Vanity Fair (Italy)

CHE TI AIUTI VERAMENTE»

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Il più grande spettacolo dopo il weekend, vedrà che dopo aver cantato, esco salutando le immagini dei grandi personaggi che da Sordi a Fellini, da Loren a Mastroiann­i, avevano lavorato allo Studio 5 di Cinecittà, guardo la telecamera e vado dietro un muro. Mentre lo facevo pensavo proprio “non mi rivedrete mai più”». Perché? «Perché era partita la gara a parlar male di me. A mettere in piazza ingaggi inventati, a pubblicare articoli tremendi, a organizzar­e all’interno della stessa Rai trasmissio­ni utili a rompermi pretestuos­amente le palle. Ero molto arrabbiato. Se ci ripenso, come diceva Dalla, preferisco tornare di nuovo in cantina». Fiorello è permaloso? «Sì, sono permaloso e rancoroso e faccio molta fatica ad accettare le critiche. Sono fatto così: ti posso piacere o meno, tu sei libero di dire ciò che vuoi, io di non fare più un varietà. Poi i tempi sono cambiati e non è detto che ciò che andava bene ieri vada bene anche oggi. Vedo gente che con il 22 per cento di share stappa lo champagne. Noi arrivammo al 63. Quanto dovrei fare ora per non deludere le aspettativ­e?». Cos’è l’invidia? «Diego Abatantuon­o sostiene che sia la religione nazionale e che in Italia, se ce la fai, ti ammazzano. Aggiungo che quando non sei nessuno, non c’è uno che ti aiuti neanche per sbaglio. Io sono uno che ha cercato la propria strada. Senza compromess­i». Di compromess­i si è parlato a lungo per il caso Weinstein. lo sapevo che me lo chiedevate. Avrei voluto fare outing, darvi uno scoop, dirvi che ho rubato o picchiato un extracomun­itario, rivelarvi persino che sono etero, ma ho il sospetto che ve ne sareste fregati. Vanity è un confession­ale e lei ha anche la faccia del prete giovane. Quindi, parlerò di Weinstein, ma non sono sicuro di poter essere corretto». Vada. «Sono solidale con le ragazze che l’hanno detto subito e anche con quelle che hanno reso pubbliche le molestie dopo venti o trent’anni, il ritardo non conta. Però oltre a quello di chi usa il proprio potere per ottenere del sesso, manca un tassello. C’è un altro aspetto che non ho mai letto su nessun giornale. Sa qual è? Che non solo esistono le consenzien­ti che non si fanno né vedere e né sentire, ma neanche uno straccio di produttore che abbia detto “Ci sono ragazze che tendono vere e proprie imboscate” e che una volta saputo che in un certo luogo ci sarà quel produttore vanno da lui e dicono “vengo a letto con te se mi dai la parte”. Ci sono quelle che hanno fatto carriera così e ci sono, come in Bellissima di Visconti, le madri che ai produttori hanno portato direttamen­te in dote le loro figlie. Tutte sante? Non credo. Non vorrei essere tacciato di misoginia. Bisogna dire che ci sono i porci e però, per essere giusti, equi e realisti, è necessario dire che ci sono anche quelle che si sono concesse per scelta. Se aspettiamo un po’, le donne che diranno “l’ho fatto con gioia”, arriverann­o. Ne sono sicuro». Offerte equivoche ne ha ricevute? «Quando non ero famoso, con le ragazze avevo un discreto successo. Ero un semplice barista che si appoggiava al bancone del bar e ci provava con quasi tutte. Da quando sono diventato famoso mi è andata peggio. Sarà brutto da dire, ma è la verità. Ero io stesso a contenermi. Non capivo se la ragazza veniva con me perché era affascinat­a dal mio ruolo o perché le piacevo. Il fascino del ruolo esiste. Una volta intervista­rono Vasco Rossi: “Ma tu non pensi che le donne corrano da te perché sei Vasco Rossi?”, “Ma io sono Vasco Rossi” rispose. E meno male. Altrimenti il mondo sarebbe solo di Brad Pitt o di Clooney». Il suo pubblico è cambiato? «Un tempo le persone mi chiedevano gli autografi e dicevano: “È per me”. Poi siamo passati alle madri, alle zie e alle nonne. Quando arriveremo alle bisnonne capirò che è finita». Il ritiro a 60 anni l’ha annunciato. «Ma ci riuscirò? Non vorrei fare come i Pooh che sono stati recentemen­te premiati per il seicentesi­mo addio annunciato in carriera». E nell’attesa? Programmi per il futuro? «Vorrei invecchiar­e, ma purtroppo non ci riesco».

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