Ridere, dopo il Bataclan
I registi di tornano con un film su una cerimonia di nozze molto caotica. Perché «la commedia è l’unico modo per nascondere la tristezza»
Sono spesso un incubo i matrimoni, per gli sposi, stressati dai preparativi, e per gli invitati, costretti a partecipare a interminabili cerimonie. Lo è di certo quello di C’est la vie — Prendila come viene, il nuovo film dei registi di Quasi amici, Olivier Nakache ed Éric Toledano, in sala dal 30 novembre. A rendere speciale il giorno più bello della vita di Pierre ed Helena dovrebbe essere Max (un super Jean-Pierre Bacri), wedding planner sull’orlo di una crisi di nervi. Ma tra camerieri improvvisati, cuochi squinternati e fotografi in declino, nulla andrà come previsto. A partire dalle scelte musicali, raffinate quelle richieste da Pierre, pacchiane quelle che propone l’egocentrico dj James, che a un certo punto si lancia in un’esilarante performance sulle note di Se bastasse una canzone di Eros Ramazzotti. A interpretarlo è Gilles Lellouche: «È un uomo che sembra un macho senza cervello, un vero stronzo, e che si riscopre un timido dal cuore tenero. Éric e Olivier sono maestri del ribaltamento dei cliché». C’est la vie è una commedia corale che ha un’ambizione precisa, spiega Éric Toledano: «Gli attentati terroristici hanno generato un grande clima di tensione in Francia. Entrare in sala e vedere le persone ridere è il traguardo più importante che un regista possa raggiungere di questi tempi. La commedia è l’unico espediente che conosciamo per nascondere la tristezza». Ma non solo. Come in Quasi amici («una luce che ha illuminato le nostre vite», dicono i registi), anche qui Toledano e Nakache sono bravi a far convergere mondi apparentemente distanti. Nella squadra multietnica gestita da Max, non c’è dialogo e tutti si urlano addosso cercando di imporre il proprio punto di vista su ogni singola questione. Ma nel momento di massima emergenza, lo spirito di squadra avrà la meglio e ognuno offrirà il proprio contributo per non far naufragare la festa. Un film non meno politico dei loro precedenti, che dimostra come vivere in armonia sia possibile solo attraverso l’accettazione e la tolleranza e che adattarsi è l’unica via. «Viviamo in una società dove siamo costantemente connessi, ma mai in ascolto dell’altro. Comunichiamo per finta e siamo sempre più soli. Fortunatamente il cinema non ha ancora perso la capacità di emozionare e unire», dice Toledano. Un pensiero che rivolge soprattutto agli americani: «Furono gli unici a stroncare Quasi amici. Hanno completamente frainteso le intenzioni di un film che voleva essere di riconciliazione accusandoci addirittura di razzismo. Non credo che quella reazione, così isterica, fosse un buon segno e Trump ne è la dimostrazione».