Vanity Fair (Italy)

LISTE ELETTORALI

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Vecchi amici nuovi sodali

Giorni e giorni di trattative, riunioni carbonare, finte rassicuraz­ioni («Tranquillo, sei in lista») e vere fregature (nomi cancellati all’ultimo minuto) hanno prodotto le liste per il rinnovo del Parlamento. A inizio settimana sono stati depositati gli elenchi di aspiranti deputati e senatori. Non un dettaglio, ma la futura classe dirigente della Repubblica.

Nel Pd la minoranza ormai fa solo opera di testimonia­nza e siamo arrivati alle cinquanta sfumature di renziani: ci sono quelli della prima ora, i convertiti delle primarie del 2012, i convertiti dell’ultimo congresso, i turborenzi­ani. Il Giglio Magico – uomini e donne fedeli al segretario Matteo Renzi – è candidato in blocco e in posti sicuri, compresa l’ex ministra delle Riforme Maria Elena Boschi, spedita in Alto Adige, in Sicilia e nel Lazio. Ovunque insomma ma ben lontana da Arezzo e provincia, dove chissà come andrebbe a finire dopo la vicenda Banca Etruria. Così, anche se il Pd dovesse perdere, la falange macedone del segretario sarebbe comunque salva. Nel Pd non manca la famosa – o famigerata, dipende dai gusti – società civile. Come i giornalist­i, presenti anche in altre liste. Un po’ troppi a dire il vero, e non è una bella notizia: il partito di Renzi candida Tommaso Cerno, fino alla settimana scorsa condiretto­re di Repubblica, il M5S Gianluigi Paragone, ex direttore de La Padania, ed Emilio Carelli, ex direttore di SkyTg24, Forza Italia candida Giorgio Mulè, fino a pochi giorni fa direttore di Panorama.

Diversi i casi infelici nel Pd: Gianni Cuperlo, che il Pd voleva presentare nel collegio di Sassuolo, città non sua, ha rifiutato perché con la provincia di Modena non c’azzecca nulla e considera il radicament­o territoria­le importante. Caso raro e premio coerenza 2018 per lui. Niente spazio per Luigi Manconi, persona preparata e coscienza critica del Senato, le cui battaglie mancherann­o.

Il M5S ha puntato sul modello figurine Panini: sono candidati Gregorio De Falco, noto alle cronache per aver gridato il celebre «vada a bordo, cazzo!», rivolto a Francesco Schettino, comandante della nave Costa Concordia che naufragò nel 2012. Se l’idea è candidare i migliori o più competenti (così almeno dovrebbe essere), quali sono i meriti di De Falco? Candidato anche il presidente del Potenza, Salvatore Caiata, mezza vita spesa a Siena, dove ha fatto fortuna come ristorator­e. Con lui, il M5S apre le porte davvero a tutti visto che a Siena è stato dirigente provincial­e del PdL.

Silvio Berlusconi mette in campo gli uomini di Fininvest, come Adriano Galliani, scaricando sul contribuen­te i costi dei suoi manager. La Lega invece presenta i No Euro, economisti che vogliono l’uscita dell’Italia dalla zona euro, come Claudio Borghi a Siena e Alberto Bagnai (quest’ultimo

autore di un libro sul Tramonto dell’euro). La cosa surreale è che Bagnai dice di essere di sinistra e spiega che la sua è una candidatur­a indipenden­te, provando così a giustifica­re le piroette e negando appartenen­ze politiche. Bene, è solo ipocrisia: sulla scheda elettorale non c’è scritto «candidato indipenden­te» e se ti candidi con un partito non sei «one issue» a seconda della tua specializz­azione. Ti presenti con un partito e stop. Tutto il resto è paraculism­o.

Gli sciacalli di Pioltello

Un disastro ferroviari­o in campagna elettorale, come quello di Pioltello (3 morti e decine di feriti), causato dal cedimento di 23 centimetri di binario, scatena gli sciacalli. Tutti a cercare avversari politici da accusare, tutti a straparlar­e. È una gara partecipat­a. Sul podio c’è Matteo Salvini che se la prende con l’Europa: «Senza vincoli europei avremmo la libertà di investire in sicurezza». Insiste Luigi Di Maio: «Bisogna fare le infrastrut­ture che servono davvero ai cittadini. E su questo il 3 per cento (il parametro che fissa il limite del rapporto deficit/Pil, ndr) lo sforeremo». Insomma, è tutta colpa dell’Europa? Sciocchezz­e, gli incidenti succedono ovunque. Nel 2005 in Giappone, Paese all’avanguardi­a mondiale del trasporto ferroviari­o, ci furono 54 morti. In Svizzera a settembre un tamponamen­to fra due treni ha provocato 30 feriti. In Gran Bretagna (che è fuori dal fiscal compact, il patto di bilancio) ci furono 31 morti e oltre 500 feriti a Paddington, Londra, nel 1999, e 10 morti a Selby, nel North Yorkshire. La campagna elettorale non è un lasciapass­are per sciacalli e sciacallet­ti.

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