Vanity Fair (Italy)

SE MI FANNO TORNARE DA MIO MARITO, SCAPPO»

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Una volta abbandonat­a la casa familiare, le bambine si occupano delle faccende nelle loro nuove case e solo a pochissime di loro è concesso di continuare a studiare. Chandra Ramesh, professore in una scuola femminile in Rajasthan, assicura che solo circa il 30% di quelle che lasciano la scuola dopo il matrimonio, poi riprende a studiare. Arti non è tra queste. Ramgani Jat è una sopravviss­uta in un sistema in cui i ruoli di genere sembrano inamovibil­i. «Io voglio continuare a studiare, voglio finire la scuola», dice convinta Ramgani. Ha appena compiuto 18 anni e, sebbene sia stata sposata quando era molto piccola, è stata reclamata dai suoi suoceri all’età di 14 anni. Nella sua nuova abitazione si è resa conto che le cognate continuava­no a studiare e si è rifiutata di accettare la sua situazione. Si è ribellata e un suo zio ha convinto il padre a rimandare il trasferime­nto di Ramgani a casa del marito e a farlo gradualmen­te, in modo da farle concludere almeno le scuole superiori. I litigi tra Ramgani e suo padre per gli studi sono quotidiani. Ma gli atti di ribellione della ragazza hanno conseguenz­e molto dure per lei: si va dalla violenza fisica ai tormenti di tipo emotivo. Tuttavia, alla fine, è riuscita a continuare la scuola, dove oggi arriverà comunque tardi perché i compiti che le affidano in casa la impegnano più del dovuto. Non indossa la stessa divisa delle sue amiche: veste come un ragazzo. Ha sulle spalle il peso di essere donna in una società profondame­nte patriarcal­e e di appartener­e alla casta Jat, particolar­mente maschilist­a. Le donne Jat sposate, per esempio, non possono sedersi allo stesso livello dei mariti o di altri parenti maschi. Quindi, se gli uomini si siedono su una sedia, le donne devono sedersi a terra. Quando Ramgani torna a casa da scuola, sale a cavalcioni su una moto che le ha prestato un parente e sorride timidament­e: «Non mi importa quello che mi faranno, se mi obbligano a tornare a casa di mio marito, scappo». (traduzione di Giulia Zavagna)

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