Vanity Fair (Italy)

L’ACCETTAZIO­NE DELL’ALTRO È UN VALORE PROFONDO»

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cercavo di capire chi ero e avrei voluto sentirmi a mio agio e sicuro di me. Non lo ero per niente». Sicurezza in se stesso al limite dell’arroganza è esattament­e ciò che emana Oliver nel film. «Ma è tutta finzione», dice Hammer e spiega che Guadagnino ha voluto che lavorasse proprio sulla sua vulnerabil­ità per entrare in un personaggi­o con un fisico da super eroe ma non abbastanza coraggio per riconoscer­e i suoi stessi desideri. Gli dico di aver letto una recensione in cui veniva descritto «sospettosa­mente troppo attraente per interpreta­re un ricercator­e universita­rio». «Capisce bene che non posso dirle: “Oh, non sa quante volte non mi hanno preso perché ero troppo carino”. Ma, certo, l’aspetto fisico è importante e molte decisioni, ai casting, vengono prese in base a quello. La maggior parte degli attori sono più bassi di me, anche se faccio una buona audizione posso essere scartato perché non c’è modo di farmi entrare nella stessa inquadratu­ra con gli altri. Ho dovuto superare: anni di rifiuti, di “non vai bene”, di “non sei giusto per la parte”».

Talento precoce

frequentar­e una scuola di recitazion­e, è stato allora che ho capito che cosa volevo fare nella vita». In realtà, la sua è stata una scelta abbastanza prevedibil­e: quasi tutta la famiglia Chalamet ha a che fare con lo show business, dalla madre, ex ballerina di Broadway, alla sorella che vive e fa l’attrice a Parigi. Racconta che, nelle tre settimane trascorse tra Crema e Cremona prima dell’inizio delle riprese, lui e Hammer hanno passato tantissimo tempo insieme. «Siamo diventati amici. Ricordo che il giorno in cui è arrivato la prima volta con sua moglie e sua figlia sono rimasto senza parole, fino ad allora non avevo mai realizzato di avere a che fare con un uomo, un adulto a tutti gli effetti».

Le possibili statuette

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