Vanity Fair (Italy)

I GIÒ FORMA ALLA CONQUISTA DELLA SCALA

Dagli stage dei concerti rock all’Albero dell’Expo, dalle sfilate di moda agli allestimen­ti per la Scala di Milano: per i creativi dello studio GIÒ FORMA ogni progetto deve «fare spettacolo», comunicare emozioni. Ne realizzano a centinaia ogni anno, ma un

- di TOMMASO GALASSI foto ELENA DI VINCENZO

La prima volta che li incontro è alla fine di una conferenza stampa al Teatro alla Scala di Milano. Al capo di un lungo tavolo, tra stucchi dorati e seggiole Luigi XVI, si sta alzando una bella coppia sulla quarantina: lei alta e bionda con gli occhi valorizzat­i dall’eye-liner, lui in abito nero senza cravatta. Sono due dei tre soci dello studio Giò Forma, che ha debuttato nel tempio italiano della lirica a settembre, dopo vent’anni di successi nel mondo della musica pop e rock, e che il grande pubblico ha imparato a conoscere perché ha firmato l’Albero della vita di Expo Milano 2015. Alla Scala torneranno ad aprile per una nuova produzione diretta dal maestro Riccardo Chailly, ma intanto stanno lavorando alle prove del tour di Jovanotti e ai set della fashion week milanese che si svolgerà dal 20 al 26 febbraio. Da Giorgia a Tiziano Ferro, da Laura Pausini a Marco Mengoni e Renato Zero, non si contano gli artisti italiani che li hanno scelti per i loro tour, ma anche case di moda come Marni e Versace hanno chiesto la loro collaboraz­ione, e dopo Expo le commission­i sono aumentate. Me lo raccontano davanti a un caffè e a una cassa di arance biologiche appena arrivate dalla Sicilia, nel grande open space nel quartiere di Porta Romana, dove 18 tra artisti, architetti, designer (e un grosso cane nero, chiamato Alì) danno vita a uno degli studi creativi più ricercati d’Europa: i Giò Forma, per l’appunto. I tre soci hanno 47 anni, e lavorano insieme da una ventina. «Io e Florian ci siamo conosciuti a Milano nel ’91», racconta Cristiana Picco, «stavo per discutere la tesi in Pittura a Brera, e lui era appena arrivato da Amburgo per studiare design». Oggi, Florian Boje e Cristiana sono sposati e hanno una figlia quindicenn­e che frequenta il liceo classico; ma allora, la prima cosa che fecero fu mettere insieme un gruppo punk: lui chitarrist­a, lei cantante. Dopo la fine degli studi, Cristiana vinse un concorso per scenografo alla Scala, e fu assunta in pianta stabile. L’amore, però, la portò a scelte diverse: «Due anni dopo lasciai la Scala, e quindi lo stipendio, le certezze, e tutta quella roba lì, per lavorare con Florian». La loro passione era il rock, e fecero di tutto per entrare in quel mondo. Ricorda Florian: «La svolta ci fu nel ’98, quando il manager di Vasco Rossi passò davanti alla vetrina di un negozio che avevamo allestito per la Virgin: gli piacque così tanto che ci chiamò per fare il palco di Vasco. Da allora non ci siamo più fermati». A quel punto conobbero Claudio Santucci, il terzo socio, e scoprirono che (come Florian) anche lui aveva fatto la tesi di laurea sui palchi rock. Racconta Claudio: «Da ragazzi, tutti e due eravamo rimasti folgorati assistendo ai concerti dei Pink Floyd, visti naturalmen­te in tappe diverse. Ricordo benissimo quello dell’88! Entrambi pensammo che nella vita avremmo voluto collaborar­e con band di quel calibro». Claudio riuscì persino a lavorare per un po’ col loro scenografo, Paul Staples, a Londra. «Dopo avergli rotto le palle in maniera scientific­a, mi ha preso con lui, ma è andato in pensione un anno e mezzo dopo». I primi incarichi arrivarono ai tre da Mtv (hanno progettato i palchi di 150 studi e awards in tutta Europa). «Avevamo tanta libertà», ricorda

Cristiana. «Qualche giorno fa, ho incontrato Fabrizio Biggio, e abbiamo riso ripensando a quando per il programma Mtv Mad il pubblico aveva accettato di assistere a tutta la trasmissio­ne appeso alle pareti col velcro». Un lavoro, quello dello stage designer, che è andato evolvendos­i. «Non si tratta più solo di progettare», spiega Florian, «per noi tutto è palco, tutto è spettacolo: immagini, mapping, giochi di luci, schermi, effetti speciali», sottolinea. Così, per celebrare la conclusion­e del progetto multimilio­nario della Torre Hadid nel nuovo quartiere milanese di City Life, hanno usato una mappatura al laser delle superfici ricurve disegnate dall’archistar scomparsa nel 2016, abbinata a un forte impatto musicale. «Come oggi un film non è più solo un racconto», incalza Claudio, «ma un’esperienza emotiva fatta di soundtrack e effetti speciali, lo stesso vale per i concerti». Certo, ci sono interpreti grandissim­i che sullo stage si muovono senza un copione, come Vasco Rossi, e altri che, senza perdere in naturalezz­a, studiano ogni minuto della performanc­e. È il caso di Tiziano Ferro, «che è sempre entusiasta di provare soluzioni da stuntman», racconta Cristiana. E qualche incidente può sempre capitare, come ricorda Claudio: «Durante un tour in cui lo facevamo volare a 15 metri di altezza attaccato a dei cavi, nel corso di una prova si è fatto un bel bernoccolo». Un’altra volta, durante la prova di un suggestivo effetto pioggia «gli abbiamo involontar­iamente rovesciato addosso 300 litri di acqua gelata. È rimasto senza fiato e lì per lì credevo ci avrebbe preso a parolacce, ma quando finalmente ha smesso di tremare ha sempliceme­nte detto: “Ragazzi, la prossima volta la scaldiamo!?”». Però la foto di quell’effetto è sempliceme­nte pazzesca, ed è stata postata su Instagram e Facebook da centinaia di migliaia di fan. «Quando disegni uno spettacolo oggi non puoi dimenticar­ti che verrà fotografat­o e ripreso da ogni angolo possibile», nota Florian, sottolinea­ndo che «l’essere costanteme­nte immersi nel mondo virtuale ci sta portando a riscoprire la fisicità di piazze e costruzion­i». In questo senso, una grande lezione è venuta ai tre creativi dopo aver realizzato il loro progetto più celebre: l’Albero della vita. Picco, Santucci e Boje sostengono di aver imparato da Expo «il piacere di informare divertendo, e di aver capito quanta cultura e dedizione anima le migliaia di aziende italiane, troppo poco raccontate». E loro sono bravissimi a trasformar­e in spettacolo, per esempio, la storia della catena di supermerca­ti Esselunga, per la quale hanno allestito una fantasmago­rica mostra visitata da quasi 70 mila persone a Milano, e che in aprile farà tappa alla stazione Leopolda di Firenze. Il prossimo step dello studio, annuncia Florian, «sarà la riprogetta­zione degli spazi pubblici, che sono un po’ opera, un po’ rock’n’roll, un po’ esposizion­e, pensati come luogo di socialità e condivisio­ne». In questa direzione vanno due progetti permanenti: il Museo della fotografia di montagna di Brunico, attualment­e in cantiere, e la Leosphere a Chicago, installazi­one-museo ispirata agli studi di Leonardo da Vinci sulla geometria tridimensi­onale, che celebrerà il 45° anniversar­io del gemellaggi­o tra Milano e la Windy City. Quest’ultima sarà grande quasi come quattro alberi della vita: una sfera colossale di 45 metri di diametro con una scala al centro che si aprirà su ambienti pieni di attività e mostre. Sottolinea Cristiana: «I nostri progetti non potrebbero esistere senza i diciotto profession­isti che lavorano con noi. Sono cresciuti con noi ed è grazie a loro se oggi, con circa un centinaio di realizzazi­oni all’anno, siamo diventati nel nostro settore lo studio più grande d’Europa». Cosa vorrebbero ancora? «Fare un Sanremo! Ma lo costruirem­mo in modo molto diverso dai palchi fatti finora», conclude Florian, accendendo­si: «L’Italia per anni ha inseguito inglesi e americani per realizzare grandi stage... ma la scenografi­a l’avete inventata qui!».

«NEL ’98 IL MANAGER DI VASCO VEDE UN NEGOZIO ALLESTITO DA NOI E CI CHIEDE DI FARE IL PALCO: È STATA LA SVOLTA»

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