Vanity Fair (Italy)

CHE ESISTESSER­O GLI AUTORI»

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fisico con la gente, soffrivo come un cane. Ero sconosciut­o, ma un pubblico, come forse solo Verdone, Proietti e Montesano, ce l’avevo. Milano l’aveva cancellato. Poi incontrai Franchino e se parlo di lui non escludo neanche di mettermi a piangere». Franchino Tuzio, manager di genio, scomparso pochi giorni fa. «Cecchetto decise di affidarmi a lui. Io e Franchino ci guardammo negli occhi e diventammo immediatam­ente amici. Mi dette consigli preziosi e seppe tenermi a bada. “Vedrai, la tua occasione arriverà”. Io ne dubitavo. Fremevo. Andavo fuori giri e fuori tono per irrequiete­zza, correndo il rischio di essere l’antipatico o il cretino che smaniava per mettersi in evidenza a ogni costo». Disse: «Gli anni ’90? Non li conosco, li ho vissuti all’Hollywood». «Mancò poco che da Milano me ne andassi definitiva­mente per non tornare più. Ma non l’avrei presa come una sconfitta: “Non è la vita che fa per me”, mi dicevo, “questi pensano solo alla discoteca”. Era una vita notturna bella pesante, quella. Mia madre era preoccupat­a: “Ma che farà ’sto ragazzo su al Nord?”. La tranquilli­zzò papà: “Non ti preoccupar­e, ’sto ragazzo è talmente cretino che non solo ce la farà alla grande, ma ti stuferai di vederlo”. L’episodio me lo confidò lei poco dopo la morte di mio padre. Non si può dire che abbia avuto torto». C’è orgoglio? «Quelli che mi vogliono denigrare dicono “viene dai villaggi”. Ma io so che se non ci fosse stato il prima, non ci sarebbe stato neanche il dopo. Il villaggio è stata la mia scuola, ho imparato a gestire gli imprevisti. Cadeva un faro e i vetri sfioravano una signora? Io non mi fermavo e ci giocavo sopra. Mi avvicinavo e scherzavo con lei: “Che culo signora, sarebbe potuta andare peggio! La stiamo perdendo? Resista, mi raccomando”. Tutto era show, tutto era occasione per improvvisa­re”. A Deejay invece imparai a muovermi su un altro terreno di gioco: il villaggio era diventato l’Italia e con il linguaggio dovevo cambiare anch’io». In tv la si vede sempre di meno. In tv le farebbero ponti d’oro ovunque e invece, dopo Edicola Fiore, ha preferito la radio. «Io non ho più voglia di stupire, mi sono stufato dell’ansia da prestazion­e, delle riunioni, della liturgia. Ora faccio la radio, ma la radio, per carburare, richiede tempo. In tv è tutto e subito. Viva Radio 2, per dire, andò veramente bene solo al terzo anno. Con Il Socialista cerco di far capire che l’età non conta. Che se hai delle idee, anche a 50 anni, come faceva Arbore, puoi incontrare il pubblico più giovane di te. Mi vanto di aver intuito la potenziali­tà degli smartphone già nel 2010 perché mi è sempre piaciuto sperimenta­re e non ho mai voluto sedermi sul successo. Facebook apre una strada, vediamo dove porterà. Anche se non sarò mai ricco nella testa e di una macchina di lusso o di un palazzo in cui andare a vivere non ho nessun bisogno, non patirò la fame». Si diverte? «Moltissimo. Cazzeggio. Con Danti abbiamo lanciato un singolo, una rielaboraz­ione di Fatti mandare dalla mamma. È già in classifica. Oppure ho fatto finta di avere in anteprima Oh, Vita! di Jovanotti sulle note di ’O surdato ’nnammurato. Qualcuno ci ha creduto. Guardi, le faccio vedere (Cerca nel telefonino un messaggio di Jovanotti, che, a quanto pare, cambia un telefono alla settimana. Scorrono i numeri. Jova, Jova nuovo, Jova nuovissimo, Jova ultimo. A esplorazio­ne conclusa, legge: “Mi ha scritto un giornalist­a”, dice Lorenzo, “bellissimo il nuovo pezzo, ma non immaginavo che Rick Rubin amasse questo sound”). Posso inventare e ridere senza stressarmi. Ascolti qui. (Parte un Fiorello in vena imitativa. Immagina Berlusconi e Costanzo come una vecchia coppia di amanti. Silvio è suadente, a Maurizio, come da copione, mancano rudimenti di inglese e l’uso della esse: “Ho un’idea, Silvio, lo facciamo un po’ di bondàgge?”, “Vuoi fare le cosette zozze?”, “Ti faccio fare una posizione che conocco solo io? Il salame di Norcia”, “E come sarebbe questa posizione?”, “Che t’appendo come un salame e te frutto, prendo la frutta e te frutto”. Finale in crescendo. Berlusconi è all’acme della passione: “Sono pazzo di te”. Costanzo cede al sentimenta­lismo: “Damme ’n bacetto”. Sullo sfondo, la musica di Walking dead). Le è piaciuto? Ecco, io a immaginare queste cose mi diverto come un pazzo». Perché non abbiamo avuto altri Fiorello? on lo so, forse perché Walter Chiari io lo guardavo veramente. Ma 30 anni fa non ero capace di fare quello che faccio oggi, ero talmente ignorante che pensavo: “Ma porca puttana, che fortuna questo comico. Gli è venuta la battuta proprio adesso che è in tv”. Non immaginavo che ci si potesse sedere a un tavolo per scrivere o scalettare. La battuta per me doveva venire all’impronta, automatica­mente, affinando l’improvvisa­zione». Ma è possibile non vederla più, in tv? «È possibile che non la faccia mai più, sì. Per me l’importante è fare spettacolo. Con una o con tremila persone, è uguale. Accadrà finché vivrò perché sono riuscito a smettere di fumare, ma non riesco a smettere di pensare al mio mestiere. La tv è un’altra cosa. È il meno veritiero dei mezzi con cui mi esprimo. Il più irregiment­ato. È vero che sono pigro, che mi piace stare a casa con Susanna e con le nostre figlie, che il mio divano è la mia Arca e che quando faccio qualcosa di importante, per un effetto psicosomat­ico, vorrei regolarmen­te ammalarmi. Ma è vero anche che per adesso non ne ho più voglia. Se riguarda

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