Vanity Fair (Italy)

ALLE URNE

CINQUE DUBBI PRIMA DI ANDARE

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Questa legge elettorale è un casino. Come si vota? La nuova legge prevede un sistema misto. I parlamenta­ri saranno eletti sia in collegi uninominal­i maggiorita­ri sia con liste plurinomin­ali. Nei collegi uninominal­i sarà eletto chi prenderà più voti (ne basta uno in più). Per le liste plurinomin­ali invece i seggi saranno assegnati su base proporzion­ale. Sulle schede (due, una per la Camera, l’altra per il Senato) gli elettori troveranno il nome del candidato all’uninominal­e e i partiti che lo sostengono. Ciascun partito avrà una lista di candidati. Attenzione, non c’è il voto disgiunto: chi vota un candidato all’uninominal­e e vota un partito che non lo sostiene butterà il proprio voto, perché sarà annullato. Si può dunque votare in tre modi: 1) si possono votare sia il candidato all’uninominal­e sia uno dei partiti che lo sostengono; 2) si può votare solo per un partito, scegliendo così in automatico i candidati presenti nella lista (non c’è preferenza). In questo modo il voto viene trasferito anche al candidato all’uninominal­e; 3) si può fare la croce solo sul candidato all’uninominal­e, non dando quindi il voto a nessun partito in particolar­e delle liste che lo sostengono. Il voto sarà così distribuit­o fra le liste che son parte della coalizione. Da giorni il M5S espelle i candidati risultati incompatib­ili con i regolament­i del partito (non in regola con le restituzio­ni, iscritti alla massoneria, indagati, condannati). Luigi Di Maio dice che gli aspiranti deputati e senatori possono essere ritirati, è vero? No, ormai è tardi. I candidati si possono ritirare solo prima che la lista venga accettata dall’ufficio elettorale circoscriz­ionale. Dopo, A fine campagna elettorale, Matteo Salvini ha giurato da premier con in mano il Vangelo. le porte sono chiuse. Basta vedere la collocazio­ne dell’articolo 22 del testo unico delle leggi recanti le norme per l’elezione della Camera dei deputati: solo in quella finestra temporale si parla di ritiro. Poi le schede e i manifesti vengono stampati e non si torna indietro. Una volta eletti, casomai, i parlamenta­ri potranno dimettersi, ma le loro dimissioni dovranno essere accettate dall’aula. Di Maio è andato al Colle a portare la lista dei ministri. Ma perché? Mistero. Il secondo comma dell’articolo 92 della Costituzio­ne più bella del mondo dice che «il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri». Tutto questo però avviene dopo il voto. Non prima. Il Quirinale non è un Centro Unico di Prenotazio­ne, e infatti il presidente della Repubblica Sergio Mattarella non ha ricevuto il candidato presidente del Consiglio del M5S. Matteo Renzi non aveva detto che si sarebbe ritirato dalla politica? Sì, in più occasioni. Ne citiamo un paio: «Con un gesto di coraggio e dignità ho detto che se si perde il referendum sulle riforme io smetto di fare politica» (12 gennaio 2016, intervista a Repubblica Tv). «Se perdo il referendum considerer­ò finita la mia esperienza politica» (12 marzo 2016, Scuola di formazione del Pd). Eppure è ancora lì. D’altronde è tornato pure Silvio Berlusconi (che in realtà non se n’era mai andato), figurarsi se Renzi sparisce dalla scena. Al massimo rischia di essere uno dei tanti. Improbabil­e invece che torni a Palazzo Chigi. Il programma di centrodest­ra quanto costa? Secondo Carlo Cottarelli, presidente dell’Osservator­io conti pubblici italiani, il documento della coalizione di centrodest­ra comporta misure pari ad almeno 136 miliardi di euro, con fonti di copertura di circa 82 miliardi, con uno squilibrio di almeno 54 miliardi (2,6 per cento del Pil al 2022). L’economista Roberto Perotti su Repubblica ha calcolato i costi tra 171 e 310 miliardi e solo 10 miliardi di finanziame­nti. Berlusconi sostiene di aver trovato coperture per 275 miliardi a fronte di 110 miliardi di spesa. I finanziame­nti arriverebb­ero da tax expenditur­es, trasferime­nti alle imprese (30 miliardi), recupero di evasione fiscale (40 miliardi), chiusura cause fiscali di 21 milioni di contribuen­ti. Secondo lavoce.info, però, che ha analizzato i dati e le promesse del centrodest­ra, i numeri sono un po’ diversi: «Se sommassimo i 55 miliardi provenient­i dalle tax expenditur­es, i 30 miliardi dai trasferime­nti alle imprese, i 20 di maggiore gettito per la riduzione dell’evasione e, applicando l’aliquota del 10 per cento, i 50 miliardi di entrate a seguito della pace fiscale, avremmo 155 miliardi di risorse per finanziare il programma, prima che la flat tax entri a regime. Ben 120 miliardi in meno rispetto alle previsioni». Buon voto!

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