimaey nell’arcipelago delle Vestmannaeyjar. Conta 3 mila posti.